domenica 13 dicembre 2015

"Il parrucchiere di Auschwitz" di Eric Paradisi

Digli tu che solo l’amore ci rende liberi”.

Maurizio si arrotolò la manica della camicia e le raccontò la storia che portava tatuata sulla pelle”.
La storia di un giovane sfuggito alla retata dei nazisti nel ghetto di Roma dell'ottobre ‘43, dell’amore per Alba, la donna che aveva conosciuto da poco e che l’aveva ospitato nella sua casa, di un sentimento nutrito di silenzi e momenti rubati all’orrore che cresceva giorno dopo giorno fuori dalla porta, di un futuro di vita comune che si crede possibile, quasi un’ancora di salvezza nel mare del male assoluto che alfine li ghermisce, portandoli via: Alba esponente della Resistenza inghiottita dal carcere e dalle violenze dei fascisti, Maurizio da un treno diretto ad Auschwitz.
Sarà il ricordo di Alba, dei suoi occhi di ghiaccio, dei suoi capelli biondo cenere, il desiderio di riabbracciarla, di dar forma a quel futuro di vita insieme tante volte sognato, e il suo talento con forbici e rasoio a tenerlo in vita ad Auschwitz, almeno sino a quando nell’agosto del ’44 sarà costretto a tagliare i capelli biondo cenere che tanto ha amato, quelli di Alba, un corpo tra i tanti gasati e destinati ai forni crematori. E nonostante tutto, ad andare avanti, a sopravvivere, a farsi testimone dell’abiezione umana, a vagare per il “mondo in cui era condannato a restare nudo, in cui anche i pensieri erano scarnificati, privi di qualsiasi dignità”.
Sarebbe stato così a lungo, fuori posto in una città che era ovunque ricordo di sofferenza, in un paese che aveva ripreso a vivere a suo mondo, dimenticando il dolore di quanti avevano pianto morti in casa e avevano sacrificato tutto per ideali che adesso venivano cancellati, osteggiati, tacciati di rivoluzione, di pericolo.
Aveva lasciato l’Italia Maurizio e ricominciato altrove, in Argentina, a sopravvivere prima, a vivere poi. Lavorando come parrucchiere, sperimentando nuove colorazioni per capelli, tante sfumature di biondo affinché ogni donna potesse così raccontare la sua personalità, e lasciare che ognuna di loro potesse risplendere della stessa luce che aveva illuminato Alba.
E sentirsi attirato da un'altra testa bionda, Lucia, una giovane ragazza borghese decisa a far la parrucchiera. A lei raccontare del suo passato, della donna che aveva amato e delle speranze future. Di un mondo diverso, capace di amore e non di odio.
Non era stato facile resistere in un paese sconvolto da dittature militari, tante volte Maurizio avrebbe voluto portar via la sua famiglia, ma aveva resistito, il suo lavoro gli aveva dato soddisfazioni e importanza ma non aveva mai dimenticato il dolore che celava il suo cuore e che i numeri tatuati sul braccio gli ricordavano. Aveva raccontato a sua figlia e ai suoi nipoti, tra tutti Flor così la chiamava per quel profumo di gelsomino che gli ricordava Alba, l’orrore dell’olocausto. A Flor che sarebbe diventata un’artista aveva regalato il ritratto di Alba, e a lei pensava una notte ormai anziano e in fin di vita. L’aveva sentita in pericolo, aveva chiesto di lei ma non era servito a salvarla, a strapparla da una morte beffarda, che lasciava il suo compagno e la sua famiglia in preda a un dolore assoluto. Eppure bisognava andare avanti, si doveva, si poteva, così pure tornare ad amare.
Maurizio lo ricorda ancora, trovare una ragione per vivere, onorare il ricordo di chi si è perduto e farsi testimoni di una storia che non può essere dimenticata. Maurizio ha regalato bellezza a suo modo alle donne dopo che tanti avevano strappato loro il sorriso. Ad Alba e alle altre come lei aveva dedicato tutto: A te e alle migliaia di altre come te che hanno subito la tortura, la deportazione, a tutte coloro che si sono battute per l’Italia”.

Paradisi racconta la storia di un amore che sfida la morte, una storia di struggente dolore, e al tempo stesso ci impone di dar forma ai nostri ricordi più dolorosi per forzarci a credere ancora e sempre nell’amore. “Le persone che si amano alla fine si rincontrano sempre”.

"Di questo amore non si deve sapere" di Ritanna Armeni.

“Per le persone romantiche l’amore occupa il primo posto nella vita, è sopra ogni altra cosa. E fino a poco tempo fa ero più vicina a questa idea di quanto non sia ora..”
Così Inessa Armand.
L’ora.. quell’ora che le farà ripensare all’assolutezza dell’amore, ha visto la donna borghese votata nel tempo alla causa rivoluzionaria nella Russia del primo novecento, conoscere le privazioni del carcere, il confino, l’esilio, l’allontanamento dagli affetti più cari per la giustezza di una idea che si andava radicalizzando accanto all’uomo che avrebbe cambiato i destini di milioni di uomini: Lenin.
L’incontro a Parigi segnerà per entrambi l’inizio di una lunga collaborazione, frutto di reciproca stima e fascinazione, di un sentimento a lungo represso, taciuto, cancellato poi dalla storia ufficiale ma non dalle memorie dei testimoni né dei protagonisti.
Quella raccontata dalla Armeni è la storia di una donna straordinaria, irriverente, moderna, intelligente, dalle forti doti di mediatrice e organizzatrice, una donna capace di sfidare le convenzioni del tempo propugnando l’amore libero e di rinunciare agli agi di un matrimonio borghese per avvicinarsi alla causa dei più deboli, degli emarginati. Tra le prime a rivendicare un ruolo nuovo per la donna nella società, a coordinare una rete di associazioni femminili a livello internazionale, a tenere testa ai protagonisti della scena politica europea in anni di guerre e cambiamenti epocali.
Segnata dalla storia e dalle disillusioni di una società -quella russa- incapace di leggere i bisogni reali della gente, di una rivoluzione imposta col sangue “i plotoni di esecuzione, le carceri affollate di traditori.. davvero la rivoluzione non poteva che scegliere una strada terribile e sanguinosa?”, tradita anche dall’uomo che amava, Lenin, che aveva sacrificato il loro amore, i sentimenti, a questioni più importanti.
Amare significa essere liberi, e la libertà è un danno per la rivoluzione.
Inessa si consuma nel dolore di un ideale perduto.
La causa cui Inessa aveva dedicato la vita, l’utopia che aveva sperato di realizzare le avevano chiesto una disciplina e una trasformazione profonda, l’avevano obbligata a regole che prevedevano l’esclusione dei sentimenti e delle emozioni dalla vita pubblica in nome di una subordinazione assoluta alle ragioni della rivoluzione”.

Una biografia attenta e curiosa quella di Ritanna Armeni. La storia di una donna che merita di essere conosciuta.

lunedì 30 novembre 2015

"Quello del tennis" di Gianni Clerici

"La rivelazione che la partita non si svolge contro un antagonista, perché tutto accade dentro di noi e noi stessi siamo il nostro avversario più temibile, spesso addirittura un nemico mascherato" 

"Lu l'è quel de tenis?"
E' tanto che Gianni Clerici si sente ripetere questa domanda. Forse una vita intera. Confrontarsi con le proprie passioni, le proprie competenze e alfine fare pace con se stessi e rispondere "Si, sono anche quello del tennis". Per Gianni Clerici, tennista promettente, brillante penna del giornalismo italiano, fine conoscitore del gioco del tennis al punto da poter coniare per lui l'espressione di storico del tennis, scrittore, poeta, sceneggiatore, telecronista d'eccellenza, un curioso per natura, appassionato collezionista va da sé di cimeli sul tennis, viaggiatore, mirabile osservatore della società contemporanea, è il momento di raccontare e raccontarsi: e per il lettore è un'occasione preziosa di perdersi nei dettagli di una vita, gioiosa e piena di incontri, non solo sportivi, ma giornalisti, scrittori, artisti dai risvolti di una umanità tangibile.
Un viaggio nel novecento più autentico al seguito di una penna di talento.

