venerdì 29 aprile 2011

"Senza nome" di Wilkie Collins

Esistono autori su cui puntare a colpo sicuro per cedere al gusto della lettura, uno di questi è Wilkie Collins. Contemporaneo di Charles Dickens di cui era amico e collaboratore Collins appartiene al filone di autori che tanto hanno caratterizzato la letteratura inglese di metà '800. Non a torto Collins può considerarsi, senza volerne ridimensionare i meriti, il padre del poliziesco; certo le sue opere incatenarono i lettori alle riviste del tempo dove venivano pubblicate a puntate le sue opere piene di suspence e sentimento. Narrativa popolare che al cospetto della massa informe di pagine prodotte da molti pseudoscrittori contemporanei si fa alta, conquistandosi a dovere il titolo di 'classico'. Collins soleva dire, pensando ai suoi lettori, 'fateli piangere, fateli ridere, ma soprattutto teneteli sulla corda'. E' quanto accade anche in 'Senza nome' più melodramma che intrigo -se pensiamo ai suoi capolavori più conosciuti 'La donna in bianco', 'La pietra di luna', 'La legge e la signora'. Protagoniste sono due sorelle, Magdalen e Norah lasciate, 'senza nome' letteralmente senza identità e patrimonio, come suggerisce il titolo, per un'intricata storia di eredità usurpate e drammatici eventi. Le due sorelle reagiranno in modo diverso alla tragedia subìta, la più matura, Norah accetterà l'aiuto degli amici prima di impiegarsi come istitutrice; la piccola e indomita Magdalen facendo punto di vendicare il padre si lancerà in una serie di pericolose e incredibili avventure, ingaggiando così una guerra aperta ad una serie di nemici odiosi e ostinati fidando solo in se stessa e nell'impavido aiuto di un truffatore d'eccezione: Mr Wragge, lontano parente dalle inarrestabili capacità. Ad averla vinta su tutto sarà la bontà, l'amore, i buoni sentimenti viatico di una morale che premia chi si comporta bene, chi perdona, chi ha fiducia nel prossimo.
A rendere meraviglioso questo lungo romanzo, 725 pagine, è la scrittura diabolicamente accattivante di Collins. I suoi sono personaggi vivi, caratterialmente ben definiti, di cui il lettore finisce per sentirsi complice, amico. Le storie sono intrecci macchinosi, geniali, eppure credibili. La narrazione si giova di artifici rubati al teatro, e non solo.. il carteggio tra i vari protagonisti allenta la tensione e defatica la scrittura compulsiva legata all'agire della sua protagonista, Magdalen. Collins sembra che pennelli la scena, conoscitore accorto della società del suo tempo, in cui non mancano avvocati, notai, commercianti, marinai, fagocita il lettore in una storia in cui è possibile trovare tutto: amore, odio, gelosia, vendetta, passione, ironia, attenzione per i più umili, voglia di riscatto, altruismo. In una parola: un romanzo sfacciatamente godibile.

mercoledì 27 aprile 2011

"L'agente segreto" di Joseph Conrad

'La storia semplice' recita il sottotitolo dell'opera si rivelò tutt'altro per Conrad. L'autore fallì con la pubblicazione di questo romanzo l'obiettivo di conquistare il pubblico con una spy-story, di moda nei primi anni del XX secolo, ricalcando un pò il genere dei romanzi 'a sensazione' che avevano fatto la fortuna dei grandi scrittori inglesi di metà XIX secolo. "L'agente segreto" invece segnerà un nuovo genere, si ascriverà tra i classici del romanzo moderno e avrà tra i suoi epigoni Maugham. Greene, Chandler, Hammett fino ai contemporanei Le Carré e Pennac, solo per citarne alcuni. L'agente segreto del romanzo é il signor Verloc, uomo in apparenza semplice, tranquillo, un piccolo negoziante. Pedina al soldo di un'ambasciata straniera che lo paga per avere informazioni e tenere sotto controllo gli anarchici, Verloc é in realtà anche un confidente della polizia inglese. Tutto il suo mondo è sul punto di precipitare quando gli viene imposta un attentato dimostrativo che scateni l'odio della gente contro i rivoluzionari. Nulla di più improbabile per questo omino sperduto tra la gente, capace solo di mimetizzarsi tra profughi anarchici e rivoluzionari esaltati bravi solo a parole. Quello che ne viene è un incidente assurdo che provoca la morte del cognato e ingenera una serie di accadimenti brutali e vendette finiti in una spirale di odio e follia.
"Non c'è idealizzazione che non impoverisca la vita. Abbellirla significa toglierle tutta la complessità: significa distruggerla. Ragazzo mio, lasciano che lo facciano i moralisti. La storia è fatta dagli uomini, ma non la fanno nella loro testa. Le idee che nascono dalla loro coscienza razionale svolgono un ruolo insignificante nel fluire degli eventi. La storia è dominata e determinata dagli strumenti e dai mezzi di produzione: dalla forza delle condizioni economiche".
Un linguaggio nuovo, sperimentale quello di Conrad per un'indagine psicologica e sociologica che va oltre la mera narrazione di intrattenimento popolare.

