sabato 23 marzo 2013

"I tredici fiori della guerra" di Geling Yan

E' l'inverno del 1937 quando i giapponesi invadono Nanchino.
Le allieve del collegio di Santa Maria Maddalena, uno sparuto gruppo di adolescenti di buona famiglia, sono in attesa da ore sulla banchina del vaporetto che dovrà portarle a Pukou e da lì poi ricongiungerle alle famiglie. Inutilmente. Dei soldati feriti occupano lo spazio destinato a loro relegandole in una città di lì a breve devastata dalle truppe nemiche.
Dovranno tornare in collegio sotto la protezione del vecchio padre Engelmann e del giovane scontroso padre Fabio, le loro voci angeliche dovranno tacere e farsi presenze silenziose della fredda soffitta, schermaglie di ragazzine mischiate ad ansie, piccoli drammi, rabbia per la sensazione di sentirsi abbandonate come per la ribelle Shujuan, stomaco vuoto mentre fuori la neve cela agli occhi i corpi trucidati di soldati e inermi civili, fino a che altre donne busserrano alla porta della chiesa, chiedendo asilo.
Sono prostitute, anche loro poco più che bambine ma indossano abiti di seta, dai colori sgargianti, sono ardite nel linguaggio, hanno occhi che sfidano, paiono risolute a non lasciarsi cacciare. Abiteranno lo scantinato personalizzandolo con i loro colori e i lori umori di donne. E faranno spazio a un gruppo di soldati feriti che i religiosi non avranno possibilità di tenere fuori esponendo le loro vite e quelle delle giovinette al pericolo peggiore: finire nelle mani dei giapponesi, ovvero la morte immediata per i soldati e la violenza per le donne.
Sospesi in un tempo dilatato, provati dalla forzata coabitazione, dalla fame, dal freddo, dal terrore costante di essere scoperti, nel collegio ci sarà anche tempo per condividere emozioni, riandare al tempo dell'infanzia, spiegare i percorsi diversi di vita, perdonare, perdonarsi, donare, donarsi. E quando il nemico busserà alla porta e reclamerà le fanciulle del coro saranno Yumo e le altre giovani prostitute ad andare. "..con una buona azione in questa vita forse nella prossima avrete un karma migliore".
"La porta si aprì per fare uscire un gruppetto di ragazze con addosso larghe tuniche da coro. Procedevano a capo chino, come adolescenti pudiche intente a nascondere i seni ancora acerbi. Ognuna teneva sotto il braccio un libretto degli inni".
Shujuan e le altre allieve del collegio sopravviveranno agli orrori della guerra, nel cuore il dono di una seconda possibilità e l'insegnamento che non vi è vita sprecata, inadeguata, inferiore; che l'amore e la generosità è anche negli occhi di chi ignoriamo perchè giudicato inferiore, perché "il fiore più bello, a volte, si nasconde dove meno te lo aspetti".

