martedì 31 dicembre 2013

"Storia degli spettri" di Massimo Scotti

"Il fantasma è la perdita. La figura fantasmatica rappresenta ciò che è stato perduto, ne costituisce l'evidenza, l'immagine persistente al di là dell'avvenuta sottrazione. Si propone agli occhi dei viventi con parziale consistenza, trovando posto nel loro sguardo come visione più o meno corporea ma sempre come qualcosa a cui un corpo è stato sottratto, qualcosa che lo ha perduto. Dunque, il fantasma coincide con il ricordo di tale perdita, di ciò che non è più, di un oggetto, un organismo, un essere che è venuto a mancare"
Proprio come una ghost story, Massimo Scotti propone una storia degli spettri con il piglio accademico e il fascino del narratore. Un excursus nella storia, dagli egizi ad oggi, che spiega l'evolversi e il differenziarsi del rapporto vita/morte e pertanto l'affacciarsi delle figure spettrali nel tempo. Tra religione e scienza, mistero e realtà, un bisogno assoluto di ritrovare chi si è perduto che ha ispirato ricercatori quanto vili ciarlatani, ferventi credenti nel dialogo con i morti e ispirati commercianti di esperienze extracorporali. Fantasmi, case infestate, medium e una serie infinita di eventi inspiegabili o almeno inspiegabili in apparenza, spesso solo frutto della necessità di credere. Soggetto principe di tanta letteratura, la storia degli spettri incanta da sempre e un po' inquieta, del resto come era solita rispondere Madame Du Deffande:
"Lei crede nei fantasmi?" 
"No, ma ne ho paura".
Un incredibile saggio, un lavoro davvero interessante con attente note bibliografiche e una preziosa bibliografia, quanto di meglio per incuriosirsi sulla materia.

sabato 28 dicembre 2013

"L'amore paziente" di Anne Tyler

"Ecco alcune delle cose che terrorizzavano Jeremy Pauling: usare il telefono, andare alla porta quando sentiva il campanello, aprire la porta, uscire di casa, fare acquisti. E anche indossare abiti nuovi, trovarsi in spazi aperti, incontrare lo sguardo di un estraneo, mangiare in presenza di altri, accendere elettrodomestici".
E' così da sempre Jeremy. Bambino coccolato, oggetto/soggetto fragilissimo per una madre che aveva smesso di occuparsi di marito, figlie, casa, per dedicarsi unicamente all'adorato figlio maschio, esaltando le sue diversità come unicità. Poi adulto orfano aveva semplicemente lasciato che le cose continuassero a capitare. Così condividere la grande casa con gente che prendeva camere in affitto, volti spesso nuovi, comparse al margine della sua vita di artista silenzioso e strambo chiuso nella soffitta a costruire le sue opere, fino a che era comparsa la giovane Mary con la piccola Darcy. Avevano occupato quella che era stata la stanza della madre riempiendo un vuoto nel suo cuore. Paziente e insolente uno strano sentimento aveva scombussolato il diversamente abile di affetti Jeremy. Ma Mary non è una donna libera, in fuga da un marito che non ama più e da un'amante che l'ha solo illusa, in cerca di se stessa e di una realizzazione come donna e madre, finisce per chiedersi se sia giusto o meno lasciarsi amare da Jeremy, fingere di essere sua moglie. Basterà guardarlo, stringere tra le mani i fiori colti per lei nel giardino, sfiorarne il corpo sconvolto da brividi, cogliere tutta la difficoltà del suo parlare per restargli accanto e accettarne negli anni la gioia di tanti figli.
"Le persone tristi sono le sole autentiche. Possono dirti la verità sulle cose, sanno da sempre che non ci si può fidare di nessuno e che nessun cambiamento nella tua vita, per quanto grande, alla fine ti impedirà di essere quella che eri all'inizio"
Ma ci si può anche risvegliare un giorno e convincersi di non essere stati amati davvero, di non valere il prezzo di un sacrificio: spingersi oltre l'isolato di casa per sposarsi davvero, ora che si può. Così Mary. "Non so cosa richieda più coraggio: sopravvivere a una prova di sopportazione che dura tutta la vita, perché una volta hai fatto una promessa, o scappare sconvolgendo tutto il tuo mondo".
O credere per Jeremy che dietro quella richiesta vi sia chissà quale insondabile nuova minaccia di cambiamento. E finire per perdersi davvero, lasciare che l'amore paziente e vigile che aveva messo insieme pezzi spaiati, si perda in ripicche, attese, fraintendimenti, orgogliose rivalse, smarrendo il senso profondo delle cose, tutta la straordinarietà di un amore che nel quotidiano può essere sostegno, salvezza, occasione.
"Un fatto triste di questo mondo è che le cose che costano più fatica in genere sono quelle che gli altri non verranno mai a sapere".

Un romanzo a più voci -a parlare sono i protagonisti come gli affittuari della pensione- che racconta l'insondabile voracità dei sentimenti. L'amore abita le stanze della casa di Jeremy come abita il suo cuore. Presenza e assenza, forza e debolezza, mondo esterno e interno. Un dispiegarsi di fare e disfare, di passi e piccoli gesti, di sorrisi e accomodamenti, intralci e ossessioni che rischieranno di travolgere Jeremy, schiacciato dalle responsabilità della concretezza di una famiglia.
Lui attore non più spettatore, incapace di reggere a lungo la scena. 
Una narrazione quella della Tyler capace di accendere la speranza nell'amore e rivelarne anche le amare disillusioni.

giovedì 26 dicembre 2013

"Splendore" di Margaret Mazzantini

"Lui dov'è?"
"Forse non mi ha mai amato"
"Ma tu hai amato lui... può bastare credimi"
E invece no, non basta mai. Amare senza essere riamati è condanna, mai salvezza. Amare, senza sapere perché, avendo il mondo contro è infelicità, tormento.
Lo sa, lo sospetta si da subito Guido. Figlio di genitori borghesi assenti persino a se stessi. Un grande condominio nel centro di Roma, stanze riempite di presenze altre per garantire normalità ad un bambino a tratti in affanno con la vita, forse è solo il naturale crescere, la scoperta di bisogni nuovi, la fragilità dell'adolescenza, il confronto con gli altri, con quel mondo di adulti che intorno a lui sembrano indifferenti, pezzi spaiati, anime sbeccate.
Allora la normalità viene dal basso, dal puzzo di umido e cavoli del sottoscala dove abita la famiglia del portiere: umori, odori e lui Costantino, suo coetaneo, equilibrato ma già avido di vita, di esperienza e riscatto. Si osservano i due, rispettoso Costantino, indisponente Guido. Prossimi eppure lontanissimi, due cani che si annusano un attimo prima dell'azzuffatina. Compagni di classe e di prime esperienza di vita contro ogni previsione come in una stanza d'albergo in gita in Grecia dove si scoprono reduci di una notte di bagordi che segna un confine: un prima e un dopo, preludio di un cambiamento di testa e forse di cuore.
Sarà così, capiterà di lì a breve il deflagrare di una passione inattesa, espressione di un amore che non si può dire, non per Costantino ai suoi genitori, non nella Roma di fine anni '70 ancora incapace di emanciparsi dall'ombra lunga della chiesa. E allora bisognerà rinunciare: cedere alle convenzioni, alle aspettative per Costantino, viaggiare per Guido, a Londra e così "tentare sempre una via di fuga dal carcere delle idee precostituite", ma non basteranno sregolatezze, nuovi amici e tentativi più o meno consapevoli di autodistruzione per dimenticare eppure sarà l'amore di una donna a salvarlo, la dolcezza di un corpo caldo accanto a cui dormire, la sua bella bambina a cui fare da padre, lo studio, il lavoro come docente di storia dell'arte e la stima dei suoi allievi e ancora, le potenzialità di affetti semplici e piccole certezze: rincasare in una casa accogliente, le cene tra amici, i sorrisi al mattino. A distanza di anni saprà che a dispetto di tutte le buone intenzioni il falso benessere è solo un modo altro per ingannarsi, convincersi di poter rinunciare a qualcosa, con l'amarezza di sapere che "la parte migliore della vita è quella che non possiamo avere" ovvero Costantino riapparso bisognoso e furente nella sua vita. Guido è pronto a rimettere se stesso in gioco, inizia a mentire a sua moglie, sacrifica il suo lavoro e i suoi risparmi per volare ogni settimana a Roma tra le braccia di lui, che vive tutto come una colpa fino all'inquietante aggressione di cui sono vittime su una spiaggia, gogna mediatica che li espone al mondo senza più difese, incerti sul da farsi, o liberi o condannati per sempre al silenzio. Accade così, silenzio per Costantino, libertà per Guido che non deve più fingere, uomo nuovo in un mondo vecchio. Ora Guido lo sa "tutte le relazioni d'amore nascono da una mancanza, ci immoliamo a qualcuno che semplicemente sa accomodarsi in questo spazio aperto e dolorante per farne quello che vuole: farci del bene oppure distruggerci".
La distruzione la porta la verità. In un giorno come altri, dopo un viaggio in moto per tornare a casa, a Roma, da Costantino. E' lontano il tempo dell'infanzia, il tempo in cui erano due bimbetti che giocavano nel cortile. E' lontano il ricordo della tenerezza della prima intimità quando Costantino l'aveva preso tra le braccia rivelandogli il suo amore, promettendogli che nulla di male sarebbe accaduto "non guardare nel buio, guarda me, guarda questo splendore".
Ma ora il buio è il dove che non si può tenere lontano. Il buio è l'anima nera in cui l'ha sprofondato la pubblica confessione di Costantino, il dramma di un ragazzino violato, a cui nessuno aveva voluto dar credito; l'orrore che aveva segnato un'infanzia che nessuno aveva protetto, per paura, necessità, vergogna. Un orrore che aveva generato rabbia, vendetta e forse un disperato bisogno di amore, cercato lì dove sembrava prossimo, lì dove c'era la fonte del male.
Adesso Guido è solo. Il buio l'attanaglia. Il mare si fa confidente. Lo porta indietro nel tempo, alla Grecia, al sogno di due giovani di vivere una vita diversa, al male che si poteva, doveva mettere alle spalle, la felicità che sembrava schiuma di mare, un momento dopo di essere portata via, promessa e nulla più. No, l'amore di uno solo non può bastare, e lo splendore è solo l'illusione di un momento spacciato per felicità.

