domenica 30 giugno 2013

"Adele" di Giuseppina Torregrossa

"Lo amo come ho amato suo padre, lo odio quanto ho odiato suo padre. E quando i suoi occhi s'incontrano con i miei, tutta la nostra storia, la mia e la sua, si materializzano nella stanza, i nostri fantasmi ci prendono per mano e ci riportano indietro nel tempo e passeggiamo insieme tra i ricordi"
Adele e suo figlio Ciccio. Un figlio non voluto. Respinto, odiato. Un figlio che l'ha costretta al matrimonio con un uomo coperto di 'croste', silenziosamente prono ai suoi bisogni, attento, persino premuroso con quel figlio non suo e per questo maggiormente inviso alla donna. Perchè Adele sa che tutto ha un prezzo, e l'uomo lo reclamerà violento dieci anni dopo il giorno di quel matrimonio bianco. Da allora sarà rabbia furente verso quel figlio che l'ha condannata ad una vita di ricatti e soprusi e poi espiazione e ancora dolore verso se stessa e quel corpo di bambina già donna che aveva subito il suo stesso desiderio, lei soccombente di un piacere che "è un soffio di vento che mi rende felice come mai lo sarò più".
Monologo teatrale pluripremiato, 'Adele' è il ritratto di una donna passionale e inquieta, capace di un odio e di un amore viscerale verso suo figlio. Italiano e dialetto siciliano forzano nella prosa questa figura vestita di passione che disorienta il lettore per il fare tragico del suo distruggere l'oggetto amato. Diabolica, straniante, inattesa eppur meravigliosamente viva Adele.

"Cuori infranti" di Rosetta Loy

Virgilio recitava 'amor vincit omnia'.. e in una favola dark l'amore vince su tutto e il tutto è la vita degli altri, innocenti sacrificati sull'altare di un egoistico senso di esaltazione amorosa, dove il resto del mondo non capisce, disturba, semplicemente è d'intralcio. Così Rosetta Loy propio con il gusto amaro e inquieto della favole antiche, quelle che vestivano di morale l'insegnamento indirizzato ai bambini salvo traumatizzarli con morti, mostri e perigliosi accadimenti, racconta due funesti amori, quelli di Omar ed Erika, e Olindo e Rosa soffermandosi su due storie di orrore contemporaneo, pensato nel nido attento e accogliente di una famiglia borghese il primo, e in un condominio dove la gioia, la vitalità di una giovane coppia, disturba la quiete ombrosa dei residenti il secondo.
Dove abitano i mostri? Chi o cosa dobbiamo temere se l'anormalità risiede nella normalità apparente nel visino paffuto di un'adolescente o nell'aria dimessa di una donna di mezza età? Cosa possiamo imparare dalla banalità del male che giganteggia nello sfondo carta da zucchero di una moquette impiastricciata di sangue?
Dovremmo guardarci dentro e assemblare i pezzi di un cuore infranto dalla noia di un fare perbene che cela l'intolleranza verso ciò che non è riconosciuto come appropriato al proprio fare.

"Una cosa piccola che sta per eplodere" di Paolo Cognetti

Margot, Diego, Mina, Pietro, Anita. Giovani, giovanissimi adolescenti alle prese con i problemi di un'età incerta. In rivolta contro se stessi come l'anoressica Margot o l'inquieto Diego, sopravvissuti come Mina, spaesati come Pietro, ribelli come Anita. Mondi diversi, storie di una vita vissuta che lasciano segni visibili e invisibili, cicatrici sulla pelle e sul cuore; selvaggi, indomiti, incerti, tenaci, insoliti, ostinati; bellissimi e orribili corpi in trasformazione; coscienze sopite sul punto di sbollire un tormento esistenziale costruito a volte sul niente altre sulla disgregazione di una famiglia, l'assenza di responsabilità in quegli adulti che d'improvviso cessano il loro ruolo privandoli di riferimenti; sulla negazione di personalità in formazione, desideri di libertà e conoscenza da negare frustrando corpi, desideri, bisogni, limitando sogni, azioni, gesti.
La bravura dell'autore sta nella difficile scelta di comprimere una storia in poche pagine. Non è da tutti scrivere racconti, non è da tutti farlo così bene. Creare atmosfere, descrivere, catturare con una manciata di parole l'attenzione del lettore. Cognetti ci porta nelle stanze della clinica dove Margot torna a vivere lasciandosi nel dolore più cupo al capezzale della piccola Lucia e del suo ostinato lasciarsi andare, ci fa adorare la piccola Mina e le sue fantasie per tenersi a galla nella vita e perderci in montagna con Pietro. Narra e spiega perchè "la letteratura è diversa. E' la vita che non ha senso, mi capisci? La gente scrive delle storie per dargliene uno" e così non risparmia nulla, lasciando che una piccola cosa esploda nel nostro cuore al cospetto degli occhi di un ragazzino che ci guarda e costruisce il suo mondo.