"Eredità" di Lilli Gruber

"Dovete sapere da dove venite, per poter andare lontano"
Capita, a volte, che un racconto privato, di famiglia, si tinga di universale riuscendo a descrivere con fascinazione, interesse, attesa un luogo, un tempo.
E' il caso di Eredità della giornalista Lilli Gruber. 
Il luogo è il Sudtirolo.
Il tempo, gli anni dalla caduta dell'impero austro-ungarico al volgere del secondo conflitto mondiale.
Di mezzo il dramma di gente di montagna prima strappate alla patria natia, l'Austria, poi forzatamente italianizzati infine lacerati dall'opzione voluta da Mussolini e Hitler: scegliere se partire o restare. 
Dirsi tedeschi e ricominciare nel Reich o farsi italiani e rimanere rinunciando a qualsiasi tutela per la propria minoranza.
"Si tratta di una proposta mostruosa. Restare e rinunciare alla propria cultura, abbracciando proprio quell'Italia contro cui da anni si combatte? Oppure andarsene e separarsi dalla propria terra e da tutti i propri averi, per affrontare un destino sconosicuto in una nuova patria? Rinunciare al passato, o ipotecare il futuro?"
A raccontare errori, orrori della storia ma anche gioie e un vissuto semplice, di fatica e lavoro, come di ideali, passioni, speranze straordinarie Rosa Tiegenthaler, bisnonna della Gruber.
E' il suo diario a parlare di lei, della sua grande famiglia, della sua Heimat (patria): un marito amatissimo, figlie e figli, indomiti, coraggiosi, laboriosi; su tutti la giovane Hella descritta dalle cronache del tempo come un'eroina finita al confino in Basilicata per la sua attività clandestina in favore di un Sudtirolo libero, lei fervente seguace di Hitler così diversa dalla più dolce e saggia Elsa, nonna della Gruber, che sceglierà di restare in Italia e vegliare Rosa sul letto di morte.
Lei che aveva visto da ragazzina disgregarsi tutto il suo mondo e faticosamenente costruirne un'altro non aveva retto all'orrore della sua terra divisa, delle notizie inquietanti degli amici ebrei perseguitati, dell'assoluta ottusità di quanti, troppi, non avevano saputo riconoscere in Hitler e in Mussolini, semplicemente il male.
"Rosa ha già visto una guerra e ha provato sulla propria pelle quanto in fretta possano cambiare le cose".
Storia, biografia, attualità poco conosciuta, in una scrittura dal taglio di ricerca e dal ritmo serrato di una cronaca. Una narrazione intensa che dal cuore di Pinzon arriva a noi con lo struggente realismo di un segreto di famiglia: "Rosa ha chiuso gli occhi pensando che i suoi sogni fossero morti, ma in realtà erano solo sospesi. i suoi sogni vivono ancora, e la storia non è finita".

venerdì 15 marzo 2013

"Morte a Pemberley" di P.D. James

"Avanzarono lentamente tutti e tre, come comune accordo, reggendo alte le lanterne. Il loro vivido fascio di luce, più intenso del delicato fulgore lunare, accentuava il colore rosso vivo della giubba di un ufficiale, la faccia orrendamente imbrattata di sangue e gli occhi stralunati, rivolti verso di loro"
Fervono i preparativi a Pemberley per il ballo in onore di Lady Anne. Sembra lontano il tempo in cui Elizabeth Bennet e Fitwilliam Darcy erano i giovani protagonisti di una tenzone d'amore senza pari, vittime di orgoglio e pregiudizio, e invece non sono trascorsi che pochi anni: felici, felicissimi. La gioia di due figli, un'intera comunità che partecipa alla vita dei signori di Pemberley, una splendida tenuta, l'affetto di amici e parenti, su tutti Georgiana, Jane e suo marito Charles Bingley.
Eppure qualcosa turba la quiete di Pemberley proprio alla vigilia del ballo: è una notte buia e tempestosa di ottobre quando una donna in preda al panico irrompe in casa. E' Lydia Wickham, sorella minore di Elizabeth e Jane. Ospite inattesa dacché né lei né suo marito erano mai stati ricevuti a Pemberly. Ancora sconvolta la donna riesce a raccontare quel che è appena accaduto. Il marito e il capitano Danny, suo amico, si erano allontanati nel bosco in seguito a una discussione, senza più farvi ritorno.
Cosa fosse accaduto era ignoto, ma i colpi da sparo uditi anche dal cocchiere non lasciavano presagire nulla di buono. Sarà  una spedizione di soccorso approntata da Darcy a scoprirlo.
Wickham stravolto in mezzo a una radura nel bosco, volto e mani insanguinate, con il corpo senza vita di Danny tra le braccia, ne piange la morte: "E' morto! Oddio, Danny è morto! Era il mio amico, il mio unico amico, e io l'ho ucciso! L'ho ucciso! E' colpa mia!
Quale segreto nasconde il bosco di Pemberley? Possibile che Wickham abbia davvero ammazzato il suo migliore amico? Per cosa poi? Denaro, vendetta, onore?
Neppure Darcy riesce a credere Wickham un assassino a dispetto del passato di dolore e tradimento che avevano condiviso: "..non sarebbe mai stato in grado di scacciarlo dal suo cervello".
Dichiarato colpevole, prossimo alla forca, un tragico evento e un'isperata confessione sembrano sul punto di salvare Wickham ma potrà mai la sua coscienza dirsi quella di un innocente? E cosa è davvero accaduto in quel di Pemberley? Quali occhi hanno visto la morte in faccia?
 "Abbiamo aspettato il vostro ritorno per ascoltare quel completo resoconto che abbiamo il diritto di sapere".