sabato 21 novembre 2015

"Il più e il meno" di Erri De Luca

Non voglio sapere niente del me stesso di allora, e un libro serve proprio a questo, a cancellare i giorni”. Erri De Luca, racconta e si racconta in una manciata di pagine che colmano silenzi e regalano emozioni.
De Luca scrive che “i poteri con le loro accuse possono rendere il più grande onore a uno scrive”. No. Non sono i poteri, gli uomini, ma soltanto le parole a rendere onore a uno che scrive; a rendergli onore, a dare forma e contenuto alla sua vita, a qualsiasi vita. A tanti si perdonano errori, omissioni, colpe. Altri come De Luca scontano ancora il peso delle idee, degli ideali di gioventù.
Racconta De Luca, e ruba a se stesso, a tutti i suoi libri editi, alle sue dichiarazioni, alle sue poesie. E ricorda il padre e la sua malattia, l'amore per la madre, la sua difficoltà estrema a lasciare che le parole arrivino alle persone che gli sono care al momento giusto, strappandole alla pagina scritta. De Luca si strapazza, non si perdona a tratti il suo stare fuori dagli schemi, l’incapacità di trattenere un amore, di cercare se non in cima a una montagna uno spazio libero da vivere, respirare, come in mezzo al mare, sgombero appunto da schemi, strategie, finzioni. Perché è già il mare fingimento, pericolo, e non perdona errori, smarrimenti.
Erri e il suo nome che denuncia la sua origine e il suo tutto, la famiglia, Napoli, la gioventù, la musica e il germe della libertà ad ogni costo, quel lasciarsi alle spalle la quiete borghese per studiare, vivere, comprendere, sbagliare, lottare, perdere, cadere e rialzarsi, mille volte.
Non dimenticando mai gli altri, gli ultimi, i bisognosi, lo straniero, il rifugiato, il senza nome, e per loro, con loro, patire la fame, il freddo, vivere e conoscere la solidarietà dell’estraneo, il lavoro duro sui cantieri, in fabbrica, i viaggi per vegliare i corpi in guerra, la stessa che in Italia solo i vecchi ricordano: suoni, odori, immagini inscatolate in ricordi che vanno perdendosi costringendoci a ripetere gli errori di sempre.
Erri e la scrittura, l’amore per i libri, la possibilità di capire e farsi capire. Un viatico che contiene il ‘possibile’, perché “la scrittura era campo aperto, via d’uscita”.

Un involontario bilancio, il più e il meno della vita di ogni giorno, di ogni uomo. Che possono, fanno, la differenza.

lunedì 9 novembre 2015

"Mai più così vicini" di Claudia Serrano

"Se è vero che le cose diventano reali quando le chiami col loro nome, è altrettanto vero il contrario: ci sono cose che si ostinano a esistere anche quando non riesci neppure a nominarle" e l'amore di Antonia per Vittorio sa di cosa che esiste senza poterla nominare, condividere, dichiarare.
Per rimarginare le ferite di un cuore in frantumi Antonia è tornata alla sua terra, a quel sud che può riscaldarle di nuovo il cuore riempiendolo di cose belle, con la stessa ostinazione che Antonia mette nel preparare un dolce che richiede tanti giorni e mille attenzioni, una pazienza che Antonia credeva ormai persa dietro un uomo che l'ha inondata di tristezza un momento dopo averla ghermita con un'allegria spavalda, di quelle che fanno pensare a "qualcosa da cui difendersi", perché Vittorio è così, un giovane editore eclettico, inquieto, capace di illuminarti con un sorriso salvo scomparire per giorni un momento dopo. Un Peter Pan sempre sfuggente che non vuole lasciarsi andare a impegni, uno che non vuole dare nome ai sentimenti che inevitabilmente avvolgono il cuore di quanti si lasciano andare alla passione.
Una, dieci, cento volte Antonia ha creduto di poter fare a meno di definizioni, altrettante si è osservata dall'esterno: ragazza troppe volte lasciata sola ad aspettare, confinata in un angolo, in cerca di briciole di felicità di cui accontentarsi. Le fughe nei fine settimana, viaggiando sempre separati, nidi d'amore rubati a presenze del passato di lui, sempre mille volti, voci intorno a riempire un tempo che lei vorrebbe a due, e allora "posso continuare ad amarlo senza pretendere nulla in cambio? Nascondere i sentimenti, inghiottire le parole, soffocare le aspettative, cancellare le richieste, ignorare le delusioni? Ma per cosa? La verità è che ho solo aspettato, solo aspettato per tutto questo tempo che qualcosa cambiasse"... senza mai farlo davvero.
E così Antonia ha riempito le sue valigie ricacciandovi in fondo il sogno di un amore speciale per tornare a casa e guarire. Perché in fondo "lo so che non possiamo smettere di credere nella vita, nelle sue possibilità che sono infinite, nel dovere di restare umani, e nell'amore che è una cosa più grande di noi e vince sempre; alla fine rimane quello, fidati, è più forte di tutto".
Così Antonia.
"Mai più così vicini" di Claudia Serrano è un esordio felice benché non originale per il tema trattato. Lo stile semplice della narrazione e il parallelo al libro nel libro che la stessa protagonista Antonia scrive, 'Il mandorlo perfetto', finisce per sviare a tratti l'attenzione del lettore, invitandolo poi a prendere per mano la piccola Silvia, la lei dagli occhi a mandorla, un modo poetico per raccontare la sindrome Down di cui è affetta, che libera il suo cuore verso la speranza di veder ricambiato il suo amore. E' proprio raccontando di Silvia che la scrittura della Serrano appare più autentica ed emotiva. E riuscita.
"Io sono stata lì, dove impera il 'comunque' e in quell'avverbio fatalmente ogni parte di noi si disperde. Dove si va interi o non si va affatto".
 

martedì 27 ottobre 2015

"Dimmi a che serve restare" di Maria Pia Romano

“E l’estate, l’estate davvero si vorrebbe non finisse mai. Forse perché in fondo fa paura quello che viene dopo”.
Capita sul finire dell’estate che il cuore di Paolo si fermi.
All’improvviso.
Al suo capezzale le persone che più l’hanno amato.
La moglie Maria e il figlio di sette anni Giovanni.
Suo padre Livio. E un poco in disparte, Tiziana, l’altra donna, l’altro amore di Paolo.
Ognuno a suo modo si chiede come sopravvivere al lutto, come andare avanti.. “a che serve restare”.
Forse solo “ad accostare parole per salvare un’anima sfilacciata”.
C’è chi custodisce il tempo felice in ricordi cristallizzati in un quotidiano di gesti ripetuti e lenti che occupano ore, chi si illude di dominare il destino sfidandolo ogni giorno nelle acque di un mare che toglie il fiato fino a farti scoppiare il cuore portandoti al limite, chi comprende il dono dell’amore ricevuto imparando a dare peso all’assenza con un fare nuovo e chi fantastica avventure in mondi abitati da eroi romantici che vestono le parole di un uomo capace di amore infinito per il tempo breve che gli è stato dato di vivere.
Paolo, il grande assente che irrompe nei cuori di quanti hanno avuto il dono di conoscerlo. Un uomo imperfetto, fallace come tanti eppure premuroso, attento, orgoglioso, beffato dal vento caldo dell’estate che l’ha rubato ad una terra avara e bellissima al tempo stesso.
“Solo se ami il silenzio puoi sentire la musica della vita”.
Se i testi delle canzoni o le frasi di alcuni libri parlano ai protagonisti di ‘Dimmi a che serve restare’ ispirando il loro agire, segnandone il tempo, le parole dell’autrice raccontano ai lettori di amori pazienti e irruenti, sentimenti autentici e ostili, presenze che sfidano i pregiudizi, dubbi silenti e desideri sinceri.