Un romanzo forte, torbido, irrequieto. La voce narrante del protagonista, pagina dopo pagina, come un diario intimo, attraversa gli ultimi quarant'anni della nostra storia. Una voce che intenerisce, infastidisce, instilla rancori, dubbi, sospetti. L'amore non ha regole, è unico, è ammaliante, vertiginoso, brutale, tenero, ma anche potenzialmente pericoloso se ci lasciamo vincere dalla malia di un non vissuto che reclama più di quel che è possibile dare. L'amore è diverso, a prescindere da quale sia l'oggetto amato: uomo o donna. L'autrice raggomitola le parole per spiegare quello che non necessitava d'essere spiegato: l'amore si fa e basta. Delirante il tentativo di entrare nella testa del protagonista, un inconfessabile esagerato narcisismo autorale che impasta pensieri, desideri, aggressioni umorali. Un "di più" che schiaccia la parte più autentica del romanzo: l'amore atteso, quello splendore che ammanta le promesse degli amanti, che si legge negli occhi di si sceglie, di chi ci sceglie.

martedì 24 dicembre 2013

"Il manoscritto ritrovato ad Accra" di Paulo Coelho

"Ora che sono giunto alla fine della vita, lascio a coloro che mi succederanno tutto ciò che ho appreso mentre camminavo sulla superficie della Terra. Che ne facciano buon uso".
E' il 14 luglio 1099. Di lì a poche ore la città di Gerusalemme verrà invasa dai crociati. Un uomo anziano, straniero, conosciuto come il Copto, parla alla gente della città, musulmani, ebrei, cristiani, insieme nelle ore che preludono la fine.
E' un momento e intorno all'uomo si fa silenzio. Il suo non è un incitamento alla battaglia, non è un invito a resistere. Parla, racconta, ricorda quel che ha osservato, imparato in una vita intera. Il suo è un'appassionato e sincero incitamento a farsi testimoni di vita, una vita in cui la vera saggezza sta nell'aver amato e rispettato se stessi e il prossimo, nell'aver riconosciuto le difficoltà per trarne insegnamento, nell'aver fatto della gioia un faro e della quotidianità l'occasione per cogliere il presente e non temere la morte.
Nel cuore di tutti un bagaglio di parole, parole che nel tempo tanti troppi uomini fuggiranno, dimenticheranno volutamente, parole che raccontano delle paure e delle gioie dell'uomo, che sanno di solitudine e comunione, sfidano destino e ansie, descrivono la bellezza e la purezza dell'amore che supera odi e rancori, parla di sfide e cambiamenti. Un messaggio potente perché potente è chi se ne fa interprete. 
"Coloro che fanno realmente del bene agli altri non cercano di mostrarsi utili, ma si impegnano per condurre una vita retta e interessante. Non offrono quasi mai consigli: costituiscono un esempio da imitare".
Paulo Coelho rielabora il manoscritto ritrovato dall'inglese sir Walter Wilkinson nel 1974 nei pressi di Nag Hammadi, scritto in arabo, ebraico e latino, rendendolo accessibile al lettore con una narrazione fluida e coerente che stimola riflessioni e invita a cogliere nell'individualità del nostro agire gli attimi da portare a modello per arginare la morte dell'anima. 

lunedì 23 dicembre 2013

"Una sera a Parigi" di Nicolas Barreau

"Quella che chiami felicità in realtà sono solo singoli momenti belli, quelli di cui porti il ricordo dentro di te".
E felicità è quella provata fra le braccia di Mélanie. Per Alain finalmente la donna dal cappotto rosso che ogni mercoledì sera siede alla fila diciassette del suo Cinema Paradis mentre scorrono le immagini di vecchi film d'amore ha un nome, pronunciato a lungo nel corso di una serata perfetta, preludio ad una magia che sembra completarsi quando di lì a breve il famoso regista Allan Wood e la bellissima giovane star Solène Avril gli chiedono di girare alcune scene del loro prossimo film nel suo piccolo cinema d'essai.
Magia destinata a dissolversi come polvere alla luce abbagliante dello schermo del cinema quando si fa all'improvviso buio in sala, perché Mélanie sembra scomparsa nel nulla. Mercoledì dopo mercoledì il suo posto al cinema resta vuoto ossessionando i giorni di Alain. Possibile che si sia ingannato sulla dolce Mélanie? Possibile che sia tutto frutto del suo desiderio di vivere un amore da favola? No, Alain lo sa, crede davvero ai suoi sentimenti. L'amore non può restare imprigionato sulla pellicola, riservato agli amanti dei film. L'amore può, deve essere tangibile, pur folle, romantico, passionale, definitivo. Alain sente di poter, dover far tutto per ritrovare Mélanie, ma dove, come? Seguire le sue tracce, rievocare i momenti di quella sera incantata, ricordare le sue parole, i pochi dettagli rubati sulla sua vita. Eppure la risposta, intrigante, impossibile è lì dove Mélanie è sempre stata, tra le poltrone della fila diciassette al Cinema Paradis. E' inciso sul legno: due cifre, due nomi, che raccontano di una storia persa nel tempo, un amore lontano, innocente, un tradimento insostenibile, una famiglia spezzata, sogni infranti, gelosie e poi complice un ostinato sognatore un perdono che a distanza di anni ricuce un legame spezzato, rinsalda un affetto e apre all'amore.
Alain e Mélanie. "E' vero la vita non è un film in cui due persone si incontrano, si perdono di vista e casualmente si ritrovano" ma "per qualche arcana ragione ogni tanto succede".

Gioioso romanzo costruito alla perfezione seguendo i ritmi di una commedia romantica. Barreau riesce a coinvolgere il lettore sussurrandogli una storia che vorremmo fosse la nostra ma la sua narrazione pur attenta a citazioni, rimandi, calde atmosfere non è dissimile dai romanzi d'amore da sempre tra le letture preferite delle donne di ogni generazione, solo che a scrivere è un uomo, un francese e Parigi ci aggiunge il suo. "Ci baciammo, i minuti diventarono anni e gli anni un pezzetto di eternità. Ci baciammo sotto un lampione, luna tra le lune. Ci baciammo su uno dei ponti più belli di Parigi e in quel momento fu solo nostro. Volammo via, sempre più lontano, e la città si trasformò in una stella tra le stelle". 

domenica 22 dicembre 2013

"La sorella di Mozart" di Rita Charbonnier

"E' vero, per lungo tempo ho tagliato mio fratello fuori dalla mia vita, per non parlare di mio padre; e forse non ho più voluto toccare una tastiera perché, se l'avessi fatto, avrei pensato all'uno e all'altro. Ma adesso ho capito che devo qualcosa ad entrambi. Ho capito che entrambi fanno parte della mia storia, e che non ha senso che io li rinneghi, perché rifiutare la loro memoria vorrebbe dire rifiutare me stessa
Maria Anna Walburga Ignatia Mozart per tutti Nannerl ha circa quarant'anni, è moglie e madre felice. Ma non è sempre stato così. Si è lasciata alle spalle la città, le illusioni di un matrimonio sfumato, lo sconfinato amore per la musica, la rabbia verso suo padre e si è imposta di dimenticare persino suo fratello Wolfgang Amadeus che ha oscurato il suo talento con un genio che non ha eguali.
"La musica preme dentro di me per uscire; è come l'onda d'assalto di un'ubriacatura che dalle mie viscere si spinge fino alla gola e al cervello e lo fa turbinare; è una tempesta interna che non può non trovare sfogo".
Nannerl è donna, in quanto tale le sono precluse possibilità concesse ad altri. 
E' lei la stella in famiglia, lei a dare concerti, lei l'ossessione del padre, lei l'attrazione alle corti di mezza Europa. Lei protagonista. Poi un giorno tutto finisce, o quasi. Il fratello Wolfgang, più giovane di lei di qualche anno è uno straordinario musicista, un geniale compositore. Lo è da giovanissimo, un bimbetto sornione che sorride al pubblico, determinato ad eccellere. Tanto ama la sorella nel mondo fatato che ha sognato per condividere con lei passioni e segreti, quel 'regno di dietro' di cui l'ha eletta regina, quanto è deciso a diventare il migliore, un precursore, a rubare l'ispirazione per le strade, negli occhi delle donne che ama, nella gente che incontra per farla sua e regalarla al mondo. Non può fermarsi a costo di lasciare che Nannerl si sacrifichi per consentirgli di viaggiare, di studiare, di stupire così il mondo. Sa che Nannerl compone segretamente, sa che aspira a fare della sua musica, sa che sogna di esibirsi, sa che è brava quanto lui ma non può e non vuole opporsi alle decisioni del padre che la relega al ruolo di insegnante, nel chiuso di quattro mura, tacitando così il suo cuore, costringendo la sua arte in un cassetto.
Nannerl, bizzosa all'apparenza, ostinata, continuerà a far musica, a comporre, per il tramite di una sua allieva, Victoria, indomita e decisa quanto a lei ad esibirsi, a lasciar conoscere al mondo le sue opere. Ma sarà una breve illusione, irretita dal fascino di Wolfgang la stessa Victoria diventerà una pedina nelle mani del giovane musicista e Nannerl affronterà suo fratello a muso duro salvo esserne sopraffatta "Devo liberarmi, altrimenti rischio di fare la tua fine. Povera di spirito, schiava del tuo vittimismo e dimentica del tuo talento. Il tuo Militar galante è lo specchio di quello che sei diventata. (...) Hai inteso narrare la tua vita, immagino; ma della vita tu non sai niente, perché non hai mai vissuto, e nemmeno te ne sei accorta.."
E' brutalmente vero ma Nannerl non può, non sa accettarlo, non riesce a vedere la persona che è diventata. Fugge in provincia accolta nella casa della sua paziente e lungimirante governante, lì ritroverà una persona capace di domare il suo animo, di ascoltarla, rispettoso dei suoi tempi come delle sue irrequietezze, un uomo in grado di leggerle dentro, di sfiorare la sua anima con pazienza gentile e sostenerla nelle sue decisioni, in apparenza definitive come non suonare mai più. Un uomo nobile e passionale che la inizierà all'amore, alle gioie della famiglia e che saprà attendere prima di vederla riconciliarsi con la sua famiglia, con quel fratello genio indiscusso, morto improvvisamente e malamente, e con la musica, con la musica di Wolfgang che il mondo intero merita di conoscere.
"Forse proprio questo Wolfgang ha intuito, e voluto comunicare: ognuno di noi vive nell'attesa di qualcosa, ma la realtà dei fatti è sempre diversa da ogni congettura e persino da ogni mira, nella realtà accade sempre un accidente che la mente più fantasiosa non avrebbe immaginato, e non ha senso angustiarsi per i risultati non ottenuti, così da rischiare di offuscare le vere conquiste".
Nannerl suonerà ancora e lascerà che il mondo si appropri di un genio, con l'animo sgombro di chi legge l'amore tra le note di una partitura chiamata vita.