Romanzo corposo quello della James che apre con un 'dove eravamo' necessario a presentare Pemberley e i suoi personaggi a quanti, pochissimi, non conoscevano il romanzo della Austen. Simile la chiusa finale con uno stucchevole sguardo a quel che di li a breve sarà. Convenzionale e stantio.
La James grava di ombre Pemberley e i suoi abitanti e fin qui bene per la narrazione, così pure tiene fede ad ambientazioni e storicismi, motiva con attendibilità l'agire di Wickham e dei suoi sodali ma spegne la vivacità, l'intelligenza di Elizabeth Bennet, indiscussa eroina austiana, relegandola ad un ruolo marginale riscattata solo da un'intuizione investigativa e fa lo stesso con Darcy, tormentato sul passato e sulle sue responsabilità: "Non poteva pentirsi del suo matrimonio. Sarebbe stato come pentirsi di essere nato. Gli aveva portato una felicità mai creduta possibile. Ma si era sposato sfidando ognuno dei principi che, fin dall'infanzia, avevano governato la sua vita, ogni convincimento di quel che era dovuto alla memoria dei suoi genitori, a Pemberley e alle responsabilità della sua classe e della sua ricchezza". La James ripiega così sul personaggio dell'intraprendente avvocato Alveston e sulla trasfigurazione del colonnello Fitzwilliam cupo, interessato, indisponente, di certo machiavellico. A tratti inutilmente intricata persino la struttura della trama -si pensi al ruolo di Mrs Younge- benché non sia così difficile sospettare l'identità dell'assassino. La James finisce per risultare pedante ma basta ritrovare la calda atmosfera di Pemberley per perdonarle qualche incertezza.

domenica 10 marzo 2013

"La rivoluzione della luna" di Andrea Camilleri

Come fu e come non fu... che nel 1677 una donna divenne Viceré di Spagna e governò la Sicilia. Si chiamava Eleonora di Mora e acquisì il titolo alla morte del marito, don Angel de Guzman, marchese di Castel Roderigo, che così lascio scritto nel testamento.
In un tempo e in un luogo in cui la corruzione, l'abuso di potere sono così diffusi da assurgere a norma gli uomini del Sacro Regio Consiglio giungono ad approvare delibere e così conseguire favori e benefici consci che a presenziare la seduta vi è ormai da ore un morto. Fingeranno dolore per la grave perdita e al tempo stesso mediteranno i guadagni della successione, ignorando che la mano del destino di li a breve rivoluzionerà tutto.
"La picciotta che lo stava a taliare aspittanno che parlasse era nìvura di capilli, àvuta, slanciata, aliganti, vistuta alla spagnola. Il meglio pittori che c’era supra alla facci della terra non avrebbi mai saputo pittarla com’era". Eleonora di Mora, vedova del Vicerè, al cospetto degli uomini del Consiglio chiede di parlare per reclamare quel che di diritto le spetta: il governo del regno.
Ha dell'incredibile. Una donna al potere. E non una qualsiasi. Una donna di fascino e straordinaria intelligenza, decisa a non farsi intimorire dai lestofanti che si dicono al suo servizio e di cui si libererà smascherandone i traffici.
Invisa ai notabili, amata dal popolo al cui bene pensò riformando le maestranze, calmierando il prezzo del pane, aiutando concretamente le famiglie numerose, creando istituzioni atte a prendersi cura delle giovinette orfane e delle donne in difficoltà. La missione di Eleonora consisteva nel ridare dignità alle persone, avere riscontro di un miglioramento delle condizioni di vita dei più bisognosi, aver certezza che fosse comune l'opinione che più alcuno avrebbe tiranneggiato ignorando la legge.
Il popolo prese quasi a venerarla, i potenti di un tempo ad odiarla al punto da ordire come fece Turro Mendoza, arcivescovo di Palermo e capo della Chiesa siciliana, oscuri complotti per screditarla, additarla di stregoneria. Fu invece Eleonora a mandarlo in carcere, riuscendo a provare la sua responsabilità in atti di violenza su due bambini del coro della cattedrale. 
Con Eleonora al governo nel Sacro Consiglio Regio siedono uomini di proba onestà, il Capitano di giustizia ha riportato l'ordine in quel di Sicilia, nelle casse del tesoro sono rientrati i soldi sottratti illecitamente: "voi non vi siete vendicata. Voi avete solamente fatto giustizia. Tutti i consiglieri erano corrotti, voi li avete fatti punire per la loro corruzione. L'offesa arrecata al vivere non è stata che una conseguenza del loro agire e pensare profondamente corrotto. Voi non siete una donna che si vendica, non è nella vostra natura, nella vostra natura c'è solo giustizia".
Eppure, sebbene ci sia ancora tanto da fare, il tempo di Eleonora è finito, è durato poco meno dì un ciclo lunare. Ma è stato incisivo e destabilizzante come una rivoluzione. Il Re di Spagna  è costretto a destituire Eleonora perché in quanto donna non può essere il Legato nato, del Papa, ma riconoscendo il suo encomiabile lavoro lasciò che le leggi e le decisioni da lei assunte non decadessero.
Come fu e come non fu.. che Eleonora tornò in Spagna lasciando un popolo in lacrime, grato della sua lotta contro la deriva dispotica del potere, esempio di riformatrice attenta alle esigenze concrete della gente.
 