Una scrittura forte, emozionale, vera che si respira pagina dopo pagina regalando un messaggio di verità assoluta: “Siamo tutti il grande amore di qualcuno. L’amore non conosce dimensione, spazio, tempo”. Per questo serve restare, comunque, sempre.

sabato 24 ottobre 2015

"Prometto di sbagliare" di Pedro Chagas Freitas

"Il segreto della letteratura è abdicare al linguaggio".
Pedro Chagas Freitas, fa ben altro in 'Prometto di sbagliare'.
Destruttura la narrazione come solitamente intesa, riproducendo o inventando schemi linguistici, replicando frasi, ignorando punteggiatura e sintassi, banalizzando forma e contenuto.
Infiniti giochi di ossimori, repliche. Tutto per raccontare l'amore declinato in ogni sua forma: genitori/figli, mariti/mogli, amanti, compagni di gioco, di scuola, amici, conoscenti, amore platonico o passionale, amore verso gli ideali di libertà, lotta, etc.
Il problema è che al di là della pressante campagna pubblicitaria l'opera di Pedro Chagas Freitas è una scatola vuota di originalità e zeppa di luoghi comuni, frasi fatte, mielose, a tratti persino snervanti, un copia/incolla di cose altrui. Microstorie senza né capo né coda.
Un bignami da tenere a portata di mano per auguri o dichiarazioni d'amore ad effetto ma per piacere la scrittura è cosa seria, e altro dal guazzabuglio orchestrato per intorpidire le menti.
Brutto esordio e pessimo palso falso della Garzanti.

giovedì 1 ottobre 2015

"Niente è come te" di Sara Rattaro.


"Esisteva un altro mondo, quello delle persone che soffrono pur essendo sane".
Francesco è tra questi.
Margherita, sua figlia, gli è stata sottratta da piccina. Sua madre l'aveva portata via un giorno. Un viaggio organizzato per visitare il padre malato in Danimarca. Non era tornata. L'anziano genitore era morto da un mese e il viaggio si era rivelato una fuga organizzata per tempo in ogni dettaglio. 
Solo lui, Francesco, non aveva capito.
Nemmeno dopo, quando era cominciata una battaglia legale per veder riconosciuto il suo diritto di genitore.
Fallita... perché Margherita non l'avrebbe riabbracciata se un incidente stradale non si fosse portata via sua madre.
Adolescente e sola, Margherita rientra in Italia.
Del padre sa poco o nulla. Dentro solo rabbia e dolore.
Insieme col tempo inizieranno a conoscersi, e Margherita comprenderà che non sempre la verità è quella che ci viene messa davanti. Ma sarà solo la paura di perdersi ancora a far capire loro quanto amore può un padre verso una figlia e che il vero coraggio sta nella straziante pazienza dell'attesa più che nell'irruenza dell'azione.
Un romanzo di intenso struggimento emotivo capace di indagare tra le pieghe dell'amore. 
Una necessità quella di raccontare il dramma dei genitori separati dai figli rapiti e portati via all'estero per l'autrice che disvela ai lettori l'angoscioso dolore di molti uomini e donne.
Una scrittura evocativa, essenziale, di una forza dirompente. 
Sara Rattaro, ancora una volta con i suoi racconti, apre al cuore.

"La ragazza del treno" di Paula Hawkins


Da un treno in corsa si possono osservare tante cose.. un panorama, la gente affaccendata nel quotidiano e anche la propria vita scivolare via. È così per Rachel. La sua vita si è semplicemente fermata quando il suo matrimonio è finito, colpa del suo bere e di un marito che aveva smesso di amare la donna che era diventata.. preferendole Anna, giovane sbarazzina e intraprendente, che lo ha reso padre.
Rachel ha smesso i ricordi come robe vecchie. L'alcool li ha portati via. Si è convinta di essere brutta, inadatta.. responsabile di tutto. Ma il dolore per l'abbandono non va via nemmeno dopo mesi, è tutto lì in cuore che Rachel ha smesso di ascoltare. Dal treno rivede quella che un tempo era la sua casa, spia i movimenti del suo ex Tom e della sua nuova famiglia credendola ancora sua, un po' come la coppia della casa accanto, sconosciuti a cui nella   testa ha dato nomi per sentirli un po' suoi: Jason e Jess.
Così ogni giorno dal treno... fino a che qualcosa si spezza nel copione di sempre.
Jess ovvero Megan scompare, alcuni giorni dopo il suo corpo viene rinvenuto lungo i binari della ferrovia nel bosco, senza vita.
Rachel crede di aver visto qualcosa ma non ricorda.
È costretta a farlo, giorno dopo giorno, perché sapere può salvare se stessa dell'incubo peggiore: aver fatto del male a Megan. Sarà necessario salvarsi dai ricordi più brutti e finalmente emendarsi da colpe mai commesse fino alla verità più inquietante: chi doveva proteggerla l'aveva invece condannata alla pena eterna, all'oblio del male.
Un romanzo interessante quello della Hawkins. 

Tre donne, tre storie, tre modi di vivere l'amore. A loro modo, tutte e tre vittime e carnefici.
Un romanzo avvincente, dal ritmo serrato ma non un capolavoro. Né per forma, né per originalità. A metà del libro si intuisce già l'identità dell'assassino.
Tutto sommato però, considerati il panorama editoriale attuale un buon esordio.

lunedì 14 settembre 2015

"Assassinio all'Ikea" di Giovanna Zucca

A pochi giorni da Natale all'Ikea di Padova viene rinvenuto il cadavere di un uomo nel cassettone di un letto. Solo una piccola pozza di sangue rivela agli addetti alla vendita l'inquieta presenza. Si tratta di Amilcare Borgomastro, direttore di banca. Per le cronache: marito e padre modello. Chi possa aver assassinato l'uomo è quello che si apprestano a scoprire il commissario Loperfido e la bella ispettrice Luana Esposito, a un passo dal sogno di volare a Quantico o di tornarsene nella sua Napoli natia.
A girare tra i reparti dell'Ikea nello stesso giorno dell'omicidio Anna Laura Bottacchi, amante storica del Borgomastro affascinante commercialista, e l'amica di una vita Erminia. O forse no, perché Erminia, stimata docente universitaria, ha un altro ricordo di quella visita all'Ikea. Forse c'erano state davvero insieme ma una settimana prima? E se Anna Laura avesse davvero ucciso l'amante, stanca dell'ennesima scusa per non lasciare la moglie? O se come s'era scoperto dalle indagini, l'aveva ucciso per liberarlo dal male incurabile che non gli lasciava che poche settimane di vita? Assassina o liberatrice?
Tra feste di famiglia, un'impetuoso e straordinario nuovo amore per Anna Laura, sensi di colpa per Erminia che continua a dubitare dell'amica e la strana relazione tra il Loperfido e l'Esposito complice un cane di nome Diablo in pochi mesi nessuno più parlerà dell'assassinio dell'Ikea, in fondo "se conoscessimo tutto saremmo terribilmente infelici".
"Assassinio all'Ikea" è un giallo anomalo, anzi come l'autrice lascia dire ad un suo personaggio "non è nemmeno un vero giallo, non si capisce neppure chi è l'assassino, alla fine". E in fondo poco importa, perché la scrittura della Zucca incastra una serie di personaggi di autentica bellezza. Anna Laura ed Ermina, sorelle mancate, spiegano quanto importante possa essere l'amicizia, un legame così determinante che spinge Erminia a non volere sapere la verità sull'ipotetico reato commesso dall'amica, perché del suo valore, della sua reale bontà, non ha dubbi. Sono donne con problemi comuni a tutte, la messa in piega da fare, la casa da rassettare, l'amore cercato, i sogni da realizzare, e non è molto diversa Luana Esposito, insicura in amore come tante ragazze, appesa al telefono con l'amica che la consiglia su tutto, affascinata dal suo superiore che odia ed ama, e sfida apertamente salvo piangere in bagno, incapace di dominare le sue emozioni. Lo stesso Loperfido, problematico, scontroso, asociale, anaffettivo, conquistatore dal fascino insolito, con cane improbabile al seguito ricalca certa idea di uomo che non sa come amare. A fare da sfondo alle vite dei protagonisti una città di provincia dove non mancano le chiacchiere, i pregiudizi, i sospetti ma anche le bottegucce, i ragazzi ai bar che tirano tardi, le passeggiate sul corso, i pranzi della domenica, i sorrisi sinceri.
Micro e macrocosmo di una umanità tutta che chiede di amare ed essere riamato, ognuno a suo modo, anche facendo un giro all'Ikea.
Un romanzo divertente, insolito, a partire dalla copertina, originalissima e accattivante.
Una scrittura briosa e personaggi che il lettore spera di ritrovare.