Un romanzo di struggente realismo narrativo. Una storia che riempie il cuore, che strappa lacrime amare e restituisce credito e forza ad un personaggio accantonato forzatamente dalla storia, quello di Nannerl Mozart. Si percepiscono tutti i sogni rubati ad una donna, la sua ansia di vivere, di fare musica, negata, contenuta, quasi il suo respiro fosse mozzato, costretto come nei bustini, stretti ogni giorno un poco di più. Quel respiro mozzato sono le aspettative represse. Nannerl dovrà aspettare anni per slacciare i lacci di quel corsetto, anni per tornare a respirare, anni per capire che in fondo nella musica di Wolfgang c'è anche la sua, anni per consegnare al mondo la sua arte, anni per amare la sua vita non in 'funzione di' qualcosa ma come un dono individuale di cui fare testimonianza.
Una scrittura accesa quella dell'autrice qui al suo esordio, un'affresco del tempo rispettoso, un talento nel dare forza e carattere anche ai personaggi marginali, una partecipazione emotiva che trascende e illumina le parole.
Parole che ritroviamo nelle sue opere successive, disponibili come 'La sorella di Mozart' anche nel formato eBook.

Qui per leggere la recensione de "Le due vite di Elsa"
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domenica 15 dicembre 2013

"Quei pochi giorni preziosi" di Christopher Andersen

"E questi giorni brevi e preziosi li passerò con te".
E' un giorno di fine novembre del '63 quando a Dallas un attentato mette fine alla vita del presidente John Kennedy. Di lì a breve JFK sarebbe diventato leggenda, condiviso da una platea di uomini e donne che l'avrebbero pianto, ricordato, idolatrato. Sua moglie Jackie avrebbe desiderato restasse semplicemente un uomo. Un uomo con molte virtù e mille difetti, come tanti, come tutti.
Ma raccontare al mondo la vita privata di un mito, parlare della coppia presidenziale rischia di mandare in frantumi quella certa idea cristallizzata di famiglia perfetta, di un amore immortale.
Dalla scrittura di Andersen piuttosto fredda e formale, se pur scrupolosa nelle fonti, viene fuori una fotografia in bianco e nero di un tempo circoscritto in cui un uomo e una donna si amarono, a modo loro, sotto gli occhi di milioni di estranei. Un amore gravato dal primo istante dalla possibilità concreta di non essere mai davvero privato, intimo. Un amore tra due individualità accese, quasi egocentriche, di certo fortemente autonome e autoritarie che concessero ai rispettivi cuori di disarmarsi un attimo solo, quando si sfiorarono in un incontro che decise del loro destino.
Le rivelazioni sui problemi fisici di John, la sua ossessione per le donne -una sorta di dipendenza sessuale che avrebbe messo a dura prova qualsiasi matrimonio, il ricorso della coppia e di parte dell'entourage della Casa Bianca a cocktails di farmaci per reggere stress e malesseri, la drammatica perdita di due bambini, non scalfiscono l'allure magico della coppia presidenziale se mai lo rendono drammaticamente umano, brutalmente credibile.
Per questo la scrittura di Andersen riesce alfine a cogliere il senso di una vita e anche di una fine: "Jackie si avvicinò al corpo esanime di John (...) prese a baciarlo lentamente, deliberatamente. 'Ti amo, Jack. Ti amo' ".

sabato 7 dicembre 2013

"La cena di Natale" di Luca Bianchini

"I nostri occhi vedono anche quando li teniamo chiusi".
Saggia zia Dora. Saggia e attenta, per cogliere nella cognata Ninella la pazzia per l'unico uomo che proprio devo togliersi dalla testa. L'uomo che le ha fatto battere il cuore da ragazzina, l'uomo che si è imposta di dimenticare per più di vent'anni e che è prepotentemente rientrato nella sua vita da quando è diventato il consuocero: don Mimì. Eh sì perché il sogno d'amore negato a loro lo vivono da qualche mese i rispettivi figli: Chiara e Damiano. Sembra solo ieri il giorno del matrimonio, sfarzoso al punto da tramutarsi in farsa, quando incuranti degli sguardi di tutti si sono stretti in un appassionato ballo riaccendendo la passione sopita ed ecco che Natale è alle porte e Polignano la accoglie come una cartolina in bianco e nero con i silenziosi colori di un manto di neve tanto irreale quanto magico. Ninella e don Mimì si vedranno ancora complice la cena della vigilia e un guazzabuglio di eventi che spingerà tutti protagonisti delle due famiglie a un susseguirsi di emozioni: gioie, dolori, attese, delusioni, speranze. Così Chiara timorosa del primo pranzo di famiglia da preparare con i ricettari di Parodi e Clerici, consumata dall'idea che un bambino forse in arrivo destabilizzi la sua unione e bruci i sogni di lavoro; Damiano ancora insoddisfatto, incapace di farsi bastare l'amore di Chiara; Orlando finalmente orgoglioso del suo orientamento sessuale; Nancy alle prese con la verginità da perdere a tutti i costi e lei donna Matilde alias la First Lady, regina di carta ma non di cuori, alle prese con un menù imponente fatto col Bimby e un diamante da mostrare ad ogni costo, ed ancora la signora Labbate vicina impicciona tuttofare e l'intraprendente tuttologo Pascal truccatore delle dive!
Se è vero che "dimenticare è un esercizio doloroso" alcuna sofferenza può bastare a don Mimì e a Ninella, in versione biondo Kidman, meno sicura di sé ma decisa a vivere un pezzo di felicità accanto ad un altro uomo, il sig. Bofrost alias il tipo delle consegne dei surgelati. I migliori propositi cedono allo sfiorarsi delle mani sotto il tavolo mentre tutti fingono una cordialità inesistente cincischiando del menù scritto a mano. Ma si può davvero rinunciare ad amare? Si può, come Ninella, avere diritto a un po' di felicità o è doveroso farsi da parte, ancora, per le sue figlie, per tacitare la coscienza e reggere agli sguardi della gente. Forse. Oppure ci si può accontentare di un bacio, dato la notte di Natale, la notte in cui tutto è possibile perché in fondo "tutti i baci dati con calma assomigliano ai sogni". 

Abilissimo intercettatore delle storie che la gente vuol sentirsi raccontare, Bianchini mescola il popolare e i luoghi comuni con un mix di sdolcinatezze, trovate surreali e buoni sentimenti arruffianandosi tutti. Il plot perfetto si presta a continui nuovi episodi di una fiction grossier, verissima nelle sue eccentricità quanto nella fragilità descrittiva della famiglia moderna. Ipotizziamo già che Ninella e don Mimì e la nevrastenica donna Matilde si ritroveranno per la nascita del primo nipotino va da sé maschio, con la questione del nome da dargli e la faraonica festa di battesimo. Per allora Ninella avrà capito cosa fare? Speriamo anche Chiara.. ben più matura dell'anaffettivo viziatissimo beota di Damiano.

martedì 3 dicembre 2013

"L'avversario" di Emmanuel Carrère

“Di norma una bugia serve a nascondere una verità, magari qualcosa di vergognoso, ma reale. La sua non nascondeva nulla. Sotto il falso dottor Romand non c’era un vero Jean-Claude Romand”.
Un paese di provincia francese ai confini con la Svizzera. Una piccola comunità dove l’appartenenza è valore. Circoli ricreativi, associazionismo, attivismo in chiesa, scuole modello, ampi sorrisi su volti sereni. Benessere, armonia, solidarietà. Fino ad un giorno di gennaio del 1993, quando il paese di Prevessin implode su stesso. La casa dei Romand è in fiamme, uno ad uno vengono recuperati i corpi degli occupanti. Jean-Claude Romand, stimato medico, lotta tra la vita e la morte. Di lì a poche ore la polizia scoprirà anche i cadaveri dei genitori del Romand. Sembra un incubo, è un incubo per l’intera comunità. Ma il peggio deve ancora venire.
Romand non è chi dice di essere. Non lavora all’Oms, non si è mai laureato in medicina, da circa vent’anni semplicemente inganna se stesso e tutti quelli che ha intorno: amici, familiari, la moglie.
Nessuno ha mai sospettato nulla. Nessuno ha mai diffidato delle abilità, della gentilezza, della disponibilità di un uomo che tutti indicavano come esemplare. Ma perché Jean-Claude Romand lo ha fatto? Perché ha avuto la freddezza di uccidere i suoi cari e sfuggire al suo suicidio? Perché mentire, da sempre? Quale personalità malata, inquieta alberga in un uomo all’apparenza tranquillo quasi banale, al punto da perdersi sullo sfondo della vita degli altri? Se lo chiedono tutti quelli che l’hanno conosciuto, traumatizzati dalla morte della fiducia, se lo spiegano i medici ma instilla dubbi in chi -semplice spettatore- fatica a leggere negli occhi dell’assassino un perché? La risposta è al di là di ogni ragionevole dubbio nella mente di un uomo che ha un solo nemico: se stesso. Proprio lì, nel cuore di chi ha sofferto, subìto, che ha cercato visibilità, affetto, amore, considerazione e che ha pagato un prezzo così alto per averlo; un gioco al massacro per sfiorarlo per pochi anni, un’illusione pagata con l’anima, in apparenza redenta con la fede. Ennesimo camouflage per sfuggire all’avversario.
La testimonianza difficile, sofferta, sincera di uno scrittore al cospetto della personificazione del male, resa con un linguaggio appropriato e veritiero.