Storia armonizzata da una narrazione che riluce di bellezza, e parla di un tempo in cui si ripete incessante l'eterna lotta tra bene e male. Un romanzo che impasta storia a finzione e si dimostra attuale. Tanto forte il ruolo di Eleonora come personaggio simbolo quanto stilisticamente convincente il fluire di lingue e dialetti che rendono le atmosfere cariche di pathos e realismo.

giovedì 7 marzo 2013

"Milioni di milioni" di Marco Malvaldi

Montesodi Marittimo ovvero "un paese che sarebbe sperso fra i lupi se non li avessero fatti fuori tutti a fucilate" vanta un primato, essere il paese più forte d'europa.
A trovarne ragione un genetista e una filologa, Piergiorgio Pazzi e Margherita Castelli, tra test medici e ricerche d'archivio e qualche inattesa protesta: "e chi le ha dato il permesso di esaminare questa gente? Ha idea dei casini che potrebbe combinare?".
A parlare l'anziana Annamaria Zerbi Palla, rinvenuta cadavere proprio dallo stesso dott. Pazzi alcuni giorni dopo. Morte spontanea in apparenza se non fosse per alcuni segni inoppugnabili che rimandano al soffocamento di cui il medico si dice certo. Ospite della donna, il Pazzi finirà per essere il primo sospettato dell'omicidio complice una nevicata che ha isolato il paese, restringendo così il campo degli indiziati a una decina di persone: il sindaco e sua moglie, i due parroci,  il medico, il maresciallo dei carabinieri e pochi altri.
"L'assassino era ancora in paese. E, con tutta probabilità, era uno del paese". Ma chi?
Chi poteva avercela con la vecchia maestra del paese? Che sapesse qualcosa che doveva restar taciuto? L'ennesima lite col figlio da diseredare? Uno scandalo deplorevole da denunciare? O il gesto incoerente di qualcuno inquieto per la vita di paese?
Inaspettati detective alla ricerca della verità i due giovani ricercatori finiranno per ritrovarsi complici perché "se la scienza trova la verità .. la letteratura aiuta a sopportarla".
Un preziosissimo e divertente racconto giallo tutto costruito su logica e deduzione calata in un contesto ambientale che ispira simpatia e racconta della provincia italiana con realismo: profumata di odori di cucine, tradizioni, sberleffi e risate. Una narrazione accattivante che trascina il lettore pagina dopo pagina con maestria e leggerezza, non mancando l'osservazione dei caratteri umani: "Lei ha un vizio da cittadino. Dice sempre la gente. (...) Sa cosa diceva un mio amico di Livorno? La gente, son persone. Ecco, accetti un consiglio da politico: smetta di dire la gente. Dica le persone. Può sembrare una questione dialettica, ma non lo è, mi creda. La gente è stupida, le persone ragionano. La gente è indifferente, le persone ti aiutano. Oppure ti affogano, ma comunque interagiscono. Finché uno riesce a pensare agli altri come persone, a vederle come persone, riesce a non rimanere indifferente"; e la piacevole sottesa tenzone d'amore tra il Pazzi e la Castelli, ragione e sentimento verrebbe da dire: "Capita spesso che, nei rapporti tra maschi e femmine, quello che il postulante XY intende come un complimento venga recepito dalla controparte XX come un vero e proprio insulto. Dite a una donna una frase di sincera ammirazione ("Ti stanno bene oggi i capelli") e lei immediatamente darà alle vostre parole un significato sottinteso ("Fino a ieri sembravi un covone") al quale voi non avete minimamente pensato. Tale assegnazione dei propri timori alle intenzioni altrui da parte della femmina in questione, lo dico alle pulzelle per amor di informazione, è solitamente scorretta, in quanto quando un uomo vi fa un complimento di intenzioni in mente ne ha una sola, è non è sfottervi: casomai, tutto il contrario. Ciò non di meno, questa funzione di completamento automatico della frase è uno dei grandi problemi che affliggono la reciproca comprensione fra uomini e donne, e si ripropone con periodicità avvilente". 
In poche parole: milioni e milioni di buone ragioni per leggere Malvaldi. 