domenica 23 giugno 2013

"Il correttore" di Ricardo Menéndez Salmón

11 marzo 2004. Madrid ed altre città spagnole sono sconvolte dall'esplosione di alcuni treni.
"Ma allora mi chiederete voi di che cosa ci possiamo fidare? E io sarò lieto di rispondervi: non fidatevi di nulla e di nessuno. Sospettate sempre. Anche del vostro nome scritto su un documento".
La riflessione di Vladimir mentre ascolta in tv le dichiarazione del premier spagnolo Aznar sull'attribuzione degli attentanti all'Eta, di lì a poco smentite, apre una giornata di introspezione per il giovane correttore.
Accantonata la carriera di scrittore, "il Vladimir scrittore non credeva abbastanza in se stesso per meritare una fortuna diversa da quella che ebbe", era passato dall'altra parte: correggere "il disastro, la banalità, l'evidenza della miseria altrui" salvo riconsocerla ovunque, anche fuori dalle amate pagine dei libri in cui il correttore cerca riparo, rifugio, risposta.
Vladimir lo sa.. non fidatevi di nessuno. Mentre fuori il paese si ferma in preda al panico, annaspa e in tv si lascia confortare dalle parole dei politici, soliti servirsene per gestire il potere, per celare segreti, Vladimir pensa alla finzione che vive ogni giorno, al segreto che lo separa dalla persona amata, la moglie Zoe. Un segreto che ha un nome: Eric.
Nel corso di un giorno che sembra non finire mai Vladimir si confronta con il suo passato, con i sogni infranti, con le aspettative future, ascolta amici, parenti e soprattutto se stesso. Le voci di dentro sono quelle dei suoi libri perché "per abitare la menzogna, per riconciliarci con quell'ombra e quella farsa, per conciliare tutto quel che sappiamo con tutto quello che possiamo sopportare di sapere, è per questo che esistono cose come la letteratura". E Vladimir deve sopportare il suo segreto per non perdere quello che più ama, Zoe.
"Lì, in un angolo della notte invernale non feci altro che stringere Zoe contro il mio petto, come se in tal modo, con il battito del mio cuore sulle sue gengivge, mia moglie potesse sentirsi più amata, più vulnerabile, più protetta che attraverso qualsiasi parola con cui avrei potuto osare nominarla, esprimerla, tentare di appropriarmi di lei. Capii così che disponevo soltanto di quel gesto per ricordarle quanto la amavo. E capii anche che quel piccolo gesto mi avrebbe redento da tutta la poesia del mondo, da tutte le grandi, belle, inutili parole che ci circondano"

Poche decine di pagine per un libro di una lucidità e di una bellezza infinita. Capita poche volte di imbattersi quasi per caso in un libro così. Che spinge a riflettere, a guardarsi intorno per capire come siamo fatti davvero, a dar forma ai pensieri con le parole prese in prestito dai libri perchè a volte qualcuno vissuto duecento anni prima di te sembra sapere esattemente quel che sei, quel che senti, l'emozione, il turbamento, l'inquietudine che ti attraversa in quel preciso momento. Doloroso, reale, struggente.

giovedì 20 giugno 2013

"Miss Sweety" di Valérie Saubade

Samantha ha trentasei anni, vive a Londra, non viaggia in auto né sugli autobus a due piani, non ama i fiori e arrossisce in un modo tutto suo al cospetto degli uomini. Firma con il nome di Miss Sweety una rubrica in cui consiglia le donne di ogni età mettendo a frutto la laurea in psicologia, ma in fatto di vita vissuta ed esperienze sentimentali Samatha può dir poco o nulla. Estremamente timida, ansiosa, abitudinaria, per traumi legati alla sua infanzia, Samantha vive in una grande casa con l'anziana nonna Agatha e la stramba prozia Margaret. La sua vita, tra liste e filastrocche per gestire le sue piccole ossessioni, scorre silenziosa e anonima fino a che tra la posta una lettera attira la sua attenzione: qualcuno la minaccia, vuol fargliela pagare per aver spinto la moglie, con i suoi consigli, a lasciarlo. Le lettere minatorie si susseguono spingendo Samantha a venir fuori dal suo guscio per proteggere se stessa e la sua famiglia. Complice l'amicizia del nuovo vicino di casa, Peter, l'incontro con l'affascinante Alessandro e l'aiuto del poliziotto Ross, Samatha verrà a capo del mistero affrontando il suo passato doloroso e il presente di false amicizie e inutili compromessi.
"Ho fatto la cosa giusta.. volevo che ti sbarazzassi finalmente delle tue fobie e nello stesso tempo che incontrassi qualcuno, come tutte le ragazze della tua età".