sabato 30 novembre 2013

"Una carrozza per Winchester" di Giovanna Zucca

"Quando ebbe la consapevolezza di amarlo si rese conto di poterlo fare senza gli orpelli della sua immaginazione: lui stesso bastava a far nascere un simile sentimento, non era necessario altro"
Inghilterra. Winchester. Inizio del XIX secolo. 
Jane, la fragile ed eterea signora, che il mondo conosce come 'A Lady', l'amata autrice di 'Orgoglio e pregiudizio' ed altri incantevoli romanzi, pur sostenuta dall'affetto dei cari amici Winnicott, dell'adorata sorella Cassandra e del buon fratello Henry, è affaticata da mesi, prostata nel fisico ma accesa nella mente. Così forte in lei il bisogno di scrivere la parola fine al suo ultimo romanzo da dimenticare l'assennatezza. Fino all'incontro con l'ultimo dei medici accorsi al suo capezzale, invocato da voci amiche: quel Sir Thomas Addison di cui l'intera Londra parla, un luminare che solo l'amore di una figlia ha sottratto agli obblighi delle sue ricerche per condurlo in una remota casa di campagna.
Al valente scienziato non sfuggirà la gravità del male che affligge Jane, lo stesso su cui da anni si concentrano i suoi studi condivisi con il valente Thomas Hodgkin ma nulla potrà per salvarla se non assisterla e cedere alle sue richieste: accompagnarla a Bath per vivere pochi intensi giorni di felicità. Nulla si può negare al soggetto amato. Thomas e Jane si amano, a dispetto delle convenienze, a dispetto del mondo intero. Jane "era divenuta audace proprio in virtù della sua tragica debolezza prossima alla resa". Del resto "l'amore spesso rovescia le regole ed i comportamenti condivisi. L'amore respira la libertà. Compare non chiamato, non voluto, spesso inopportunamente". E regala attimi di eternità, e illude impunemente, illude di bastare per quel che può.
Lei Jane, "non cercava l'immortalità attraverso la sua opera, ciò che bramava era l'immortalità concessale dall'amore di Thomas. E se lui avrebbe continuato a pensarla sotto un temporale, quando le stelle spaventate dal tuono si nascondono, od avrebbe visto ancora i suoi occhi nel pulviscolo che si solleva dalla scrivania quando la luce iridescente vince la resistenza dei tendaggi, allora non sarebbe morta affatto".
E Jane.. Jane Austen non è morta invano. E' con noi, parla ai cuori dei lettori, descrive perfettamente l'animo umano, a dispetto del tempo. Racconta i sentimenti e dileggia gli orpelli dei falsi, dei boriosi, dei pingui mediocri, degli intriganti. Lascia che la fantasia si mescoli alla realtà aprendo il cuore alla scoperta, all'attesa, alla forza del bene e alla potenza dell'amore.
"Ciò che si ama è bello".
L'autrice, Giovanna Zucca, al pari della Austen ricompone un mondo perduto, fatto di piccoli e grandi personaggi, racconta di nuovi affanni d'amore -le deliziose storie di Angelica e Jane Mary- e riesce in pieno nel rendere partecipato quell'amore 'da grandi' che trascina Jane e Thomas. La scrittura della Zucca è davvero convincente, coniuga pathos e leggerezza, tormento e affanno, incanto e attesa. E rende credibile quel che nella realtà non è mai accaduto, l'incontro tra la Austen e l'unico uomo che avrebbe davvero potuto salvarla... e forse, va da sé, amarla.
Incantevole.


lunedì 25 novembre 2013

"E così vorresti fare lo scrittore" di Giuseppe Culicchia

"Perché tranne pochissime eccezioni deceduti quando ormai erano ultracentenari, in genere gli scrittori non campano così a lungo da vedere con i propri occhi se e quanto durino i propri libri".
'E così vorresti fare lo scrittore'? Chiede Giuseppe Culicchia. Sì, forse, non solo.. eppure mascherato da manuale per lo scrittore esordiente la narrazione di Culicchia incasella in capitoli brevi e precisi, informazioni, dettagli sul mestiere dello scrivere, consigli, tecnicismi, boutade, sciorinando aneddoti, sfatando miti, il tutto ricaldando la propria esperienza tuttora in divenire da brillante promessa a solito stronzo fino al venerato maestro.
Da commesso in libreria a viaggiatore forzato per tour promozionali di provincia, da lettore ad autore, si dipana così un libro di facile e piacevolissima lettura che svela poco ai "grandi lettori" - brutta razza, a volte più snob degli stessi autori, al punto da meritare un pamphlet sulle loro stramberie- e regala perle di critica e autocritica sul delirante mondo dell'editoria. 
Libri come merce, tecniche di vendita da manager d'assalto, invidie e gelosie, schermaglie e piacionerie tra autori ma anche un amore sconfinato per la parola scritta, di più un appassionato quanto implicito invito alla resistenza dello scrivere, quasi un atto di ribellione in un tempo consumato dalla velocità dei nuovi media.
Bello come Culicchia riesca a 'scrivere dello scrivere' senza cedere alla pedanteria ma serbando irriverenza e ironia, lasciando intendere che pur se tra mille pagine scritte poche o alcuna merita futura gloria il pensarlo è un pensiero gentile.

sabato 23 novembre 2013

"Il senso di una fine" di Julian Barnes

"Il ricordo è ciò che pensavamo di aver dimenticato".
Una lettera recapitata da un notaio, un piccolo lascito in denaro e il diario di una persona morta da tempo. Poco basta a rimettere in discussione l'intera vita di un pensionato inglese, Tony Webster.
Costretto a tornare indietro nel tempo, a ricordare gli anni della scuola e dell'università, gli amici, la prima ragazza amata Veronica e lui, Adrian, l'eccentrico, il genio, il migliore dei ragazzi sul cui futuro di successi tutti scommettevano, salvo assistere al disgregarsi del mito un giorno qualunque, in un bagno schizzato del suo sangue suicida. Di lì affannarsi a cercare il senso di una fine era durato qualche giorno, un anno, poi il ricordo era sbiadito nell'incessante costruzione della vita: lavoro, famiglia, figli o almeno nell'illusione della costruzione di una vita intorno all'artificio di una verità che sfiora la convenienza. "Prendiamo d'impulso una decisione e ci costruiamo sopra un'infrastruttura di ragionamento che possa giustificarla. Il risultato poi lo definiamo buon senso".
Era capitato così a Tony, che aveva dimenticato. Dimenticato che Veronica lo aveva lasciato e di lì a breve aveva preso a frequentare Adrian. Dimenticato che al permesso implicito dell'amico di amare la sua ex lui aveva risposto con una lettera velenosa e insulsa. Dimenticato l'asprezza del sopravvivere a chi si credeva amico solo per espiare con una vita scialba. Dimenticato di provare emozioni, semplicemente di vivere se non accettando la mediocrità. Dimenticato fino al giorno in cui il ricordo dell'amico perduto torna prepotente a chiedere ragioni, a fare i conti con il passato, con la propria vita rivelando un carico inaspettato di solitudine e sofferenza che nasconde un segreto che sì.. rivela il senso di una fine e la fragilità dell'essere umano. Una fragilità che fatalmente, finalmente.. così umanamente avvicina gli uomini. "Più impari, meno temi. Imparare non in termini di studio accademico, ma di comprensione effettiva della vita".
Capita di rado che una storia arrivi al lettore con la stessa immediatezza de "Il senso di una fine". Una scrittura viva, diretta, che cattura per l'immedesimazione e la voracità dei sentimenti dissotterrati dallo sfogo verbale del protagonista Tony. L'uomo comune al cospetto dei quesiti tutti della vita: amore, vita, morte, responsabilità a cui nessuno prima o poi può sottrarsi senza rivelare in qualche modo  la propria inadeguatezza al vivere. Mai macchine ma esseri pensanti, mai certezze ma dubbi, dubbi che possono sfiancare, lacerare, soccombere ma anche portare a nuova vita, mai solo rivalse ma anche colpe, errori, riscatti. Nella scrittura di Barnes c'è tutto, nel suo Tony c'è una parte di ognuno di noi, di quello che siamo stati o potevano essere o magari saremo, c'è l'inesperienza del vivere e la saggezza dell'accettazione del mancato perdono, c'è l'ansia di esistere e la spregiudicata felicità della medianità della vita.
Un libro di folgorante autenticità.  

venerdì 8 novembre 2013

"La macchina per fabbricare spagnoli" di Valter Hugo Mãe

"Non posso lasciarla qui da sola. Non sarebbe sola. Sarebbe sola di me, che è la solitudine che mi interessa e della quale ho paura, e questo non è mai successo".
Laura, la compagna di una vita -quasi cinquant'anni insieme- è morta e il signor Antonio Silva deve "imparare a sopravvivere ai giorni". E farlo in una casa di riposo dove l'hanno accompagnato i figli, con "due borse di vestiti e un album di fotografie".
A nulla servono le parole del dottor Bernardo o la premurosa cura che gli riserva il giovane infermiere Americo, il signor Silva sembra chiuso in un ostinato mutismo, una rabbiosa resistenza ad accettare quel residuo di vita in cui si dibattono voraci e inquieti i ricordi, i rigurgiti di coscienza di un uomo perbene confinato nell'agire dal regime fascista di Salazar, padre premuroso, ostinato osservatore dell'amore che riluceva negli occhi della sua compagna. Fino a quando, giorno dopo giorno, il signor Silva si lascia conquistare dalle parole degli altri ospiti della casa di riposo, vite straordinarie e semplici allo stesso tempo, che gli regalano momenti di speranza: "questo resto di vita mi ha dato questi amici, e io che non avevo capito l'amicizia, che non mi ero mai aspettato nulla dalla solidarietà, solo dalla contingenza della coabitazione, un procedere obbedendo, da pecoroni, avevo bisogno di questo resto di solitudine per imparare questo resto di amicizia". E così nel trascorrere dei giorni c'è la possibilità di conoscere l'uomo che ha ispirato una celebre poesia di Pessoa o crederlo solamente, camminare accanto a chi gli strappa un sorriso e lo aiuta ad opporsi alla violenza della terza età dove il nemico è il corpo, ritrovare il bisogno dell'amore negli occhi di una donna che lo aspetta da tempo, in chi come la vecchia Marta "leggeva sull'amore tutto quello che io avrei dovuto dimenticare", ma anche fuggire dagli incubi di una fratellanza insolita, inattesa, insperata in un luogo di forzata attesa, dove il buio attanaglia, ghermisce.
"I sogni dei vecchi sono come la memoria dei pesci, durano qualche secondo e per qualche secondo ne valgono la pena".
Un libro di dolcissima e dolente attenzione al tema della terza età, ai bisogni, ai desideri, alle paure insite nella vecchiaia, di più in chi resta solo. Scritta con una leggerezza nella forma che per contrappasso pesa nell'anima del lettore raccontandogli i nostri cari, raccontando di quel che saremo noi, costringendo a vedere con sguardo nuovo e attento oltre la banalità di un involucro creduto incapace di emozioni, sentimenti, pensieri. Di più l'autore rivela la profondità e l'umanità negli occhi di un uomo anziano che lotta con il suo passato per perdonarsi e perdonare, capace di accogliere, di guarire dall'egoismo del dolore. Un bellissimo romanzo, personaggi autentici, parole che accarezzano il cuore.