domenica 3 marzo 2013

"L'assassinio di Rue Saint-Roch" di Alexandre Dumas

1832. Rue Saint-roch. Da un'abitazione al quarto piano giungono grida disperate. Vi abitano madame L'Espanaye e sua figlia Camille. I vicini accorrono ma bisogna attendere un gendarme per forzare il portone del fabbricato. Improvviso il silenzio. Quello che si presenta ai soccorritori è uno scenario di assoluta brutalità. Disordine estremo come fosse passata una furia.  Il corpo della giovane schiacciato su pel camino. Un fantoccio. Quello della madre sul selciato del cortile. Il capo quasi staccato. Porte sprangate dall'interno. Finestre chiuse. Alcuna fuga possibile. 
In apparenza insoluto, dell'atroce misfatto viene accusato il fattorino del banco incaricato di scortare a casa le donne con un ingente somma di denaro. Che sia davvero lui il colpevole?
No, vi è qualcuno che ritiene l'uomo una vittima innocente. 
Si chiama Edgar Allan Poe, un giovane americano da qualche giorno ospite dell'illustre romanziere Alexandre Dumas. Spinto a cercar la verità Poe verrà a capo dell'insolito mistero.
Vi pare di aver già sentito questa storia? Sapete già chi è l'assassino e come ha fatto ad entrare e uscire dall'appartamento senza lasciar traccia di sé?
Allora avrete letto I delitti della Rue Morgue di Edgar Allan Poe.
E qui si apre il mistero nel mistero.
Appare evidente che le due storie siano in tutto o quasi simili. Entrambi gli autori sono stati ispirati dallo stesso fatto di cronaca? O l'uno ha copiato l'altro? E chi? Ed è poi vero quel che Dumas scrive? Di aver ospitato o conosciuto Poe in quel di Parigi nel 1832? E se è davvero così perchè gli studiosi di Poe tacciono di un suo presunto viaggio in Europa?
Lo scritto è stato ritrovato nell'archivio di una biblioteca napoletana dal giornalista Ugo Cundari, prezioso reperto dacché del racconto di Dumas si conoscono solo poche altre copie originali. Pubblicato sul giornale italiano 'L'Indipendente' di cui lo stesso autore fu direttore dal 1860 al 1864 L'assassinio di Rue Saint-Roch può dirsi, come peraltro il suo gemello americano, il giallo per eccellenza. Fidando nell'appassionata ricerca del Cundari resta ora agli esperti spiegare le tante coincidenze che accomunano la scrittura dei due grandi autori: citazioni, riferimenti, nomi, ambientazioni comuni; al lettore il piacere di una tenzone letteraria che "ribalta una verità comunemente accettata secondo la quale è la realtà a creare la letteratura, mentre stavolta dimostra che è la letteratura a creare la realtà, a rinviare ad essa, con una potenza inaudita".

