lunedì 26 giugno 2017

"La rete di protezione" di Andrea Camilleri

"Macari lui aviva gridato che la verità è rivoluzionaria, che la virità va sempri ditta. No, no, era da tempo che sapiva che la verità, certe vote, è meglio tinirla allo scuro, allo scuro cchiù fitto, senza manco la luci di un fiammifiro".
In una Vigata disegnata a mo' di cartolina anni '50 per esigenze di copione, una troupe svedese vi gira un film che coinvolge a più modi l'intera popolazione, Montalbano si trova ad indagare su due casi senza vittime.
Eppure omicidio ci fu e strage ci "scampò"!
Da vecchi superotto di un notabile del paese riemergono riprese fisse di un muro, sempre la stessa, nello stesso giorno, nella stessa ora.
Il figlio si interroga sul perché. Curiosità, semplicità curiosità che pure rivendica una ragione, la stessa che per amicizia e interesse solo un bravo investigatore come il commissario può cercare.
Per contro in una scuola due uomini mascherati irrompono armati. Certa stampa parla di terrorismo, eppure il commando appariva per certi versi una mezza armata brancaleone ma sembrava sapere chi intimidire.
Occasione per Montalbano per scontrarsi prima, confrontarsi poi, con la generazione dei giovanissimi, in apparenza chiusi in un mondo tutto loro, distanti eppure vicinissimi e straordinariamente capaci.
"A lui avivano 'nsignato di scinniri 'n profunnità, loro avivano 'mparato a navicari a mari aperto".
E alla fine Montalbano si era trovato bene con i "giovani", solo con il rimorso di non aver voluto scorgere oltre il velo delle apparenze.
E del segreto di quel muro sempre ripreso Montalbano era venuto a capo ma aveva preferito tacere perché a volte le verità fanno male, e a distanza di più di cinquant'anni non possono cambiare lo stato delle cose, solo raccontare di un dolore profondo e senza fine, perché a voltre così è che si ama, con un dolore che si bagna di struggimento.
"Quanti modi di protizioni esistivano! C'era 'na gana diffuda di proteggirisi da ognio cosa: da quello che s'accanosci, da quello che potrebbi essiri e che non è ditto che sarà".

Camilleri incanta sempre. la sua narrazione prende il lettore dalla prima parola e lo avvilluppa in un mondo piccolo fatto di tante voci e volti di vivace spessore umano.
Ci sono gli uomini del commissariato, tutti amici, di più, fratelli per Montalbano.
Ci sono le donne, amori passati, passioni inespresse, figure materne, confidenti, compagne di vita.
E la gente di paese, gli uomini di mare, gli artigiani, i cui volti, le cui mani raccontano più delle parole.
A descrivere, a intrecciare storie, a rievocare, a dare forma e voce alla coscienza dell'uomo, Camilleri è maestro.
Basta poco, ma quel poco riempie pagine di pregevole narrativa.

domenica 4 giugno 2017

"Nel guscio" di Ian McEwan

"Come è possibile che io, neppure nato ieri, sappia già quanto basta per sbagliarmi su tante cose? Beh, ho le mie fonti, io ascolto".
E dal grembo materno il futuro nascituro ascolta musica, lezioni sullo scibile umano, notiziari. Si interroga sull'amore, sui sentimenti e i bisogni umani, sulle difficoltà e le guerre, fino a chiedersi del male. Perché il male è nel cuore della donna che lo ospita, Trudy, e dell'uomo, Claude, che presto l'aiuterà ad ammazzare il padre, John. Un editore, poeta mancato, la cui unica colpa è quella di non aver svenduto i propri sogni.
Pochi giorni alla nascita e già l'amara sensazione di essere abbandonati.
"Soltanto nelle fiabe i figli indesiderati vanno a stare meglio partendo dalla condizione di orfani".
Una grande casa su Hamilton Terrace, qualche milione di sterline questo è il prezzo della libertà che porterà la morte di John alla giovane e bella Trudy. Poco importa che il legame adulterino con il cognato Claude sia ormai cosa conosciuta, John non si rassegna a perdere l'amore della moglie. Tenta la carta della gelosia, la sfida a lasciare la casa, mentre decanta il loro amore perduto.
E il futuro nascituro lì, impotente ad evitare la tragedia.
Riuscirà a impedire agli assassini la fuga con l'unico atto possibile: nascere, essere.
Una presa di posizione che lo segnerà per sempre come "il genere di poesia che colpisce e fa male prima che uno riesca a capire esattamente quanto è stato detto".

Semplicemente geniale 'Nel guscio'. 
Se non fosse che l'Amleto di Shakespeare è lì a ricordarci che qualcuno ha già scritto  un capolavoro diremmo che Ian McEwan c'è andato vicino.
Lasciare che il protagonista sia un bimbo prossimo alla nascita è una soluzione narrativa eccelsa come la scrittura tutta dell'autore.
È lui la coscienza ignorata di Trudy, lui giudice impietoso che a suo modo infine si fa giustiziere, lui che dubita su tutto, si interroga, reclama il diritto di vivere, di essere persona, di essere felice a dispetto della scelleratezza della madre: "bellissima, amorevole, assassina".
Il libro si legge tutto d'un fiato. È pregevole in ogni dettaglio narrativo. Le parole non sono mai scritte a caso ma pensate. L'evoluzione della preparazione dell'assassinio si affianca al racconto degli ultimi giorni di gravidanza, alla torbida relazione dei due amanti, al senso di finitezza della vita di John e il melanconico ricordo del suo amore perduto, struggente come una poesia che può tutto o quasi.
L'ascolto di quel piccolo, nel guscio materno, ricalca l'ascolto primigenio della vita. E si fa infinito.
Un libro meraviglioso. Come capita di rado di leggerne.

sabato 3 giugno 2017

"Il giardino delle mosche" di Andrea Tarabbia

"Come è potuto succedere, Andrej? Che cosa ti ha fatto diventare questa cosa che sei?"
La cosa è Andrej Cikatilo. È lui l'assassino che ha sconvolto la Russia per più di vent'anni. 
Cinquantasei vittime. Giovani, giovanissimi, bambini. Maschi, femmine.
Corpi. Nient'altro.
Corpi su cui accanirsi, con violenza. Corpi di cui fare scempio. Da abusare, finanche mangiare.
Corpi non persone.
Persone ai margini, sole, spesso bisognose, semplicemente sperse, numeri nelle grandi città sovietiche. Soggetti ideali per la caccia dell'assassino. 
Lui, Andrej, buon padre di famiglia, lavoratore, comunista della prima ora, rispettoso delle regole eppure "si può vivere accanto a una persona senza conoscerla".
Chi è davvero Andrej Cikatilo? L'uomo grigio, che tutti ignorerebbero o l'assassino impietoso? Il folle che parla con il fratello morto, che si sente onnipotente nel decretare la fine di singole esistenze?
È il 14 febbraio 1992 quando Andrej viene giustiziato.
"Le persone, anche le più buone, sanno essere crudeli".

Romanzo, biografia, 'Il giardino delle mosche' racconta il male. Le ossessioni di un uomo malato, a sua volta vittima, che perpetua l'orrore della morte.
Analitico, attento, spiacevole nella scrittura quando è costretto a cedere alle descrizioni più raccapriccianti, Tarabbia cerca di dare un senso al male che alberga nel cuore dell'uomo.