sabato 2 novembre 2013

"Un bel sogno d'amore" di Andrea Vitali


In quel di Bellano si proietta il discusso film 'Ultimo tango a Parigi'. Figurarsi la gente, l'anatema del parroco e le chiacchiere.. le chiacchiere... eppure la Adelaide giovane operaia del cotonificio sembra disposta a tutto pur di andare al cinema, farsi una certa idea di mondo, persino accettare la corte ruffiana del nuovo collega Ernesto visto che il suo spasimante, Alfredo Denti, onesto meccanico, sembra prender tempo, sospeso com'è al giudizio che su ogni cosa esprime l'anziana madre Benvenuta.
Eh sì che l'Alfredo vuol bene ad Adelaide, al punto di credere alla leggerezza della fidanzata, coinvolta in un giro poco chiaro di contrabbando di sigarette nella stessa fabbrica da quell'Ernesto, detto il Taglia, e sposarla sfidando quel tanto l'anziana madre.
Lo sa bene il maresciallo dei carabinieri Pezzati che di quel piccolo paese sul lago conosce vita, morte e miracoli. I soliti beoni di piazza, il cameriere del bar dell'Imbarcadero che vede e sento tutto, i ladri di galline che ogni tanto proprio come il Taglia tentano il colpo grosso salvo dirsi redenti al primo rischio concreto di finire in galera. E così a distanza di anni, il Taglia ci ricasca ma prima.. prima c'è l'ilare faccenda della vecchia Benvenuta spiata per volere della nuora, una solitaria anziana improvvisamente ebbra di vita e soprattutto di segreti.. su tutti le passeggiate in riva al lago al fianco di un uomo, e ancora il desiderio di maternità dell'Adelaide, i traffici strambi di improvvisati pescatori e giovani carabinieri decisi ad indagare.
Intorno.. tutto intorno, la vita di paese, gli sguardi, il confabulare della gente, giudizi e pregiudizi duri a morire finanche alle soglie della definitiva modernità degli anni '70. Un microcosmo di provincia che rischia di ghettizzarsi, soffocato dalla nebbia e da una quotidianità spiccia che finisce per annoiare. Quel che nei primi libri del Vitali era fresca novità, cicaleccio leggero si ripete stancamente in storie che poco o nulla hanno di interessante, avvincente, al punto che le piccole indagini dei carabinieri soccombono all'incedere lento del passo di beghine in chiesa.
Peccato, Vitali dovrebbe svecchiarsi e guardare oltre il suo lago.

venerdì 1 novembre 2013

"Figli dello stesso padre" di Romana Petri

"Hai una madre che ti adora, una moglie che ti ama e due figli meravigliosi. Non ti basta?"
"E' il passato Jenny. Si tratta del mio passato. C'è sempre un momento in cui bisogna farci i conti"
"Ma chi l'ha detto che con il passato bisogna sempre farci i conti? Qualche volta non si può semplicemente lasciarlo dov'è?
"E' quello che ho fatto fino ad oggi. Ma è arrivato il momento, Jenny. E tu lo sai come la penso: quando arriva la chiamata, bisogna andare".
Emilio ha quarant'anni. Insegna matematica in una prestigiosa università americana. E' da sempre un uomo metodico, preciso, studioso. Adora le formiche, 'il rigore puro'. Ma non ha mai accettato di essere il figlio 'non voluto', quello che ha scombussolato il padre Giovanni, quello che ha rovinato la vita al fratellastro Germano, che non l'ha mai perdonato per essere venuto al mondo.
Figlio di una relazione extraconiugale, di un amore proibito, forse nemmeno di un amore, Emilio ha sempre desiderato l'affetto negato del fratello e del padre scapestrato, personalità narcisista, permeato di sano egocentrismo, incapace di leggere le necessità dei suoi figli.
Neppure sul letto di morte del padre, Emilio e Germano sono riusciti a riconoscersi, perdonarsi. Neppure la straordinaria bontà e l'intelligenza della madre di Germano, Edda, di accettare Emilio, di non fare una colpa a Giovanni del suo tradimento, di costruire una nuova vita, finalmente la felicità con un nuovo compagno, sono bastate a Germano per accettare la perdita della sua famiglia, le attenzioni tutte di quel padre idolatrato, follemente amato, e così superare la rabbia verso quel fratellino colpevole di aver distrutto tutto il suo mondo.
Neppure gli anni trascorsi, i successi nel lavoro, l'anaffettività esibita come scelta matura di non far soffrire alcuno aiutano Germano a capire, riconoscere quel bisogno di armonia, normalità che può venirgli dal ritrovarsi negli occhi di Emilio, in quell'affetto sincero che il fratello minore ha sempre dimostrato. Una sua personale in un prestigioso museo romano è l'occasione per i due fratelli di ritrovarsi. Affrontarsi, rischiare di mandare ancora tutto a rotoli, accusarsi, ingelosirsi, ricordare il tempo condiviso, e infine ritrovarsi, volersi, sapersi frutto di una sola appartenenza: quell'essere 'figli dello stesso padre', e oltre: unicità che si appartengono, perché si può negare all'infinito, ma il cuore sa, "le persone normali lo sanno a chi vogliono più bene".

"Le famiglie non sono come la matematica"
"Sarà ma c'è sempre un risultato finale"
"Sì, certo, un risultato c'è sempre. Il risultato c'è ma bisogna arrivarci"
E Romana Petri ci arriva al risultato prendendo per mano il lettore, presentando tutti i componenti di una famiglia allargata, gli Acciari, a cavallo degli anni '60 e '70, quando convivenza, relazioni extraconiugali, figli illegittimi sono ancora tabù; anni in cui personalità equivale a diversità, e dove la conflittualità affettiva di due fratelli appare come elemento di disturbo, e non grido di aiuto. Un romanzo forte, ricco di emozioni, vibrante, acceso capace di riflettere con poetica magia le personalità incredibili di Germano, Emilio e suo padre Giovanni ma che spingono a declinare amore ed orgoglio per la saggia Edda e la dolente Costanza. Un romanzo che ispira ricordi, partecipazione, interesse per le dinamiche familiari.

sabato 26 ottobre 2013

"La vergine dei sussurri" di Carole Martinez

Al Castello dei Sussurri si giunge da Nord.
Non temere viaggiatore, fatti largo nel fitto della boscaglia. I rovi ghermiscono le gambe, sfiorano come carezze d'acciaio il viso ma tu continua, attraversa la foresta e oltre.. oltre le palizzate in legno, oltre i muri di cinta.. oltre il cancello di ferro.. ti apparirà il castello affacciato sulla cima di una scogliera.
Una voce ti ha fatto da guida, un sussurro. E' quello della donna che vi ha abitato un tempo. Lei non si stanca di raccontare la sua storia. Era l'anno di grazia 1187 e il suo nome era Esclarmonda. Ma in un'epoca in cui le parole delle donne non erano che cicalecci. E 'i loro desideri, pericolosi capricci da spezzare via con una parola, un colpa di verga'  Esclarmonda aveva ottenuto che tutti la ascoltassero, guardassero alla sua unicità, alla sua forza, rispettandola.
Una giovinetta di quindici anni aveva trovato il coraggio di dire no al volere di suo padre, di rifiutare l'uomo che avevano scelto per lei, di opporsi al suo tempo. L'aveva fatto pubblicamente, il giorno delle sue nozze pronunciando un secco no. L'aveva fatto chiedendo di diventare sposa di Dio, cercando la reclusione in una cella murata, nascosta al mondo. Ma 'nelle favole la bella soccombe sempre e il cavaliere vince ogni battaglia'. E il corpo rinchiuso in una cella non sarà quello di una vergine, macchiato per sempre dall'orrore dell'unico uomo che avrebbe dovuto proteggerla ed amarla oltre ogni limite e che invece imprecava per quella meravigliosa allodola dalle ali tarpate.
La clausura di Esclarmonda non sarà mai al mondo, la gente del posto si sente all'improvviso protetta dalla sua presenza, dal suo sacrificio; i pellegrini fermeranno il loro cammino al cospetto della sua cella per ricevere una benedizione, i penitenti per trovar conforto. Persino la chiesa pregherà per quella sua figlia straordinaria che partorirà il frutto del Signore. Un figlio dalle mani segnate come quelle del Risorto. Non miracolo ma orrore di quel padre che lo generò nel peccato e che espierà le sue colpe in Terra Santa senza mai trovar requie.
Mistica, santa suo malgrado, la giovane Esclarmonda lotta con ardore per capire il suo ruolo. Cosa vuole il Signore da lei? Perché l'amore per quel figlio inatteso è più forte del suo proposito di votarsi a Dio. Perché le sue parole potenti per gli altri non bastano a dare requie al suo cuore di madre che deve rinunciare al figlio per vederlo crescere in mezzo al mondo?
In un tempo di guerre e sofferenze, di giudizi e pregiudizi, fede e credenze popolari Esclarmonda dovrà reggere la sfida più grande: con la sua stessa coscienza, per liberarsi dalla sua tomba di pietra e tornare alla vita. "A diciasette anni, quando ero entrata nella mia tomba, non avevo abbandonato niente che non fossi convinta di poter sacrificare. La mia morte al mondo non era stata subita, bensì sincera e gioiosa. Ma non ero più quella giovane cocciuta così piena di certezze. (...) No, non ero più colei che si era offerta in sacrificio, che vedeva la santità come il più meraviglioso dei destini e aspirava alla beatitudine (...) Non imbavagliavano un'eretica, un'indemoniata, una falsa poetessa, imbavagliavano una madre". 
A nessuno conviene liberare la vergine dei Sussurri. Obbligata al silenzio Esclarmonda non può che sperare nelle poche persone amiche che ha intorno ma "le verità sono di pasta frolla, e si possono deformare a piacimento". Sarà la sua stessa gente a consegnarla alla sua tomba di pietra, per sempre. I bambini carnefici involontari del suo martirio, la gente che aveva amato a condannarla al silenzio del tempo, facendola santa sua malgrado. 
Le parole buone sussurrate per tanti anni dalla finestrella del suo eremo guidano a distanza di secoli i viaggiatori del mondo sul ciglio della sua tomba, in un posto incantato, e parlano di lei, Esclarmonda, che rinunciò alla santità per farsi madre.