sabato 2 marzo 2013

"Un perfetto sconosciuto" di Lesley Lokko


"Niente è più affascinante della vita degli altri".
Lo pensano Abby, Meaghan, Edie. Sono mogli di soldati. Nelle basi militari si finisce per conoscere tutti. Ci si frequenta, si esce insieme, si cerca di rendere normale quello che normale non è. Abitare in piccoli appartamenti anonimi, sloggiare a distanza di pochi mesi, ricominicare sempre in città, nazioni diverse, costruire una nuova rete di amicizie, sostenersi. Un microcosmo dove evitarsi è impossibile.
Così Abby e Ralph. Meaghan e Tom. Edie e Nick.
Professionale Ralph, generoso Tom, risoluto Nick.
Abby, Meaghan, Edie.. diversissime tra loro. Ognuna a suo modo forte e fragile.
Fino a che qualcosa scompagina vite in apparenza perfette. 
"Diciassette colpi alla testa.. le hanno spaccato la faccia.. mentre la picchiavano aveva le mani legate dietro la schiena.." Un corpo, un nome, una vita spezzata: Magda. L'orrore più grande: nessuno avrebbe saputo il nome del suo assassino. Il sospetto che si trattasse di un militare mai avvalorato da prove. 
Eppure.. eppure.."varcando il cancello del cimitero passò davanti a un uomo che era rimasto in disparte, dopo un attimo lo riconobbe".
Negli anni, nuove partenze, figli, famiglie in giro per il  mondo, il divorzio tra Edie e Nick, l'amicizia tra Abby e Meaghan e ancora le esperienze forti, alienanti di uomini in guerra contro altri uomini. Per le donne che vivono loro accanto il compito difficile di interpretare i silenzi, comprendere nervosismi, accettare le assenze non solo fisiche e abbracciare corpi confinati spesso in mondi in cui non è previsto perdono per quel che si è fatto.
Poi tutto sembra ricominciare, ancora, ancora, ancora.. ma sembra la storia di qualcun'altro e forse lo è.
 "..gli occhi grigioazzurri che le sorridevano.."
Marrakech. Per le stradine affollate del centro, una giovane donna bionda si mescola ai turisti. Si chiama Sam, è un avvocato di successo, e cerca di godersi la sua prima vacanza da anni. Un ladro cerca di sfilarle la borsa ma un uomo alle sue spalle interviene per impedire il furto. E' seducente, enigmatico, protettivo, deciso. Nick è un militare inglese. Anche per lui quelli a Marrakech sono giorni di riposo preludio all'ennesima missione in zone di guerra. L'attrazione tra i due è palese e benché Sam abbia smesso di credere nell'amore e diffidi del suo fascino si abbandona tra le braccia di Nick decisa a vivere la sua personale favola.
Ma.. "Nick Beasdale aveva qualcosa da nascondere".

Siamo davvero certi di conoscere la persona che ci è accanto? A cui decidiamo di riservare il nostro amore. E ancora.. cosa arriviamo ad accettare per sentirci amati? Perchè non vediamo quello che sembra palese ad amici e parenti che ci conoscono da sempre? Abbiamo davvero bisogno di chi non 'sa amare' se non se stesso? Possibile che non riusciamo a scorgere il pericolo che ci è accanto?
"A mano a mano che le settimane passavano si trovava sempre più immersa nella favola che aveva creato. Allo stesso tempo, dietro di lei cresceva la paura che il minimo passo falso potesse distruggere il suo sogno. Era sbagliato: lo sapeva perfettamente. Una parte del suo cervello, quella che fino a pochi mesi prima l'aveva guidata in tutte le sue decisioni, riconosceva l'idiozia di quei pensieri. Ma l'altra parte - quella che rispondeva con un brivido a ogni gesto di Nick, per quanto piccolo e  insignificante - era terrorizzata di perdere il poco affetto che lui le dava".
Fino alla rivelazione che forse il nostro partner è davvero un perfetto sconosciuto, di più.. un mostro da cui fuggire in tempo.

Un libro a tratti inquietante, che descrive con realismo atmosfere, tempi e abitudini delle famiglie dei militari stranieri in servizio nelle aree di conflitto; un mondo a volte estremamente rigido e asfissiante, incline al giudizio e al pregiudizio. Una tematica che si presta per raccontare degli amori malati e della violenza sulle donne. L'autrice però sfalsa l'azione temporale lungo circa vent'anni, lasciando che siano più personaggi a raccontare, a leggere la realtà, incastrando in un articolato puzzle volti e voci destinate a ruoli via via marginali. Così la storia di Dani fa da filo conduttore nel corso degli anni, oggetto e soggetto dell'irrazionale passione di Nick, fiore gentile in un campo bagnato di sangue e violenza.