Il libro della Saubade è un piccolo concentrato di ovvietà narrative. La storia di Samantha si perde tra le pagine dei ricordi di cui sono protagonste più interessanti le sorelle Agatha e Margaret. La scrittura si fa a tratti confusa, infila personaggi e storie e precipita in un finale tanto approssimato quanto inverosimile. Duole dire che Miss Sweety non lascia tracce.

sabato 15 giugno 2013

"Ogni angelo è tremendo" di Susanna Tamaro

Una donna si racconta.
La nascita in una gelida notte d'inverno spazzata dalla bora. Due giovani genitori inadatti al ruolo e incapaci di dare e darsi amore, nonni soffi di una vita aspra e al tempo stesso gentile, una famiglia in cui un visino attonito, dai grandi occhi, scruta il mondo degli adulti e si interroga, inquieta nelle interminabili notti insonni di un'infanzia silenziosa foriera di abbandoni e delusioni; paure reali ed immaginarie nel corso dell'adolescenza prima e della gioventù degli anni '70 improvissamente inadatta al ruolo di aspirante alla vita nella sua integrità.
Poi "in fondo ad ogni vita scorre una segreta saggezza che permette di far arrivare le cose giuste al momento giusto" e così la ragazza spaurita si affaccia nella grande città, frequenta il centro sperimentale di cinematografia, ritrova il padre assente e ostinatamente, con impervia e a volte imperizia, si approccia alla vita dando forma alle voci di dentro, alle emozioni a lungo taciute, rivelando come evidente anche a se stessa la passione per la poesia, per le parole che hanno una bellezza che spiega tutto, lasciando alla scrittura il compito di arrivare al cuore, in un viaggio profondo di conoscenza, doloroso, necessario, folgorante
Da bruco a farfalla la bellezza della vita. 
"Viviamo in tempi di semplificazione massificante, di conseguenza l'inquietudine è il più reietto dei sentimenti. Puoi essere infelice, anzi, lo devi essere, perché tutti gli oggetti che ti suggeriscono di comprare non sono altro che succedanei della felicità, ma l'inquietudine non ti è concessa perché è uno stato che produce domande e le domande richiedono risposte, e per avere risposte, bisogna mettersi in viaggio come Abramo e, alla fine del viaggio, magari, puoi scoprire che non sono le cose a darti pace, ma la profondità dei sentimenti che sgorgano nel tuo cuore".
La biografia di un'autrice che ha scritto "parole capaci di ardere". Una scelta sofferta e non convenzionale di raccontarsi e raccontare il mondo.

sabato 8 giugno 2013

"Un covo di vipere" di Andrea Camilleri

Un cadavere. Due assassini.
Strano caso per il commissario Montalbano.
Il corpo è di tal Cosimo Barletta. Vedovo di mezza età, uomo tranquillo in apparenza, tanti affari per le mani, alcuni poco puliti: denaro dato in prestito a tassi d'usuraio, ricatti e un vizio che tanto privato non è: le donne, tante, tutte giovani e belle, da fotografare in pose compromettenti.
Chi era davvero Cosimo Barletta? Cosa l'ha ucciso? Non il colpo di pistola sparato a bruciapelo in testa, quasi un'esecuzione, ma il veleno ingerito con la tazzina del caffé del mattino.
Una villetta in riva al mare, il cadavere di un uomo, due figli che ne piangono la morte e un testamento che non si trova. E ancora, foto, lettere d'amore, lettere di ricatto, lettere tormentate; tra tutte quelle di una donna perdutamente innamorata, sfrontatamente innnamorata, decisa a tutto per non perdere l'uomo amato. Anche ucciderlo per non dividerlo con altre.
E' forse lei l'assassina? Si sa le donne uccidono con il veleno.
E in Montalbano che sembra vivere ad occhi aperti un sogno, fascinazione di ricordi di un tempo perduto forse premonitore di qualcosa che di lì a breve si paleserà, e che ostinatamente non riconosce gli indizi della colpevolezza dell'assassino perché inaccettabili, tutta l'umanità di un uomo che rifiuta l'abiezione, che non sa dire ne sa dare nome al male quando ha il volto di un sentimento che "dispirato, contro natura, 'ncestuoso, trimenno, 'concepibili, ributtanti, scannaluso, degenrato. Ma sempre 'na forma d'amuri" era.
E allora in Montalbano e la sua coscienza, il suo doppio -il vagabondo che appare e tutto risolve con la sua confessione-  c'è la malinconia di chi rifiuta di vedere proprio nella famiglia un covo di vipere: per amore, odio, denaro, rabbia; confonde i sentimenti e riscatta vita con vita, ripaga odio con amore, amore con odio.
Una narrazione quella di Camilleri che mescola finzione e realtà celandone il confine, la dove la cronaca spesso supera la fantasia più cupa.
Da un grande maestro di genere un'intensa e drammatica storia.


