lunedì 27 febbraio 2017

'La caduta delle consonanti intervocaliche' di Cristovao Tezza

È un giorno importante per Heliseu de Motta e Silva. L'università dove insegna da quarant'anni filologia romanza rende omaggio alla sua carriera. Settant'anni riflessi allo specchio in una mattina di bilanci. Solo in apparenza positivi. Lo studio forsennato sulla caduta delle consonanti intervocaliche cui si deve tra il X e l'XI secolo la nascita del portoghese e l'amore per la moglie Monica, occhi da cerbiatta incrociati allo sportello in banca tra un investimento e l'altro.. perché è importante dare senso ai risparmi di un lavoro promettente e sicuro come quello di professore. Ma è davvero tutto qui? Una casa, una donna da amare, un figlio, il riscontro della società? O non è forse una solidità di facciata, che cela la distanza di un figlio che riflette l'anaffettività del suo vecchio genitore, la vivacità di una moglie decisa a fare carriera, viaggiare, avere amicizie eppure diventata all'improvviso estranea, disturbante quasi quanto il calpestio sonoro delle parole dei colleghi che si fa silenzio alla sua comparsa, accuse verso la sua totale assenza di partecipazione, un uomo senza opinioni, sempre ai margini, in attesa perenne.. di qualcosa, qualcuno magari qualcuna come la giovane e bella dottoranda francese che accende la sua passione, il senso del proibito; un fuoco fatuo che immola per il tributo alla sua professione e ad una famiglia che va sgretolandosi al cospetto di un incidente che riallinea la sua vita. E a distanza di anni, la coscienza presenta il conto. Se tributo deve essere sarà solo il preludio di un tempo che resta per ammonire i ricordi e fare ammenda, a partire dal figlio lontano, e un 'io' da ridimensionare perché in fondo "le parole sono come le monete, valgono solo quelle in corso".
Superba scrittura quella di Tezza. Un romanzo fascinoso e introspettivo che regala un personaggio unico.
La bellezza delle parole al servizio di una  narrazione poetica.

venerdì 24 febbraio 2017

'La donna che scriveva racconti ' di Lucia Berlin.

"È così che funziona l'arte. Ferma la felicità nel tempo. Leggendo questo racconto può rivelarla tutte le volte che gli pare".
E arriva felicità, rabbia, dolore, inadeguatezza, speranza, passione, tristezza da ogni racconto di Lucia Berlin che tratteggia personaggi inconsueti, unici. Scrive di sé. Sempre, anche quando delega ad altri la parola e arriva il tormento di un'infanzia difficile in giro per il continente americano, all'ombra di una madre anaffettiva, a tratti sprezzante con il prossimo, di parenti ubriachi sempre ad un passo dal suicidio un attimo prima di gesti eclatanti, un talento per la scrittura soffocato dalle scelte d'amore, figli, mariti, lavori diversissimi anche umili ma necessari a mantenere una famiglia che cresce e la vita che scorre: incontri, fallimenti, viaggi perigliosi, esperienze stravaganti, l'alcool come compagno di sempre, e la scrittura che torna prepotente a bloccare l'attimo, l'istantanea di un giorno, di un incontro, un sentimento che merita il ricordo. Volti che restano impressi nel lettore, storie che parlano di noi. Il novecento declinato nelle tante esperienze di vita di una donna che si è fatta 'uno, nessuno, centomila'. 
Una scrittura asciutta, definita, che arriva al cuore del lettore per restarci.
La pagina scritta della Berlin è come una foto di Vivian Maier, vera al punto da essere quasi disturbante