venerdì 4 settembre 2015

"Atti osceni in luogo privato" di Marco Missiroli



Bello. Bello. Bello.
Può sembrare semplicistica una parola ripetuta così per dare il senso di un libro ma d'istinto di 'Atti osceni in luogo privato' di Marco Missiroli si può dire questo, che è davvero un bel libro. Compiuto.
Una scrittura vivida, fulgente, intensa che affascina pagina dopo pagina.
Un protagonista, Libero, che riflette nella sua educazione sentimentale e non.. il senso del mondo. Da adolescente smarrito in quel di Parigi, appare sin da subito uno di noi, un ragazzino che impara a barcamenarsi nei complessi sistemi dell'esistenza: abbandoni, tradimenti, distacchi, nuove conoscenze. Il sesso, di più l'erotismo come scoperta, riverbero di bisogni nuovi, non riducibile al solo atto fisico ma esperenziale, mentale.
Scuola, famiglia, scoperta della grande città.
E ancora, incontri, gli amici, il lavoro, viaggi, lo studio.. infiniti percorsi.
E come fil rouge le letture, suggerite, scoperte, cercate o felici coincidenze.
Da un piccolo caffé di Parigi in cui tirar tardi a confrontarsi su libri e idee a un localino lungo i Navigli dove bere vino in compagnia di pochi amici, dall'ossessiva passione per Lunette alla presenza luminosa dell'amica materna e sensuale di sempre, la bella bibliotecaria Marie, dagli splendidi genitori ai pochi amici d'infanzia, dall'amore assoluto alle sbandate di una notte in un procedere lento e necessario che si chiama esperienza, vita.
'Atti osceni in luogo privato' è un libro che si legge con entusiasmo, che riempie, che "fa vita", che arriva parola dopo parola. La bellezza è nei particolari, nei continui rimandi ai libri, ai film, alle splendide citazioni poetiche, ai silenzi, alle gioiose ritrosie e scoperte di Libero. La bellezza è nell'autenticità dei personaggi ognuno a suo modo unico... Libero su tutti. La bellezza è nel coraggio dell'amore che pervade ogni giorno della nostra vita se solo siamo in grado di accorgercene, Libero sì, e quando lo riconosce lo tiene stretto a sé, atto osceno in luogo privato, questo sì.

sabato 29 agosto 2015

"Il caffè dei miracoli" di Franco Di Mare

Un piccolo paese della costiera amalfitana che si anima solo d'estate.
Gli sguardi della gente puntati su tutto e tutti.
Una storia tra realtà e fantasia buona a a far vendere più copie ai giornali: "intrighi e complotti, segreti inconfessabili, amori, politica, religione" e ancora "preti, artisti, ragazzine incinte, sindaci ignoranti, carabinieri e statue scollacciate". 
E si perché in quel di Bauci, museo a cielo aperto per ospitare alcune sculture del grande Botero, capita che il prete si indigni per il sedere di una statua irriverente sul sagrato della sua chiesa a pochi giorni dalla processione per sant'Eufrasia, che ai piedi della stessa statua venga ritrovata una neonata, che la gente mormori di baccanali o riti satanici, o foss'anche tradimenti e gravidanze negate, che una donna bella e competente suggerisca alle autorità politiche di far di Bauci la nuova Bilbao con un museo a strapiombo sul mare pronto a dar lustro alla cittadinanza tutta e che qualche irriverente burlone faccia scherzi a destra e manca dando il là ad una catena di avvenimenti surreali e improbabili prodromi di importanti cambiamenti e splendidi amori.
Vizi e virtù della gente comune, impietosa analisi delle aberrazioni di pensiero che permeano la classe politica incapace di guardare al bene della comunità ma solo a preservare il proprio potere, sarcastica bagarre tra sindaco e prete, la giusta attenzione delle forze dell'ordine a gestire le piccole problematiche di paese, bella storia di crescita personale di uomini e donne salvati dall'amicizia e dalla forza delle parole di chi è pronto a credere ancora in se stesso, e all'illogico regalo dell'amore, un dono capace di dar forma ai sogni.
'Il caffè dei miracoli" è questo e molto più.
Scritto con amore e rispetto per il lettore, il romanzo di Franco Di Mare è una sorpresa. Una storia che parla di tutti noi, che riempie il cuore di gioia, intenerisce.
Una scrittura lieve come la brezza di mare. 
Davvero piacevole.

domenica 23 agosto 2015

"Per dieci minuti" di Chiara Gamberale

Dieci minuti. Ogni giorno. Da dedicare a qualcosa di diverso, mai fatto prima. Per trenta giorni.
Sperimentare, mettersi in gioco, scoprirsi... diversi, forti, capaci di reggere il colpo di una separazione, la fine di un amore, bastare a se stessi, cogliere la rivelazione di potenzialità inattese, di abilità tutte nuove.
Lasciarsi andare ad ascoltare piuttosto che essere ascoltati, smettere di essere il centro del mondo per qualcuno per essere tutto il mondo di una, dieci, centro persone. Guardarsi negli occhi degli altri e sapersi imperfetti, fragili e fatalmente folli.
Chiara farà tutto questo e di più.. lascerà che il dolore l'attraversi e scivoli via, tenendo per mano quella se stessa che adesso ha imparato a conoscere davvero.
Un piccolo romanzo dolce e amaro, una sorta di manuale di auto aiuto di facile lettura e di apprezzabile impatto emotivo.

"Tempesta" di Lilli Gruber

A metà tra saggio e romanzo storico, 'Tempesta' di Lilli Gruber racconta il dramma del secondo conflitto mondiale raccontato attraverso le parole di Hella, una giovane donna del Sud Tirolo, regione stretta in un tratto d'Europa che ha smesso i panni di centro del mondo per vestire quelli di terra bagnata di sangue e lacrime.
Più delle disillusioni di un mondo di grandezza raccontato dal mostro del male che risponde al nome di Hitler a piegare Hella è l'amore rubato dalla guerra, è un futuro che non sa più di riscatto ma di perdita, è l'orrore di vite spezzate, di sogni infranti, radici perdute.
Attingendo alla storia della sua famiglia, viaggiando in prima persona tra i paesini del Sud Tirolo, raccogliendo le voci dei superstiti, la Gruber scrive pagine di intensa autenticità prendendo per mano il lettore, a cui non risparmia il confronto con l'abisso di dolore del nostro novecento.
Conoscere il passato per comprendere il presente.

"L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome" di Alice Basso

Vani Sarca è una ghostwriter.
Scrive libri che altri firmeranno. 
Lo fa da anni, con piacere, entusiasmo.
La sua è una dote speciale. Immedesimarsi con gli altri al punto da scrivere esattamente come farebbero loro, cogliendone le sfumature più intime. Rendendo la scrittura autentica.
Empatia, sagacia, estrema attenzione ai particolari sono le sue credenziali.
E pazienza se guardandola dietro quei suoi abiti scuri, capelli improbabili, sguardo beffardo che la fanno somigliare ad un folletto impertinente nessuno penserebbe a lei come ad una bravissima scrittrice ma Vani lo è davvero. Brava, al punto di aiutare un grande talento della narrativa a mettere insieme il suo ultimo romanzo in un gioco di rimandi ai grandi autori americani del novecento e riceverne in cambio mesi dopo un improbabile quanto inattesa storia d'amore.
Lui bello e ammirato da tutti, ricercato dai media e dalle università, lei ombra silente che si entusiasma alle stramberie e rifugge dai luoghi comuni del romanticismo.
Ma in fondo non è già scritto nei libri la storia di tutti, di sempre? L'amore, quell'inatteso smettere i panni razionali per vestire quelli larghi dell'affidarsi all'altro senz'altro chiedere che bearsi della normalità dell'amore.
Nei libri c'è scritto anche l'indizio per capire che fine ha fatto quella Bianca che parla con gli angeli di cui Vani sta scrivendo l'ultima fatica, confrontandosi con un ispettore di polizia tanto entusiasta delle sue doti da coinvolgerla attivamente nelle indagini. E non solo..
Vani saprà confrontarsi con la sua paura più grande, cambiare, lasciarsi andare liberamente alle emozioni salvo accorgersi in tempo dell'assurdo teatrino inscenato per raggirarla e metterla a tacere. Cosa accadrebbe se si sapesse che è lei ad aver scritto il capolavoro acclamato da critica e pubblico? Vani non ci sta, per una volta sarà lei a scrivere una storia, la sua, e cambiare il finale. Liberarsi di un amore di convenienza e riscattare le angherie del suo editore, ritrovando quella Bianca imprigionata nella rete di un angelo maledetto, spaurito in una società che non perdona l'incapacità a gestire le perdite.
Brillante, esuberante, ironica Vani Sarca è un personaggio deliziosamente tratteggiato. Legata a filo diretto con quel mondo editoriale di cui poco si conosce e tanto si immagina.
Dalla penna di Alice Basso arriva al lettore tutto l'amore per la letteratura, una sorta di compiacimento da club di pochi eletti che fa sentire chi legge un compagno di giochi di Vani Sarca.
Convincenti tutti i personaggi. Trascinante la scrittura.
Piacevole lettura, brillante esordio. 