Favola gotica e romanzo di straordinario impatto emotivo allo stesso tempo, impagabile ritratto della donna medioevale questo è 'La vergine dei sussurri', una scrittura capace che irretisce e trascina il lettore fin dalle prime battute. Siamo lì tutti.. accecati dalla rovine del castello che fu la tomba di Esclarmonda.

venerdì 25 ottobre 2013

"Cellophane" di Cinzia Leone

"Vado a caccia di sacchetti dell'immondizia da usare come buco della serratura da cui spiare un mondo che troppo presto ho rinunciato a comprendere e accetto solo di osservare".
Aurora Terrasini per mestiere ammazza animali infestanti. Lo fa a dispetto della giovane età e del pregiudizio della gente intorno a lei. Ha ereditato la ditta dal padre. Non solo non l'ha fatta fallire ma ha fatto straordinari affari. E' brava, determinata, capace. Ma a suo modo è una sopravvissuta. Sopravvissuta a due genitori che non l'amavano, che l'hanno voluta per sostituire la prima figlia perduta in un incidente. Sopravvissuta ad una generazione che sta lì "sempre a frignare sulle rivoluzioni a cui non hanno potuto partecipare, sulle sniffate segrete e su quelle raccontate, sui soldi che dicono di schifare ma che sono pronti a procurarsi in qualunque modo". Sopravvissuta alle offerte di chi le ruota intorno, su tutti Stavros, l'amico/nemico del padre. Sopravvissuta a se stessa, suo malgrado e alle sue ossessioni, la principale: frugare nei sacchetti della gente; dalla prima volta da bimba quando attratta dalla pittrice dell'attico di casa aveva preso a curiosare tra la sua immondizia trovando un fascio di rose gialle avvolte in un cellophane, all'ultima in un cassonetto di via Collina. L'anarchico Tito al guinzaglio e una scoperta inquietante che merita attenzione trascinandosi dietro un'inaspettata verità.
Un dito mozzato, una discarica fuori città, Verdeluna, una vecchia cagnetta incinta, un pianista ossessionato dalla vendetta, l'ardore di impulsi che chiedono di essere soddisfati od ostinatamente respinti e la consapevolezza di "non esser fatta per combattere, ma solo per resistere con le mie manie nella trincea che mi è capitata in sorte".
Ma non si può tornare indietro, "per tutta la vita ho cercato di riprendere quello che è stato gettato per poi ributtarlo via" e Aurora sa che è tempo di trattenere. Trattenere emozioni, sentimenti, rabbia.
E la sopravvivenza si tinge di colori nuovi quando si scosta il cellophane e si guarda senza filtri, si rischia persino di vivere. Perché "solo quello che si frequenta con assiduità o di cui si è irrimediabilmente e voluttuosamente impastati non fa paura". 

Romanzo dalla prosa lucida e fulminante, "Cellophane" inchioda il lettore alla pagina. E lì al fianco di Aurora mentre rovista nel cassonetto dell'immondizia, coscienza sporca di un mondo che va troppo veloce, una società di rampanti conquistatori, di tempi bruciati, anime perse o pronte a vendersi. Uno specchio deformato la Sicilia anni '80 in cui si muove la protagonista, di sfibrante attualità, l'anormalità che diventa normalità. Peggio di qualsiasi rifiuto.

sabato 19 ottobre 2013

"La banda Sacco" di Andrea Camilleri

"..la mafia non solo ammazza ma, laddove lo Stato è latitante, è anche in grado di condizionare e stravolgere irreparabilmente la vita delle persone". Così per la famiglia Sacco. Tanta fatica, tanto coraggio, tanta onestà, tanta intraprendenza nel buon Luigi e nei suoi figli, in lunghi anni di lavoro, tanto amore e dedizione nella propria famiglia, nella capacità di investire tutto di se stessi per migliorare la propria condizione d'origine, affrancarsi dalla povertà salvo poi dover cedere le armi a fronte dei mafiosi, di quella piovra, che ghermisce e avvolge nelle sue spire i poveri cristi, i lavoratori, gli onest'uomini.
Ma non ci stanno Luigi e i suoi figli a piegarsi, a cedere il frutto della loro fatica al prepotente, al profittatore, e tentano l'unica via possibile: il ricorso alla giustizia, la denuncia alle forze dell'ordine delle minacce subite, dei furti, gli incendi alle loro proprietà, i tentativi sempre più irriducibili di ricatto. Ma ci si può opporre nella terra di nessuno alla mano lunga della mafia, che svilisce il ruolo dello Stato imponendo le sue personali leggi? Che imbastisce accuse false, inscena processi farsa per ridurre al silenzio i ribelli? Si può, si deve. Lo fanno i Sacco, che in breve diventano i paladini degli umili, degli onesti, dei timorosi, di quelli che vorrebbero ma non hanno il coraggio di fare. Al punto di farsi loro stessi per necessità latitanti, di rispondere alle offese con offese, senza mai coinvolgere innocenti, senza mai sparare alle forze dell'ordine, senza mai recare offesa per primi; loro che le cronache vogliono banditi, che lo stesso prefetto Mori si fece punto d'onore di arrestare, che i mafiosi stessi iniziarono a temere, loro non erano che una "banda degli onesti, costretti dagli eventi e dallo Stato che non sa difenderli, a imbracciare le armi, andando contro la loro stessa natura".
I Sacco, sconfitti ma non vinti, loro traditi e venduti, loro ribelli di salda onestà intellettuale, loro umili e perbene, pagarono il fio di non piegare la testa, di reclamare quel che era loro dovuto: giustizia e protezione. Pagarono ed espiarono per i tanti senza voce, non ottennero che silenzio e sputi in faccia.
La memoria storica oggi ritrovata restituisce loro il dovuto. Le parole di Camilleri si fanno cronaca sincera e puntale. Riabilitano i 'forzati eroi comuni' che abitano ancora il nostro tempo. E il lettore stringe il pugno per la rabbia di aver atteso tanto per sapere, come troppe volte accade.

venerdì 18 ottobre 2013

"La letteratura è la mia vendetta" di Claudio Magris e Mario Vargas Llosa

Due grandi della letteratura mondiale, due grandi amici, Claudio Magris e Mario Vargas Llosa (nobel per la letteratura nel 2010) dialogano sul ruolo della letteratura nel nostro tempo: "quando i romanzi sono davvero riusciti, ci soggiogano, ci strappano da questa vita che è caos e confusione e ci fanno vivere nell'esperienza magica della lettura, la finzione come realtà; torniamo poi nel mondo con una sensibilità più acuta per comprendere ciò che ci circonda, per scoprire meglio il rapporto gerarchico tra ciò che è importante e ciò che e secondario; inoltre torniamo nel mondo con un atteggiamento critico" raccontando di democrazia, valori, libertà.
Ne parlano guardando il mondo con passione, partecipazione, entusiasmo perché questo fa la letteratura: incide nei cuori, determina cambiamenti, disinnesca criticità. 
Il colloquiare dei due letterati è semplice e armonico. Semplicemente, affabulano.

domenica 13 ottobre 2013

"L'amore è tutto: è tutto ciò che so dell'amore" di Michela Marzano

"Di che amore parli?"
"Di quello che arriva quando non ti aspetti più nulla. E lui penetra nel tuo cuore all'improvviso, come una bomba a scoppio ritardato"
Ancora un libro sull'amore? Sì, se "permette di spiegare come sia sempre e solo per amore che agiamo". E l'autrice parte della propria esperienza personale per raccontare l'amore e raccontarsi. Sfatare il mito del principe azzurro, del 'per sempre' fiabesco, delle aspettative disattese, degli errori comuni, delle apparenze, delle costruzioni che inficiano la realtà, dell'assurda percezione di non dire o fare mai la cosa giusta, della libertà negata in cambio di briciole o niente, della passionalità scambiata per sentimento, delle paure che condizionano ogni gesto. 
"La persona giusta non è quella che sarà in grado di calmare le nostre ansie e di riempire le nostre attese, ma colei che imparerà ad accettarci come siamo, con le nostre fratture e le nostre contraddizioni. Anche quando noi stessi facciamo fatica a sopportarci".
Sfuggendo ad uno sguardo indagatore spietato su se stessa l'autrice si fa portavoce di un sentire comune che sfiora il cuore del lettore, facendolo suo, nostro. L'adeguatezza delle riflessioni della Marzano spiazzano tanto sono lucide, vere, coraggiose pur semplici, quasi ovvie eppure sfuggenti nell'irrazionalità di un quotidiano d'amore che spesso ci imponiamo di vivere relegando il sentimento vero in fondo a noi stessi.
Brava, bravissima, sensibile, così prossima all'anima della gente.
"L'amore è ciò che resta quando pensi di non aver più nulla da dare a nessuno".

mercoledì 2 ottobre 2013

"Betty" di Roberto Cotroneo

"Credevo di capire tutto e di conoscere tutto. Non conoscevo nulla, erano solo parole, erano solo vite di carta per riempire pagine bianche. La mia scrittura è stata un teatro di ombre cinesi. Solo che quelle ombre erano i miei fantasmi".
Il grande romanziere George Simenon torna per qualche settimana di riposo nell'amata isola di Porquellos, sulla Costa Azzurra. Ne conserva bei ricordi, vi ha scritto pagine bellissime. Ma adesso è un uomo stanco, malato, addolorato. Ha smesso di scrivere da qualche tempo eppure improvviso nasce il bisogno di riprendere in mano carta e penna per raccontare, di "una figlia, un romanzo e una donna sconosciuta" e così rivelare al mondo e a sé stesso quanto di lui aveva sempre deciso di ignorare.
Perché sull'isola, complice un giovane fotografo, Simenon è attratto dallo sguardo di una donna "sembra che gli occhi vogliano prendersi tutto il paesaggio che c'è". Una donna che ha lo stesso nome della protagonista di un suo romanzo: Betty. La stessa donna il cui cadavere il mare restituirà qualche giorno dopo, coinvolgendolo in un'indagine che lo costringe a diventare quel Maigret di cui scrive da sempre.
Chi era davvero la donna che abitava da straniera l'isola? Perché di lei si sapeva tutto e niente? Perché era ossessionata dai romanzi di Simenon, su tutti 'Betty' al punto da farne copione del suo vivere, fin nei particolari più inquietanti e dolorosi? E perché la gente dell'isola, lo stesso dottor Rigaud, amico di Simenon, ne era rimasto affascinato al punto da restare invischiato dalla sua follia? Quale dolore nascondeva la donna? E perché per Simenon svelarne il dramma equivale a rivivere il suicidio dell'amata figlia Marie Jo?
Simenon, vittima e inconsapevole carnefice della donna, si interroga: "l'anima è una finestra sui fantasmi di una vita, e io di fantasmi ne ho troppi".
Simenon smette i panni dello scrittore per vestire quelli di uomo. "Le storie le conosco, le verità le ho perse".
Giallo psicologico, storia di forte impatto, mirabile omaggio a un grande della letteratura del '900. Questo è 'Betty'. Un'isola, il cadavere di una donna, un gruppo di sospetti, un detective d'eccezione. E ancora la bellissima prova d'autore di uno scrittore che semplicemente, con naturalezza e maestria, fa quello che tanti provano e a pochi riesce: scrivere un romanzo.
Sublime la figura di Simenon, piena di introspezione e analisi la sua scrittura. Intenso l'approcciarsi alla metamorfosi del suo vissuto immerso nel dolore della perdita di un figlio, la descrizione di un vivere che delega sentimenti e responsabilità ai personaggi di carta, figure più comode degli occupanti la realtà. La capacità di Cotroneo di presentare ai lettori Simenon, di entrarvi dentro  al punto di metterne a nudo l'anima, di farne protagonista, personaggio di una storia è una matrioska di letture, un gioco di interessante deduzione, un prezioso disegno narrativo.
La scrittura di Cotroneo è coinvolgente, vera, piena di pathos, frutto di accurato studio. "Le persone sono ciò che ricordiamo di loro" si legge nel libro, sarà davvero così.