"Ancestrale" di Goliarda Sapienza

"Serrare i pugni alla bocca per non dire
Serrare i pugni sugli occhi per non vedere
Buttarsi in terra e scavare in silenzio"
Prima prova giovanile di Goliarda Sapienza, 'Ancestrale' è una raccolta di poesie bruciate dal pudore dell'autrice, che si riteneva inadatta, di certo impreparata a reggere il confronto con l'ambiente di artisti e pensatori che frequentavano la casa di famiglia.
Anima a lungo silente al cospetto dell'entourage intellettuale che la circondò negli anni in cui recitò a teatro e al cinema, le poesie della Sapienza -che i lettori hanno conosciuto grazie allo straordinario romanzo pubblicato postumo L'arte della gioia- gravano di una drammatica pietas e di una dolente partecipazione emozionale che caricano ogni parola di un vissuto che 'significa' qualcosa.
La raccolta è corredata da una prefazione e da una postfazione che raccontano tutto e più di tutto ma lasciano intatto l'approcciarsi alla poesia che crediamo possa dire sempre qualcosa di nuovo ad ogni lettore.
Eros e thanatos, il dolore per la morte della madre che non ha altro spazio di esistere se non nelle parole necessarie a stordirsi, annullarsi, annientarsi, il congiurgersi con la terra/madre che tutto può, tutto sa, utto comprende.
Liriche potenti, tragiche, intensi, che lacerano il corpo e l'anima come ferite sempre vive.

domenica 2 giugno 2013

"La figlia dei ricordi" di Sarah McCoy

"Il passato è buio e pesante. Se glielo permettiamo, ci soffoca l'anima. Devi far pace col passato e andare avanti".
Reba è una giornalista. La panetteria Elsie's Backerei sembra il posto ideale per raccogliere informazioni sulle tradizioni natalizie tedesche. Pochi giorni alla consegna dell'articolo e molte idee confuse. Così pure la sua vita privata. L'ombra di un disagio familiare irrisolto e l'incapacità ad accettarsi e riconoscere l'amore dell'uomo che ha accanto. Reba non lo sa ma nella panetteria di Elsie troverà la forza per confrontarsi con le sue paure e una storia vera, emozionate. Una storia di coraggio, amore, sacrificio. Quella di una ragazza nella Germania nazista decisa a rischiare la sua vita e quella dei suoi cari per dare rifugio ad un bambino ebreo. Una ragazza provata dalle responsabilità e dagli orrori della guerra, sopravvissuta e desiderosa di riscatto e vita altrove. Una donna di forte umanità, ripagata dall'amore dei propri cari, degli amici, dei tanti clienti a cui dispensa buon cibo, sorrisi e parole gentili e di un grazie speciale giunto in ritardo da chi un giorno lontano ha strappato all'orrore dei campi di sterminio.
"Il destino non è generoso con nessuno, quanto a persone da amare".
Buon odore di dolci e pane caldo per ritemprare corpo e cuore si respirano per tutto il romanzo, e qualche frase ad effetto ma la scrittura della McCoy non ispira più di tanto. Solito doppio piano narrativo temporale, solite due protagoniste, Reba e Elsie, soliti temi comuni: l'inadeguatezza di giovani donne nel contesto familiare, esasperato nel caso di Elsie dalla guerra in corso e da un popolo inconsapevolmente complice di un capo folle (ma la disanima finisce qui, la McCoy non è uno storico e il lettore curioso dovrebbe se mai leggersi 'I volonterosi carnefici di Hitler' di Daniel Goldhagen per capirci qualcosa); e in Reba da un padre malato e violento, sopravvissuto al Vietnam, e morto suicida. 
Nonostante l'interessante contesto storico, necessario a fare della giovanissima Elsie una eroina contemporanea, va detto che la narrazione della McCoy  è poco originale tanto per contenuto che per forma; che alcuni personaggi compaiono come schegge impazzite prodotti di un sistema criminale e poco più, che il rispetto delle regole e la contravvenzione delle stesse -vedi Elsie al cospetto dei nazisti e dei valori riconosciuti dalla sua stessa famiglia e il poliziotto di frontiera Riki alfine renitente a denunciare gli illegali- ritornano più volte meritevoli però di maggiore attenzione.
La figlia dei ricordi è una bella storia ma sa di prodotto confezionato, nulla ha dei dolci fatti ad arte e con amore da una cuoca come Elsie, le cui ricette va da sé, come si chiede ad ogni buon libro di oggi, il lettore trova in appendice. Dolci che, per inciso, ingrassano solo ad imnaginarseli!