"Dimmi che credi al destino" di Luca Bianchini

Una libreria a Londra rischia di chiudere.
A gestirla Ornella. In bilico nel lavoro come nella vita.
Un passato a Verona di eccessi e illusioni perdute. Un marito che la ancora a una vita che non è più la sua. Ad aiutarla l'amica di sempre, la Patti. Tanto eccentrica quanto straordinariamente viva e premurosa. Tutto intorno la vita a Londra di Ornella tra passeggiate nei parchi pubblici, negozietti, raccolte punti al supermercato, sit com imperdibili, vicini di casa imprevedibili; lei, pronta ad affidarsi ad un ragazzo napoletano dal cuore infranto e la vita in subbuglio come la sua, per risollevare le sorti della libreria e ricominciare, semplicemente ricominciare a vivere, speranzosa al punto di credere al destino.
Romanzo dalla trama stiracchiata. Spunto interessante che si perde in una serie di banalità e personaggi un pò stereotipati. 
Occasione mancata per un narratore capace di solito di interrogare la realtà con brio, interesse, attenzione.

"Vacche amiche" di Aldo Busi

Banalmente, trattandosi di Aldo Busi si potrebbe parlare di irriverenza nella scrittura. Invece 'Vacche amiche' è altra cosa. E' come lo stesso autore ironicamente ammette, una specie di autobiografia non autorizzata; quasi a voler dire, piuttosto che lasciar fare ad altri preferisco parlar io di me, anche male. Tra infiniti pregiudizi e lucidissime osservazioni, impietose analisi di una società che fagocita ogni suo intelletto, Busi racconta e si racconta. Non risparmia nessuno, a partire da se stesso.
E' sempre piacevole leggerlo, uomo di animalesca intelligenza e pulizia nella narrazione, 'Vacche amiche' svela l'assoluta forza di una personalità istrionica, determinata, definita sin dall'infanzia.
Aldo Busi, una persona tanto platealmente eccentrica e a tratti brutale nel relazionarsi quanto romantica, umana, attenta ai bisogni degli altri. Il suo mondo, le sue amicizie, la sua famiglia, i suoi amori, i suoi mille interessi, una parte di sé messa a nudo per gioco e sfida. 
Da leggere.

domenica 7 giugno 2015

"La giostra degli scambi" di Andrea Camilleri


In quel di Vigata sul finire di una calda estate capita al commissario Montalbano d'essere arrestato per sbaglio, capita alla fedele Adelina, sua governante, di mandare al tappeto un ladro che ladro non è, capita ad un uomo di mancare ogni appuntamento con il commissario e che qualcuno si diverta a spaventare giovani impiegate di banca con rapimenti dalle conseguenze non gravi e capita che l'incendio doloso di un negozio spinga le autorità a segnalare la scomparsa del suo proprietario. Un giovane un po' scapestrato che ha deciso di sfidare la mafia non pagando il pizzo. Ma è davvero solo questo? Possibile che nessuno sappia nulla di lui e della donna di cui si era innamorato in vacanza? Nemmeno il suo amico più caro?

E nel tempo in cui quello che sembra non è... ecco che strabordano i sentimenti più accesi e asprigni dell'animo umano: passione, gelosia, possesso, ira, vendetta.
Vendetta che smaschera il colpevole designato per rivelare l'abietto orrore di un animo malato che macchinosamente orchestra inganni, delitti e punizioni estreme.. fino a restarne schiacciato.
Camilleri inscena un'indagine perfetta regalandoci citazioni e rimandi letterari lasciati qua e là in una narrazione convincente e familiare al tempo stesso. 
Il lettore comprende lo stato d'animo di Montalbano prossimo all'età che avanza.. ma indomito come sempre. E i suoi uomini. Amici. Colleghi. 
Camilleri rende alla perfezione la convivialità di un gruppo di lavoro che mastica indagini e vita vera indugiando senza morbosità sugli orrori umani.
Come sempre umile e grande al tempo stesso Andrea Camilleri.

venerdì 22 maggio 2015

"La notte dell'innocenza" di Mario Desiati

“Il calcio è la raffigurazione plastica della nostra notte e dei conflitti che nasconde”.
Scendono in campo i giocatori della Juventus e del Liverpool.
Scendono in campo nonostante tutto, quel 29 maggio 1985.
Scendono in campo ma hanno nel cuore silenzio, dolore e rabbia.
Gli occhi spersi, pieni solo di quella massa di corpi ridotti a niente, maschere di sangue, lasciati lungo i margini della pista d’atletica che circonda il rettangolo verde.
Lo stadio dell’Heysel doveva accogliere gente festante per la finale della Coppa dei Campioni, uno dei suoi settori, il settore Z, si sbriciolerà sotto il peso dei tifosi juventini costretti alla fuga dalla carica degli hooligans inglesi. Lo stadio sarà la tomba dei sogni infranti di quanti speravano di condividere un momento di spensieratezza, di lasciarsi coinvolgere dal gioco più bello al mondo.
Incompetenza e inadeguatezza delle forze dell’ordine, degli organizzatori dell’evento e degli stessi soccorsi, ma anche il cieco sguardo degli uomini di potere del calcio imprigionati da obblighi, regole, contratti da rispettare firmeranno le responsabilità della tragedia.
Una tragedia umana.
Di questo si trattò, di tragedia umana.
Nomi di uomini, bambini; volti, vicende personali che meritano rispetto e un posto nella memoria collettiva del popolo italiano. Non elemento di discordia negli stadi, non ripicche, non oggetto di odio nei confronti di una tifoseria o l’altra. Brutalmente vittime innocenti dell’abisso del male in cui può sprofondare l’uomo, per liberare le proprie ansie, vendicare i torti subiti, scatenare la rabbia. Allo stadio gli hooligans andavano per questo, per invadere il territorio del nemico, vincerlo. Andavano in guerra. Sembrerà la stessa cosa la partita che infine si disputò la sera del 29 maggio 1985. Per pochi istanti, in alcuni momenti salienti dell’incontro, ognuno spinto da motivazioni diverse, quei ventidue uomini in campo giocarono come se non sapessero fare altro, come se non potessero fare che quello: giocare, guerreggiare, vincere o perdere.
Era il loro mestiere.
Furono criticati per questo. Attaccati. Ancora oggi da alcuni sono addirittura disprezzati.
Ma erano uomini. Ingranaggi, qualcuno dirà, di meccanismi regolati da altri. Era necessario giocare per consentire alla polizia belga di riorganizzare la sicurezza e permettere i soccorsi. Fu lo stesso per quel giro di campo chiesto ai campioni juventini, per liberare la curva dei tifosi inglesi ed evitare ulteriori scontri.
Ma erano uomini appunti, umani, più o meno fallibili.
Platini era inarrestabile, forse l’unico davvero presente a se stesso in campo. Una roccia. Determinato, arrogante quasi. Altri erano smarriti, ghiacciati da quello che avevano visto e non avrebbero dimenticato mai. Così Rossi, Cabrini, a tratti lo stesso Scirea, che avrebbe smesso di giocare di lì a due anni perché “aveva capito che il calcio è cambiato proprio in quel momento ed è un mondo a cui lui non appartiene”. Uno straordinario Tacconi, capace di parare anche la vergogna degli assassini.
E poi Boniek, che riassume l’essenza di quella giornata: “Corre come se in fondo vedesse la meta, una meta che non è il gol ma qualcosa di più, la libertà, la vita, il disegno ulteriore di un mondo che dà risposta a tutte quelle domande che in quell’istante risposta non hanno”.
Non ci sono risposte a quel 29 maggio 1985. Se non nei nostri cuori, nelle nostre coscienze.