lunedì 30 settembre 2013

"Novemila giorni e una sola notte" di Jessica Brockmole

"Le parole non sono che immagini dei nostri pensieri".
E' la primavera del 1912 quando inaspettata e insolita inizia la corrispondenza tra un giovane studente americano e una poetessa scozzese. Parole che evocano immagini di vita, che instillano curiosità, che parlano di sogni e passioni comuni.
Sono Davey e Sue. Sono un uomo e una donna affini nei sentimenti e nell'agire. Entrambi coraggiosi e indomiti. Ignorano a lungo quel che è già chiaro ai loro cuori ovvero che l'amicizia nasconde l'amore. Non basterà l'oceano né l'orrore della prima guerra mondiale che vedrà partire Davey come volontario a separarli se mai il contrario, darà loro la possibilità di incontrarsi e allora né i pregiudizi, né le macerie del conflitto in corso, né la violazione delle convenzioni sociali o il rispetto degli obblighi morali impediranno al loro amore di essere vissuto né alla passione di travolgerli.
"Sei il mio respiro, la mia luce, l'unico verso cui vola il mio cuore"
Eppure un segreto fra loro minerà il loro amore. Fino a che un'altra guerra e una figlia in cerca di risposte reclamerà attenzione su una vecchia corrispondenza e un uomo e una donna che dicevano di volersi amare per sempre.
"Di tutte le cose al mondo, in questo momento, ciò che provo per te è l'unica di cui sono certo"
Seduta come sempre tra i banchi di una chiesa, dopo novemila giorni di attesa una donna ritroverà il coraggio di guardarsi accanto, e un uomo saprà per chi vale la pena tornare.
"C'è una parola che significa 'più che per sempre'? Ecco quanto ti amerò. Ora, per sempre e oltre"
In tempi di anaffettività e violenza verbale leggere una storia d'amore struggente e romantica come quella di Davey e Sue rincuora. E' il prototipo di tutte le storie d'amore e per questo, a dispetto di una scrittura non propriamente eccelsa o originale, funziona. Di più la Brackmole incastona la storia a cavallo tra le due guerre mondiali dando un'idea di massima delle condizioni dei soldati e dei volontari di guerra, di più si concentra su una certa introspezione psicologica dei personaggi: la difficoltà tra fratelli, Finley e Sue (Elspeth), a perdonarsi le reciproche mancanze, i tradimenti, a dispetto di anni. Ancora, descrive la forzatura della borghesia americana che va reclamando spazi nella società spingendo le nuove generazioni verso le professioni disdegnando le arti; racconta dell'assenza di prospettive nelle isole, piccole comunità chiuse da dove tentare la fuga diventa necessità persino per le donne, Sue (Elspeth) è pioniera nel suo alimentare il sogno di libertà scrivendo poesie, e su tutto la forza di una personalità femminile che reclama felicità a dispetto della convenienza di un matrimonio immalinconito dal silenzio e l'abitudine.
La storia di Davey e Sue apre il cuore alla speranza.
"I ricordi sono una bella cosa ma è la prospettiva di crearne nuovi che aiuta a tirare avanti".

domenica 29 settembre 2013

"Storia di Irene" di Erri De Luca

"Scrivo storie e le vendo al mercato. Apro la valigia di commesso viaggiatore, mi metto a strillare i miei titoli buffi che nessuno ricorda e che richiamano l'attenzione per mezzo minuto".
Così uno scrittore parla di sé, lo fa ad una ragazzina su un'isola greca. Un posto di silenziosa e selvaggia bellezza dove ritrovarsi e ritrovare il senso della vita, magari guardando il mare, che è madre e matrigna, possibilità infinita, chiusura probabile. E la ragazzina a cui parla, Irene, orfana del tempo e del mondo, ha occhi luminosi, viso aperto e una saggezza infinita. Ha solo quattordici anni e un figlio in grembo, agli occhi della piccola comunità dell'isola è sospetta, straniera, diversa. E' così silenziosa da esser creduta muta ma Irene "sa le risposte a cose che non fanne domande", le trova tutte in mare che per lei è madre, è famiglia, è tutto. Lì ci sono i delfini, suoi compagni di vita, tra loro Irene non è altro, non è diversa, non è straniera. In mare Irene ha la sua origine, ha la sua forza, ha il suo essere e allo scrittore che ascolta trattenendo il fiato perché "stare in ascolto è immergersi in mare" e che le prospetta vita nuova sulla terraferma, dove sfiorare la neve, sperdersi tra i giovani come lei, lottare per salvare i suoi amati delfini, impegnarsi, ballare, ridere tra la gente, lei oppone dubbio, resistenza. E' un momento, Irene si scosta dal corpo dello scrittore come si scosta dalle lusinghe di una vita altra, che non le appartiene, perché lei che è bellezza, che è vita, che è fiera purezza appartiene al mare.
"Le storie sono un resto lasciato dal passaggio. Non sono aria ma sale, quello che resta dopo il sudore" e lo scrittore rievoca così la figura del padre Aldo, poco più che un'istantanea della sua storia. Nel settembre '43, per lui il mare segna "la libertà a vista" dopo la segregazione di una guerra senza perché, che non lascia scampo, che obbliga a vivere. O ancora la struggente mimica di un vecchio nei bassi di Napoli nel dopoguerra, don Saverio, che  "..si tuffa a mare, la vita che aspettava un'ora di felicità per togliere il disturbo" perché in case abitate dalla povertà, sfiorate dall'egoismo poca alternativa riserva la lotta per la sopravvivenza.
De Luca incide le parole nel cuore e nella mente del lettore. Frasi brevi, quassi massime di vita. Saggezza popolare e forza espressiva in un linguaggio che identifica la sua scrittura, forzando a pensieri nuovi, a riflessioni, prese di coscienza. Ed è emozione, bellezza, intensità.

sabato 28 settembre 2013

"Parlo d'amor con me" di Paola Calvetti

"Io non avevo idea di quanto una famiglia sbagliata possa avvelenare".
Poi... "accade qualcosa, di colpo, che svia la sorte degli uomini" e Ada, una ragazzina sopravvissuta alla morte dei genitori in un paese di provincia, silenziosa ombra gigante, per via del suo corpo già così adulto, coglie l'opportunità di una mano tesa e inizia a dar forma a un sogno.
Ada, domestica in Casa Verdi, "un luogo dove si diventa vecchi in modo tutto diverso", alla vigilia di un matrimonio tra due attempati musicisti, guarda negli occhi uno ad uno i suoi amati ospiti e complice delle loro confidenze ne annota in un diario le vite di straordinario coraggio: rinunce, studio, viaggi, incontri, partenze e ripartenze, falsi attacchi, inciampi, applausi, silenzi.
Per Ada in tanti anni di servizio la possibilità di leggere sul volto degli altri l'alternarsi dei sentimenti, di sfuggire alla solitudine, forzare la ritrosia e convincersi che riempire il silenzio con la melodia del canto è l'unica cosa a farla davvero felice, beh quello e lo sguardo su di lei dell'accordatore.
Sarà così che sfidando il cieco terrore Ada canterà per gli ospiti di Casa Verdi rivelando al mondo una verità che a lei pare ormai ovvia: "Io sono un'artista".
 
Impossibile non amare Ada e i suoi amici speciali. Lo straordinario sta nell'autentica semplicità di ogni singola vita e questo traspare dalle parole dei personaggi, ispirati agli ospiti che attualmente abitano Casa Verdi. La penna dell'autrice corre lieve come una carezza, rispettosa, ironica, semplice e per questo vera. La vita degli altri permette ad Ada di rivelare la sua, alimentare un sogno, viverlo.
"Gli ci vorrebbe una che lo amasse un po'. Non essere stati amati, o poco amati, o mal amati, mette voglia a chiunque di fracassare le porte che la vita gli ha sbattuto in faccia".
Rivelando ancora che ogni età è propizia a parlar d'amore, ogni cuore è abitato dal sentimento, ogni vita ha bellissime potenzialità. E se tutto questo è cadenzato musicalmente come in Casa Verdi c'è possibilità di abitare già un piccolo paradiso, perché in fondo il paradiso è il posto in cui ci si sente bene.
Una lettura preziosa, un canto di gioia che riempie il cuore e illumina il viso di un caldo sorriso.

domenica 15 settembre 2013

"Attraverso il tuo corpo" di Alberto Bevilacqua


'Erano partiti con l’idea di darsi reciprocamente una lezione, poi se l’erano data insieme, la più semplice lezione della vita’
Spotorno, riviera ligure, uno scrittore rintraccia l’uomo che a detta della critica letteraria viene considerato ‘il più famoso e misterioso amante del secolo’, è Angelo Ravagli l’ispiratore de ‘L’amante di Lady Chatterley’ di D. H. Lawrence. I due uomini rievocano una storia che Ravagli aveva in parte volutamente relegato al passato stanco delle banalizzazioni e forzature dei tanti postulanti. Il racconto che segue alle confidenze fra i due è il romanzo di una stagione d’amore e di un ritorno alla vita.
 
