lunedì 30 novembre 2015

"Quello del tennis" di Gianni Clerici

"La rivelazione che la partita non si svolge contro un antagonista, perché tutto accade dentro di noi e noi stessi siamo il nostro avversario più temibile, spesso addirittura un nemico mascherato" 

"Lu l'è quel de tenis?"
E' tanto che Gianni Clerici si sente ripetere questa domanda. Forse una vita intera. Confrontarsi con le proprie passioni, le proprie competenze e alfine fare pace con se stessi e rispondere "Si, sono anche quello del tennis". Per Gianni Clerici, tennista promettente, brillante penna del giornalismo italiano, fine conoscitore del gioco del tennis al punto da poter coniare per lui l'espressione di storico del tennis, scrittore, poeta, sceneggiatore, telecronista d'eccellenza, un curioso per natura, appassionato collezionista va da sé di cimeli sul tennis, viaggiatore, mirabile osservatore della società contemporanea, è il momento di raccontare e raccontarsi: e per il lettore è un'occasione preziosa di perdersi nei dettagli di una vita, gioiosa e piena di incontri, non solo sportivi, ma giornalisti, scrittori, artisti dai risvolti di una umanità tangibile.
Un viaggio nel novecento più autentico al seguito di una penna di talento.

sabato 21 novembre 2015

"Il più e il meno" di Erri De Luca

Non voglio sapere niente del me stesso di allora, e un libro serve proprio a questo, a cancellare i giorni”. Erri De Luca, racconta e si racconta in una manciata di pagine che colmano silenzi e regalano emozioni.
De Luca scrive che “i poteri con le loro accuse possono rendere il più grande onore a uno scrive”. No. Non sono i poteri, gli uomini, ma soltanto le parole a rendere onore a uno che scrive; a rendergli onore, a dare forma e contenuto alla sua vita, a qualsiasi vita. A tanti si perdonano errori, omissioni, colpe. Altri come De Luca scontano ancora il peso delle idee, degli ideali di gioventù.
Racconta De Luca, e ruba a se stesso, a tutti i suoi libri editi, alle sue dichiarazioni, alle sue poesie. E ricorda il padre e la sua malattia, l'amore per la madre, la sua difficoltà estrema a lasciare che le parole arrivino alle persone che gli sono care al momento giusto, strappandole alla pagina scritta. De Luca si strapazza, non si perdona a tratti il suo stare fuori dagli schemi, l’incapacità di trattenere un amore, di cercare se non in cima a una montagna uno spazio libero da vivere, respirare, come in mezzo al mare, sgombero appunto da schemi, strategie, finzioni. Perché è già il mare fingimento, pericolo, e non perdona errori, smarrimenti.
Erri e il suo nome che denuncia la sua origine e il suo tutto, la famiglia, Napoli, la gioventù, la musica e il germe della libertà ad ogni costo, quel lasciarsi alle spalle la quiete borghese per studiare, vivere, comprendere, sbagliare, lottare, perdere, cadere e rialzarsi, mille volte.
Non dimenticando mai gli altri, gli ultimi, i bisognosi, lo straniero, il rifugiato, il senza nome, e per loro, con loro, patire la fame, il freddo, vivere e conoscere la solidarietà dell’estraneo, il lavoro duro sui cantieri, in fabbrica, i viaggi per vegliare i corpi in guerra, la stessa che in Italia solo i vecchi ricordano: suoni, odori, immagini inscatolate in ricordi che vanno perdendosi costringendoci a ripetere gli errori di sempre.
Erri e la scrittura, l’amore per i libri, la possibilità di capire e farsi capire. Un viatico che contiene il ‘possibile’, perché “la scrittura era campo aperto, via d’uscita”.

Un involontario bilancio, il più e il meno della vita di ogni giorno, di ogni uomo. Che possono, fanno, la differenza.

lunedì 9 novembre 2015

"Mai più così vicini" di Claudia Serrano

"Se è vero che le cose diventano reali quando le chiami col loro nome, è altrettanto vero il contrario: ci sono cose che si ostinano a esistere anche quando non riesci neppure a nominarle" e l'amore di Antonia per Vittorio sa di cosa che esiste senza poterla nominare, condividere, dichiarare.
Per rimarginare le ferite di un cuore in frantumi Antonia è tornata alla sua terra, a quel sud che può riscaldarle di nuovo il cuore riempiendolo di cose belle, con la stessa ostinazione che Antonia mette nel preparare un dolce che richiede tanti giorni e mille attenzioni, una pazienza che Antonia credeva ormai persa dietro un uomo che l'ha inondata di tristezza un momento dopo averla ghermita con un'allegria spavalda, di quelle che fanno pensare a "qualcosa da cui difendersi", perché Vittorio è così, un giovane editore eclettico, inquieto, capace di illuminarti con un sorriso salvo scomparire per giorni un momento dopo. Un Peter Pan sempre sfuggente che non vuole lasciarsi andare a impegni, uno che non vuole dare nome ai sentimenti che inevitabilmente avvolgono il cuore di quanti si lasciano andare alla passione.
Una, dieci, cento volte Antonia ha creduto di poter fare a meno di definizioni, altrettante si è osservata dall'esterno: ragazza troppe volte lasciata sola ad aspettare, confinata in un angolo, in cerca di briciole di felicità di cui accontentarsi. Le fughe nei fine settimana, viaggiando sempre separati, nidi d'amore rubati a presenze del passato di lui, sempre mille volti, voci intorno a riempire un tempo che lei vorrebbe a due, e allora "posso continuare ad amarlo senza pretendere nulla in cambio? Nascondere i sentimenti, inghiottire le parole, soffocare le aspettative, cancellare le richieste, ignorare le delusioni? Ma per cosa? La verità è che ho solo aspettato, solo aspettato per tutto questo tempo che qualcosa cambiasse"... senza mai farlo davvero.
E così Antonia ha riempito le sue valigie ricacciandovi in fondo il sogno di un amore speciale per tornare a casa e guarire. Perché in fondo "lo so che non possiamo smettere di credere nella vita, nelle sue possibilità che sono infinite, nel dovere di restare umani, e nell'amore che è una cosa più grande di noi e vince sempre; alla fine rimane quello, fidati, è più forte di tutto".
Così Antonia.
"Mai più così vicini" di Claudia Serrano è un esordio felice benché non originale per il tema trattato. Lo stile semplice della narrazione e il parallelo al libro nel libro che la stessa protagonista Antonia scrive, 'Il mandorlo perfetto', finisce per sviare a tratti l'attenzione del lettore, invitandolo poi a prendere per mano la piccola Silvia, la lei dagli occhi a mandorla, un modo poetico per raccontare la sindrome Down di cui è affetta, che libera il suo cuore verso la speranza di veder ricambiato il suo amore. E' proprio raccontando di Silvia che la scrittura della Serrano appare più autentica ed emotiva. E riuscita.
"Io sono stata lì, dove impera il 'comunque' e in quell'avverbio fatalmente ogni parte di noi si disperde. Dove si va interi o non si va affatto".