Desiati racconta la strage dell’Heysel con una grazie del cuore che rispetta vivi e morti. Spiega le logiche del calcio anche a chi non ne sa nulla. E’ il suo, uno sguardo disincantato, fermo, attento ai fatti. Raccoglie le voci, ascolta i testimoni, legge il dramma negli occhi di chi visse quel giorno, e lo mescola al suo ricordo di bambino.
La notte dell’innocenza” è un piccolo libro che fa peso nel cuore.

lunedì 11 maggio 2015

"Numero zero" di Umberto Eco

L’ultimo romanzo di Umberto Eco è un puro esercizio di stile, un’esuberante e al tempo stesso rigorosa lezione su come si ‘fa’ un giornale, su come si creano, maneggiano, inventano notizie; un gioco in prosa sul rimestare ricordi con autentici fatti inanellando lezioni di retorica ad assenze di vita vissuta.
Il protagonista è uno scribacchino disilluso costretto a fare da ghostwriter per tirare a campare, coinvolto nel diabolico piano di un potente uomo d’affari deciso a far da editore per una nuova pubblicazione: ‘Domani’, non un quotidiano qualsiasi ma un mensile deciso ad approfondire la notizia, svincolando tra i paletti dei propri interessi personali, presentandola nella forma più accessibile al lettore, con un linguaggio semplice al limite del semplicistico ma efficace al punto da rivelarsi un’arma di ricatto verso politici ed affaristi.
Nella strampalata redazione di ‘Domani’, confidenti dei servizi segreti, complottasti e cospiratori, pedanti analisti, volenterose penne. In un tempo costellato dalle indagini di mani pulite e gli attentati di mafia ai giudici Falcone e Borsellino, un terreno fertile dove imbandire brogliacci fantasiosi sulla finta morte di Mussolini e il fallito golpe di Valerio Borghese, Gladio e le Brigate Rosse.
Disamina della nostra società e irriverente divertissement linguistico, ‘Numero zero’, è sferzante, ironico, brutale nella sconcertante capacità di leggere nella impietosa realtà l’abbruttimento di una lingua che si consuma nella riduzione ai minimi termini, assenza di vergogna nel far passare ogni orrore, errore materiale, di forma e non come naturale, necessario, l’indiretta denuncia della connivenza del popolo ridotto al silenzio e all’inebetimento nei peggiori misfatti.
Eco descrive una realtà in ci si è abituati al peggio e racconta di una verità che non riconosciamo nemmeno quando ce l’abbiamo davanti, salvo chiedersi se il lettore medio coglie l’ironico sbeffeggiamento o crede di trovarsi di fronte ad un romanzo e nulla più.

lunedì 27 aprile 2015

"La macchina della felicità" di Flavio Insinna

Roma. Oggi.
Vittorio lavora in un casinò, da sempre. Controlla che non ci siano irregolarità nel gioco. E' attento, inflessibile, impeccabile. La sua vita è tutta lì. Artificiale, asfittica, anonima. Solo il martedì, sua giornata libera, si mescola alla gente, abbraccia la città. Passa dal cimitero a portare fiori ai genitori mancati da tempo, acquista capi che quasi mai indosserà, pranza nelle migliori trattorie del centro e si concede una serata al cinema a vedere i film ultimi al botteghino. E lì in cassa Vittorio incrocia lo sguardo di una donna, Laura, il fare gentile, sempre sorridente, gli occhi pieni di vita e si interroga se sia davvero possibile l'amore: "parlo di magico accordo, l'incastro perfetto che fra due persone può esistere", e scopre che sì, è possibile se davvero lo si vuole.
"Devi trovare il coraggio di amare, non perché sei stanco di stare da solo. Amare, non organizzare un accrocco, amare veramente, e quando accade, la persona che ami la vuoi vedere felice" e Vittorio imprevedibilmente, si abbandona al sogno di felicità.
Laura capace di dare fiducia a chi ha accanto, ispirare amore paziente e gentile, a dispetto delle difficoltà della vita quotidiana, un matrimonio fallito, una figlia ribelle, un conto in banca in rosso non ha smesso di sognare.
Ripete “nessun sogno è soltanto un sogno”.
Il suo ha un nome: Polinesia, e la possibilità di ricominciare tutto daccapo.
Quel sogno Vittorio lo trasforma in realtà. Per una volta, “nessuna legge, solo sentimenti” dettano le sue azioni. E così la sua felicità deve essere condivisa con quanti, vittime del casinò, meritano di tornare a riassaporare la libertà. A rischio di sacrificare la sua di felicità. Ma così deve essere. La macchina della felicità non si può fermare.

La macchina della felicità’ è un romanzo lieve, propositivo, coraggioso. Spinge a riflettere quanti hanno smesso di credere nelle potenzialità che riserva la vita. Il protagonista Vittorio è uno che dice di sé: “ho accumulato troppi anni, troppi arretrati, schiacciando sempre tutto giù nel fondo, facendo finta, vivendo male”. Sembra rassegnato ma gli occhi di una donna riaccendono in lui la speranza, la voglia di rischiare, rimettersi in gioco, ricevere amore per poi contagiare gli altri, liberarli dal giogo delle dipendenze come delle servitù mentali che ingrigiscono i cuori.

Insinna ci mette tutto il suo fare per articolare una storia bella e credibile ma a dispetto dei buoni propositi la narrazione regge giusto il tempo della lettura, poi fugge via.

domenica 12 aprile 2015

"Tutta colpa di un libro" di Shelly King

Penso di essere sempre stata spaventata dal significato dell’amore nella mia vita perché avevo paura che mi condizionasse e di dover rinunciare a tante cose in suo nome. Ma la verità è che per un amore grande abbastanza i sacrifici non sono sacrifici. Sono necessità”.
Amore.. romantico, passionale, improvviso, necessario.
Quello di un uomo per una donna, un amore destinato a vivere solo in un libro. Perché è lì che Henry parla a Catherine. Le scrive ai margini delle pagine di un libro: ‘L’amante di Lady Chatterly’. Parole lasciate al caso inizialmente, un gioco sfrontato poi. Una data: 1961. Un indizio per raccontare una storia smarrita nel tempo, che sembra parlare a chi si ritrova il libro tra le mani, come capita a Maggie. Giovane dall’intelligenza brillante e un ex lavoro alla Silicon Valley, che passa le sue giornate a leggere sprofondata in una delle vecchie poltrone della Dragonfly, scalcinata e strabordante libreria di libri usati che ricalca in pieno la straordinaria personalità dell’eclittico proprietario, Hugo.
E’ proprio il libro a smuovere dal torpore Maggie, a spingerla a confrontarla con i suoi bisogni e le sue paure, a ritrovare la sua passione per i libri e le vecchie storie, a superare i dubbi sull’amore, sulle relazioni in generale, a fidarsi della gente, a ritrovare la passione per un progetto a cui dedicarsi anima e corpo.
La Dragonfly diventerà luogo di ispirazione e di cura per Maggie, un punto di incontro per la comunità, il posto per ritrovare Hanry e Catherine e dargli un volto e un nome.
Un nome.. forse lo stesso dell’uomo che è entrato nella vita di Maggie ispirandole quell’amore a cui temeva di abbandonarsi, ma “l’amore trova per noi quel che non sappiamo di volere” e piano piano sarà proprio l’affetto di Hugo, le ostinate ripicche di Jason, l’amicizia di Avi e la passione di Rajhit a dare forma ai sogni di Maggie tirandole fuori grinta, personalità e la giusta dose di follia per lasciarsi andare alla felicità.
I libri ci parlano, raccontano storie.. la nostra storia se sappiamo leggerla tra le righe.
“Tutta colpa di un libro” è uno di quei libri che ti spingono a rientrare a casa da lavoro con una voglia matta di prenderlo tra le mani per sapere come va a finire la storia. Attraente, atteso, emozionale. Non un capolavoro, semplicemente una bella storia. E non è poco.