La recensione completa qui:
https://app.box.com/s/ief78owab0b24iug65up

domenica 8 settembre 2013

"Ragazze di campagna" di Edna O'Brien


"Piangi e piangerai da solo".
Caithleen ha solo quattordici anni quando resta orfana dell'amata madre. Nel piccolo paese irlandese in cui vive tutti sembrano tristi per lei, persino l'odiata e amata amica di sempre Baba, con le sue smorfie, il fare altezzoso e sprezzante di chi può avere tutto pur sapendo di non aver davvero nulla, se non la meschineria di inutile invidia e gratuita cattiveria. Del resto Caithleen è cresciuta vedendo il padre alcolizzato sperperare la fortuna di famiglia e sua madre soffrire e spegnersi per le violenze sempre taciute, eppure non ha mai lesinato sorrisi, impegno nello studio, attenzione al prossimo. Ma non deve piangere, come le ripeteva sua madre, se mai fuggire dal paesino per afferrare la libertà, e la libertà dopo anni in un collegio di suore ha il volto della ribellione dell'adolescenza, ha il volto del primo amore proibito, del lavoro in città, delle notti a bere e far chiacchiere con Baba, dell'irruenza della passione e di sentimenti sconosciuti. Da brava ragazza Caithleen veste i panni di enfant terrible ma è solo forma esteriore, il cuore è quello di una ragazza innocente che chiede solo un poco di felicità: "È l'unico momento in cui sono contenta di essere donna, quell'ora della sera in cui tiro le tende, mi spoglio dei soliti vestiti e mi preparo per uscire. L'eccitazione cresce, minuto per minuto. Mi spazzolo i capelli alla luce della lampada e hanno i colori delle foglie d'autunno sotto il sole. Metto un po' di ombretto scuro sulle palpebre e mi stupisco dell'aria misteriosa che dona ai miei occhi. Non mi piace essere una donna: vanitosa, frivola, superficiale. Basta dire a una donna che sei innamorato di lei e quella ti chiederà di metterlo nero su bianco, per farlo vedere alle amiche. Ma a quell'ora della sera mi sento sempre felice. Provo tenerezza per il mondo intero"
Ma piangerà Caithleen, piangerà ancora per le prime disillusioni d'amore, perché forse diventare adulti non è così semplice e la tenerezza della sera si mischia alla malinconia per il paese lontano, le persone che ci hanno voluto bene e il futuro incerto, ma non si torna indietro, la sfida di una ragazzina nell'Irlanda degli anni '50 è con se stessa prima che con la società spesso bigotta e chiusa: crescere e.. desiderare. Desiderare ardentemente la vita.
Primo libro di una trilogia, "Ragazze di campagna" scandalizzò la cattolicissima Irlanda nel 1960; cronaca disarmante dei bisogni delle nuove generazioni, mondate da pudori e pregiudizi. Scrittura limpida e dirompente per la O'Brien che ricevette il plauso della critica e il riscontro del pubblico. A distanza di cinquant'anni si legge con piacere e rinnovato interesse.

venerdì 30 agosto 2013

"Inferno" di Dan Brown

"Ricorda questa sera perchè sarà l'inizio dell'eternità"
Così, parafrasando Dante, Robert Langton, esimio studioso di simbologia, saluta la bella e spaurita Sienna Brooks. Insieme hanno appena trascorso una manciata di ore, sfidando in un'impietosa lotta contro il tempo, un folle deciso a sterminare parte dell'umanità con la peste del XXI secolo: un virus ad alto potenziale di trasmissione. A fare da filo conduttore nel periglioso viaggio verso la verità, le terzine dell'Inferno della Divina Commedia, piccoli indizi per attraversare la città di Firenze pei luoghi di maggior bellezza, gli occhi puntati in alto a rimirar tele quando non le amate stelle dantesche, scrutare nella tenebrosa maschera funebre del sommo poeta che cela quel che umano ignora, perdersi per labirinti di vie, passaggi segreti, botole e quant'altro per aver salva la vita che tanti, troppi attentano vilmente. E sulle orme di Dante andar nella bella Venezia, abbagliati dalla lucentezza scaltra di San Marco che rivela l'inganno e pone l'esperto professore dinanzi al dilemma se chi ha accanto non sia parte stessa della cospirazione. Dovrà volare ad Istanbul, visitare Santa Sofia e calarsi nelle viscire della terra per rispondere all'inquietante domanda all'origine di quell'incredibile storia: "uccideresti metà della popolazione per salvare la nostra specie dall'estinzione?"

Avventurosa e adrenalica la narrazione di Dan Brown, trascinante, debordante fino all'eccesso. Ma deve bastare questo al lettore. Un brogliaccio che tiene col fiato sospeso, peccato per l'improbabilità degli accadimenti, per le inesattezze su Dante, per le descrizioni grottesche e per la scrittura che si trastulla con termini aulici messi lì a bella posta per impressionare salvo perdersi un momento dopo con l'alito degli ambulanti che al primo mattino sa di 'lampredotto e olive al forno'. Va da sé che possa spiacere ai lettori italiani abituati a conoscere e studiare Dante più che ad altri. E non è poca cosa.

lunedì 26 agosto 2013

"Io che amo solo te" di Luca Bianchini

'Io che amo solo te' racconta settantadue ore di vita di Damiano e Chiara, due ragazzi alle prese con il loro matrimonio: dai dubbi, le ansie, le paure della vigilia alla sorpresa del giorno dopo quando spenti i riflettori sulla festa resta la preziosa consapevolezza del dono dell'amore su cui costruire una famiglia.
Ma l'amore del titolo -celebre canzone di Sergio Endrigo- rimanda alla vera coppia protagonista del romanzo, Ninella e don Mimì, rispettivamente madre della sposa e padre dello sposo, una sorta di Giulietta e Romeo attempati, fuori tempo per riparare all'unione negata in gioventù dai genitori di lui annichiliti all'idea di imparentarsi con la famiglia di un contrabbandiere appena arrestato.
Di mezzo una varietà studiata e artefatta di volti e anime pressoché insoddisfatte e smarrite: un microcosmo quello del paese che si fa macrocosmo parlando di inabilità affettive, compromessi, scelte personali prone alle convenzioni, quel 'si fa ma non si dice' sotteso ad ogni passo dei protagonisti sull'acciottolato bianco di una Polignano a Mare che splende di luce propria.
Il confine tra carattere e caricatura è volutamente sottile così i personaggi vengono sopraffatti dal messaggio in potenza di cui l'autore sembra investirli: la sfida al tabù dell'omosessualità in una comunità chiusa di paese (ma è ancora davvero così?); il quesito irrisolto su un amore negato e idealizzato che si conosce davvero nel momento stesso in cui lo si affronta, lo si consuma, per ricollocarlo nella dimensione di un 'come eravamo' che fa quasi tenerezza ma libera finalmente; i matrimoni di facciata che santificano casalinghe disperate, unioni che non danno gioia ma riempiono pance; l'ostentazione della ricchezza che enfatizza falsi bisogni e giustifica tutto; il ricatto sociale di pregiudizi e pettegolezzi. Si finisce così in una mascherata, un'accozaglia di luoghi comuni e forzature di genere che strappa risate amare e poco altro.
La narrazione del Bianchini strizza l'occhio a certa produzione cinematografica degli ultimi anni (Cristina Camencini, Ferzan Özpetek, Checco Zalone, etc.) pagando però un prezzo alto all'assenza di originalità così che piano piano la trama si sfalda scivolando nell'ovvio quando non nella forzatura di colpi di scena che nulla aggiungono, se mai Bianchini rende omaggio alla bellezza naturale di un piccolo paese del sud ma con l'improbabile tratteggio di un matrimonio farsesco atterrisce il lettore. Tutto diventa grossier al limite della macchietta e spiace davvero per quei buoni sentimenti sottesi un pò ovunque fra le pagine. Di più spiace perché al di là della cartolina turistica latita la bella scrittura cui pure l'autore non è estraneo, leggere espressioni come "Matilde mostrava a tutti i suoi occhi da cartone animato: sembrava Iriza di Candy Candy" o "Per lei il maestrale era la peggiore sventura che si potesse abbattere su un matrimonio. Quasi come una bomboniera sbagliata, due cugini che restano senza tavolo o due cozze che restano sullo stomaco" e frasi ad effetto come "Ci sono notti in cui la tua unica sveglia è il cuore" non danno merito alcuno, impressionano solo, e non in senso positivo.

venerdì 23 agosto 2013

"L'amore è un difetto meraviglioso" di Graeme Simsion

"Se davveri ami qualcuno, devi essere pronto ad accettarlo per quello che è. Al massimo puoi sperare che un giorno qualcosa lo illumini di colpo e che sia lui stesso a cambiare per sua scelta".
Cosa è davvero l'amore? Possibile decifrarlo? Renderlo prono a regole, oggetto di studio, finalizzato a raggiungere un obiettivo: trovare moglie, magari? Se lo chiede il quarantenne Don Tillman, strambo genetista in quel di Melbourne. Per una persona priva di abilità sociali, capace di progammare la sua giornata nel dettaglio per ottimizzare i tempi, 'diversamente' empatico, trovare moglie è una necessità da soddisfare come tante altre e farlo ricorrendo agli strumenti della logica la scelta ovvia, così da un lungo questionario dovrebbe venir fuori la donna perfetta. Salvo imbattersi quasi per caso in Rosie, in apparenza una cameriera avvenente e problematica ossessionata dalla ricerca del suo padre biologico che gli sconvolgerà la vita e 'sconvolgere' Don prevede mandare in frantumi tutto il suo sistema di regole, in particolar modo la programmazione alimentare, eppure la cosa sembra renderlo felice. Così preso da Rosie e dai suoi folli progetti da essere distratto, generoso con il tempo e con se stesso, dubbioso sul suo intero sistema di vita, sulla percezione che gli altri hanno di lui, sulla possibilità che rispettare le convenzioni non sia così inopportuno. Per Rosie Don manderà all'aria il lavoro, metterà a rischio la sua storica ed unica amicizia con Gene e darà significato alla parola 'amore'.
"Hai cambiato te stesso per me?
Solo il mio comportamento"
Una commedia romantica e surreale quanto il personaggio di Don, uno abituato a programmare e progammarsi in base alle necessità, che sia studiare la composizione di tutti i coktails per lavorare come barman o provare passi di danza per una settimana per ballare come un professionista salvo girare come un nerd, infiocchettare bugie e improvvisare ricerche mediche solo per dimostrare che non si può scegliere se, come e quando amare, illudersi di trovare la compagna perfetta perché l'amore è ciò che non si può spiegare e sfida qualsiasi logica, vince qualsiasi catarsi, muovendosi come una scheggia impazzita nella mente di un simpatico ossessivo compulsivo.
Toni a tratti forzatamente brillanti, narrazione  leggera che poco o nulla lascia se non la sgradevole sensazione di un compitino fatto bene.