martedì 31 marzo 2015

"La Sposa giovane" di Alessandro Baricco

"Così la guardarono partire come, in fondo l'avevano vista arrivare: ignari di tutto, di tutto sapienti".
La Sposa giovane aspetta l'uomo a cui ha promesso il suo amore. L'uomo scelto come compagno quando non era che una ragazzina. Per sposarlo, compiuti i diciotto anni ha attraversato un oceano, abbandonato la famiglia, tacitato rimorsi. Ma così è, così deve essere. Perché il Figlio è l'uomo che ha vinto le sue paure, ereditate da una nonna che l'aveva messa in guardia sui rischi della bellezza e dell'esser donna. E la bellezza, la sensualità, la confidenza col suo corpo se l'era andata a riprendere a casa del promesso sposo.. inaspettatamente assente, forse scomparso. La Figlia le aveva aperto la porta di un bisogno soffocato, la Madre le aveva insegnato l'arte del piacere e lei si era vendicata della promessa d'amore rimandata con lo Zio. Aveva appreso la pazienza, la devozione, il rispetto dal Padre e rubato i segreti sulla Famiglia dal servo devoto di una vita, Modesto.
Nella grande casa abitata da figure disegnate nel tempo, improbabili ed ammalianti, ognuno a suo modo naufrago in cerca di salvezza, la Sposa giovane romperà l'incantesimo della notte e delle regole di una vita, rispetterà una promessa e riceverà il dono dell'amore atteso.
In una narrazione scomposta e affabulatoria Baricco gioca con il lettore. Si fa voce e personaggio, ruba le loro identità, mescola le carte di una storia che come le matrioske incastra mille volti e sovrappone tempi diversi. Il volto più bello è quello della Sposa giovane,"vi [si] intuiva la promessa di una forza paziente che sarebbe stata capace di vivere, a testa alta, qualsiasi vita".

martedì 10 marzo 2015

"Il libro dei ricordi perduti" di Louise Walters

La libreria ‘Old and New’ è la vera casa di Roberta. Ci lavora da tanti anni e vi ci passa quasi tutto il suo tempo. I libri sono tesori per lei: “annusali, ascoltali, sarai ricompensata” sembra dirle una vocina ogni volta che ne ha uno tra le mani. E infatti i libri usati riservano a Roberta infinite sorprese, conti della spesa, appunti, cartoline, foto e lettere. Parole che raccontano sentimenti, evocano tempi lontani, rivelano dolci intimità. E anche inaspettati segreti. Non è forse un segreto quello che sembra celare una lettera ritrovata in un libro della vecchia nonna Dorothea? E’ firmata Jan, suo nonno, ma ha i toni del rimprovero e di un doloroso addio. Possibile che quel pilota polacco che aveva rapito il cuore di Dorothea nel secondo conflitto mondiale sia stato sul punto di abbandonarla? E chi è il bambino di cui si parla nella lettera? Cosa ha fatto di così terribile Dorothea da ipotizzare una rottura tra i due? Forse era stato tutto superato se lei Roberta portava il cognome di quell’uomo.. suo nonno, Jan Pietrykowski.. o no?
Roberta ha bisogno di sapere, per riportare ordine nella sua vita prossima al caos: suo padre malato, la centenaria Dorothea incapace di ricordare, la sua vita privata scossa da uno scandalo causa dell’addio al suo lavoro alla Old and New e al suo proprietario Philip, il suo unico grande amico.
Forse è vero che “la tristezza ci fa diventare persone.. persone con un cuore che batte e un’anima che sogna”. Deve aver esser sembrata così, triste, Dorothea a Jan in quell’inverno del 1940. Una donna sola in un piccolo paese della campagna inglese, gli occhi dell’intera comunità puntati su di lei, separata dal marito dopo la tragica perdita del suo bimbo, nato morto. Il sorriso smorzato riacceso dalle cure gentili di un soldato in terra straniera, un amore che profuma di proibito, che sfida la guerra e apre il cuore alla speranza. E nella notte di Natale regala l’impossibile.. un bambino di cui prendersi cura, di cui essere madre a dispetto di tutto e tutti, pur sapendo che “accogliere qualcuno tra le braccia significa perdere qualcun altro”. E accade così.
Jan aveva appreso della sua decisione e non aveva capito, sebbene le avesse scritto: “per me eravate importante come l’acqua”. A guerra finita quando l’aveva cercata era troppo tardi, di suo Dorothea portava solo il cognome e ricordi perduti. Gli stessi che a distanza di settant’anni Roberta stringeva in un pugno.. poche decine di frasi, parole che le avevano raccontato delle diverse forme di amore e del sacrificio estremo di una donna per essere madre. Parole, ancora, in una lettera che le aveva rivelato quel che celava il suo cuore e che coraggiosamente un uomo le aveva dichiarato.. amore, per essere felici davvero. Ora Roberta può esserlo davvero, ora che il libro dei ricordi perduti è chiuso per sempre.
“Nessuno può davvero entrare nella mente di un’altra persona. Ognuno è una testa a sé, un cuore a sé. Ma è così che deve essere. C’è un limite oltre il quale non possiamo avvicinarci al prossimo. Può accadere di sfiorare gli altri con le punta delle dita e quello è un bel momento. Ma è sempre solo la punta delle dita”.
Ecco la Walters ci accarezza appena con la sua scrittura ma basta a trasmetterci emozioni. Il suo è un romanzo coinvolgente, struggente, intenso.



sabato 21 febbraio 2015

"Gli sdraiati" di Michele Serra

“L’uomo da qualche tempo sperimenta la sua incapacità di stabilire nessi con i ragazzi. Non sa se questo muro invisibile sia la semplice riedizione dell’eterno conflitto tra genitori e figli, tra adulti e ragazzi. Oppure se qualcosa di inedito, di sconosciuto, di mutageno stia separando per sempre i pensieri e gli atti delle ultime leve dell’umanità da tutto ciò che li ha preceduti”.
Si interroga un padre sul rapporto, in apparenza, mancato col figlio. Straniti dalle abitudini diverse, dalle forme di comunicazione che spesso non contemplano nemmeno la parola o qualsivoglia relazione fisica, da un narcisismo imperante, dalla dislessia dei sentimenti che isolano, annullano l’uomo, in un’apocalittica quanto visionaria guerra futurista i padri -gli anziani- sedimentano mancanze e differenze verso i figli -i giovani- alzando un muro di incomprensioni. Salvo scoprirsi tutti parimenti fallaci, bisognosi l’uno dell’altro, semplicemente diversi e complici in un confronto che rivelerà la bellezza di una natura appassionata, capace di evidenziare sì l’assenza di conflitti ideologici, generazionali su cui confrontarsi e se mai scontrarsi, ma anche superare il disorientamento dell’anonimato dei giovani ‘sdraiati’ -non solo figuratamente- sulle abitudini dei loro riti, rinsecchiti nel loro sistematico ritirarsi dal mondo, apatici, assonnati. Ma è davvero poi così? Cosa si aspetta il genitore, punzecchiando, ironizzando, provocando, corrompendo, incuriosendo per coinvolgere il figlio a condividere l’esperienza del viaggio: una breve escursione in montagna. Non sarà forse.. cercare risposte all'interrogativo comune a tutti i genitori: sarò stato capace di educare? Di fare bene?

Forse sì, se lo sdraiato di turno non solo ha lasciato il divano di casa, ma con il suo improbabile equipaggiamento ha scalato la montagna, si è riempito gli occhi di colori veri, e s’è lasciato alle spalle il padre. Un passo avanti, sempre. Emozionandosi.

"L'ignoranza delle persone colti" di William Hazlitt

“Le parole sono l’unica cosa che rimane per sempre”.
Opportuna la considerazione di William Hazlitt, tra i più profondi saggisti inglesi attivo tra la fine del ‘700 e i primi decenni dell’800, di cui finalmente il lettore moderno può apprezzare una parte dei saggi pubblicati sul London Time nel 1820.
Arguto, ironico, pungente, incisivo il pensiero di Hazlitt spazia su diversi temi: dalla paura della morte – deliziose le pagine sul fare testamento con episodi tanto improbabili quanto veri – alla critica delle istituzioni culturali, politiche, sociali: “Tutti quelli che si agitano, strisciano e pregano per ottenere un posto, vivono poi sugli attestati di merito fino alla vecchiaia, dopo la quale è raro che se ne senta più parlare. Se capita fra di loro un uomo veramente capace, che sceglie la sua strada non conta niente”; dall’ignoranza delle persone colte che “conosce le cose di cui parla come un cieco i colori” agli svantaggi della superiorità intellettuale dacché “il principale svantaggio di sapere di più e di vedere più lontano degli altri in genere è di non essere compreso”.
Paradossale, irriverente, beffardo, passionale nel tenere la posizione su giudizi controcorrenti, curioso, istrionico nel destreggiarsi tra citazioni e rimandi colti, W. Hazlitt risulta di un’attualità sconcertante e di facile immedesimazione per il lettore.
“Tutto ciò che ti riempie di gioia e di diletto sfugge agli occhi della gente”.

sabato 7 febbraio 2015

"Lisario o il piacere infinito delle donne" di Antonella Cilento

Ci sono storie che hanno la forza, l’audacia, lo stupore di un tempo perduto, e che parola dopo parola, lentamente, riservano piacere, sorpresa, coinvolgimento. Ci sono storie ammantate di mistero, che parlano di vite vissute con passione e determinazione. Raccontano di uomini e donne che hanno sfidato i pregiudizi e i divieti del tempo, infranto tabù, affrontato mille peripezie, combattuto battaglie di sangue e valori, per conquistare la possibilità di essere felici, esprimere la propria individualità, la propria personalità.
La storia di Lisario è tutto questo e di più.
Metà del XVII secolo. Napoli. Lisario Morales, voce costretta al silenzio dalla mano incapace di un chirurgo, cade addormentata per sfuggire ad un matrimonio imposto. Sin da piccola, irrevocabile e indomita, si è creata un angolo di mondo dove leggere e scrivere e riscattare la sua libertà. A risvegliarla dal sonno forzato e rompere l’incantesimo un medico spagnolo in cerca di fortuna in quel di Napoli, Avicente Iguelmano, così sfrontato da rubare il candore di vergine di Lisario tra le coltri del letto paterno e averla in moglie per riconoscenza, salvo soccombere al suo fascino misterioso e al suo desiderio sensuale di darsi piacere da sola, un piacere proibito, insolito, impossibile a dirsi, qualcosa che sfugge al potere dell’uomo, e alla ragione. E per Avicente il bisogno di capire sfocia in ossessione e in folle gelosia quando scoprirà il diario segreto di Lisario e il suo amore per un pittore francese, Jacques Colmar da cui la donna aspetta un figlio.
Amanti a dispetto della logica, della religione, della società Lisario e Jacques sono capaci di riconoscersi in mezzo alla folla di una città scossa dalla rivolta di Masaniello, di appartenersi in un tempo rotto dagli intrighi di corte e dal commercio di anime, di sfuggire all’odio di uomini inaciditi dalla vendetta e resistere, resistere a tutto, finanche all’orrore più agghiacciante, saper perso l’uno, l’altro.
Il corpo segnato dalla mano assassina del marito, il cuore spento dall’amore perduto, negli occhi lo sguardo d’odio di Michael de Sweerts, pittore olandese innamorato respinto da Jacques, al seno la piccola Teodora, Lisario non può che ripiombare nel sonno per salvarsi, emendare la colpa di aver voluto essere felice, libera, donna.
Non più corpo da nascondere ma esposta in pubblico come una santa, Lisario verrà allontanata da Napoli e abbandonata al destino delle acque in un viaggio funesto che la risveglierà costringendola a salvarsi al comando di una nave fantasma, fino all’approdo inatteso in un’isola che le restituirà l’amore perduto, e la felicità.
Tornerà Lisario, tornerà la sua voce a scuotere Napoli, tornerà ad accendere il cuore di Avicente per un’ultima volta, sfidando la città intera, torneranno i suoi occhi a scrutare i cuori degli uomini che ha amato e l’hanno amata, torneranno a rivendicare il piacere proibito delle donne, tornerà e avrà il volto e la voce di Teodora, e di tutte le donne che verranno dopo a reclamare libertà, felicità, vita.
“Il nome dell’amato è una preghiera”.
Volti, voci, microstorie e macrostorie; personaggi capaci di accendere il cuore; colori, odori, sapori di una città che incanta e fa paura al tempo stesso; sacro e profano, ragione e religione, ricchezza e povertà, amore e piacere; peccato e preghiera; viaggi, arrivi, partenze; odi, vendette, rivalse; arte, genio, sregolatezza; scienza e ricerca, filosofia e sacrificio. E poi e ancora Napoli e la sua gente, come la Pullecenella che fa il suo spettacolo al capezzale di Lisario venerata come una santa: “Uommene fèmmene ascutate: che la rivoluzione s’adda fare, ma maie se faciarrà si lo munno nun s’accapovolge”.
In un mondo vietato alle donne, la storia di Lisario è la dolorosa avventura di un’anima decisa a reclamare il suo bisogno d’amore.

La scrittura lucida ed elegante della Cilento conquista pagina dopo pagina in una narrazione che bagna le parole nel catino della storia, e tinteggia con i colori dei grandi scrittori come Cervantes regalando emozioni sino all’ultima pagina.

lunedì 26 gennaio 2015

"Il tredicesimo dono" di Joanne Huist Smith

Uno dei doni più grandi che tutti possediamo è la capacità di donare. Non serve essere facoltosi. La compassione e un cuore buono sono tutto ciò che serve”.
Joanne ha perso l’amato marito Rick a poche settimane dal natale. Scrive in un giornale e ha tre figli: Ben, Nick e Megan. Finge di aver ripreso in mano la sua vita, ma non è così.
La casa avrebbe bisogno di essere rassettata, e i suoi figli hanno dimenticato il calore di un tempo trascorso insieme. Ognuno pare faccia di testa sua, rinchiudendosi in silenzi, ostracismi, ribellione, solo la piccola Meg sembra credere alla forza della sua mamma di rimettere insieme la famiglia, sostenendola con inarrestabile fiducia fino a quando a pochi giorni dal Natale rifacendo il verso ad una vecchio canto delle feste un dono compare sull'uscio della porta di casa.
Una piantina colorata.
Ne seguiranno altri, un giorno dopo l’altro.
Nastri colorati, carta da regalo, mele dorate, dolci.
Prima infastidita poi incuriosita infine spronata a reagire per restituire un sorriso ai suoi figli, Joanne riprende in mano la sua vita: “non si studia per affrontare il dolore; arriva e basta, quindi bisogna trovare dentro di sé il modo di superarlo”.
Faranno il resto alcuni incontri inaspettati, rivelatori di tutto l’amore di cui si è circondati, e che non si è più in grado di riconoscere; ignari e straordinari esempi di quanto difficile e necessario sia “andare avanti, perdonare gli errori e custodire i ricordi anche se dolorosi”.
Il tredicesimo dono Joanne lo custodirà gelosamente nel cuore. E’ “capire che gioia e dolore possono coesistere senza sensi di colpa”. E’ ricevere e condividere, è dare per la gioia di poter essere d’aiuto a qualcuno.
A distanza di anni Joanne riuscirà a dare un volto ai veri amici che in quel natale di lutto hanno riacceso in lei e nei suoi figli la speranza ma non aggiungerà molto alla straordinaria esperienza vissuta, solo sapere che c’è sempre un tempo per sorprendersi, un tempo per tornare a vivere a dispetto del dolore più grande, un tempo per aprire il cuore alla gioia, alla sorpresa più grande: amare ed essere riamati.

Una scrittura semplice che fatica nelle prime pagine a catturare l’attenzione del lettore, rivela con pazienza la storia di Joanne Huist Smith e della sua famiglia. Di più l’autrice ci invita a credere che se lo vogliamo ‘ogni giorno è natale’. Al netto di buonismi e smancerie, il messaggio è disarmante e potente al tempo stesso. Dare conforto a chi ha bisogno scalda il cuore e rinsalda la speranza, e la fiducia a trovare in se stessi il coraggio per ricominciare.

Il tredicesimo dono’ è uno di quei libri che si leggono d’un fiato. Una scrittura gentile che fa lieve il cuore e abbraccia il lettore.