martedì 26 aprile 2011

"Le vedove del giovedì" di Claudia Pineiro

Bisogna essere dei privilegiati per abitare a La Cascada, piccola comunità nella periferia di Buenos Aires. O fingerlo. Complesso residenziale dei più esclusivi, villette immerse nel verde curatissimo, strutture sportive, campo da golf, occasioni mondane e un'infinità di regole e controlli alcuni al limite della violazione della privacy. Questo è La Cascada. Questo è il mondo ovattato, perfetto, felice in cui tanti hanno scelto di vivere: gli Andreade e i loro figli adottivi Romina e Pedro, i Guevara alle prese con i problemi adolescenziali di Juani, gli Scaglia sempre al di sopra di tutti, gli Urovich, i Masotta e tanti altri. Ma al di là delle mura dorate scivolano via anno dopo anno le esistenze tristi e silenti di uomini e donne incosapevolmente decisi a rivestire il ruolo che la comunità ha attribuito loro: uomini d'affari di successo, moglie devota, madre premurosa, etc. ma nulla è come appare, non si può mentire per sempre e allora quando la crisi economica impatta nelle loro esistenze dorate c'è chi si illude di essere ancora essenziale alla propria famiglia mentre altri si inventano un lavoro, o fingono per mesi, anni illudendosi che qualcosa possa salvarli fino a ricorrere a scelte estreme, definitive, assurde.
Tra donne sull'orlo di una crisi di nervi e improbabili partite a tennis, grigliate e fuochi d'artificio, sbronze colossali e riti di iniziazione sembra animarsi la vita lungo i viali silenziosi e sicuri de La Cascada. Più in là, in una piscina, la voce di Diana Krall viene bruscamente smorzata.. dei ragazzini spiano la scena dall'alto, credono di vedere qualcosa.. alcune ore dopo i corpi di tre uomini affiorano in acqua. Cosa è davvero successo? Perchè un giovedì sera trascorso tra amici si è chiuso con una tragedia? Perché Ronie Guevara si è allontanato dal gruppo? Chi o cosa minaccia l'apparente tranquillità de La Cascada? "Siamo noi a chiuderci dentro, o chiudiamo fuori gli altri, per non farli entrare?"
Un piccolo giallo inquietante, una vibrante disamina sociologica dell'agire umano, imprigionato tra compromessi e costrizioni mentali, nel conflitto eterno tra l'essere e l'apparire, esasperato dalla fobica oppressione di un luogo chiuso quale si dimostra essere il complesso residenziale de La Cascada, reale comunità artificiale e artificiosa, tra finti amici e inquietanti imposizioni rivelatrici di una diversità da opprimere a qualcunque costo, qualunque essa sia. Un romanzo che attanaglia il lettore fino all'ultima riga spingendo a riflessioni tutt'altro che scontate.
"Gli chiesi: 'Hai paura di uscire?'"

lunedì 25 aprile 2011

"Un calcio in bocca fa miracoli" di Marco Presta

"Io non ho più interesse per niente e nessuno, rubo penne, passeggio per strade degradate, sbavo per una portinaia e basta, basta cosi".
E invece un vecchiaccio così ha da regalare al mondo straordinarie cattiverie e improbabili buone azioni. Perché un falegname ultrasettantenne che ha a cuore un comodino sbilenco e una figlia con cui parla di rado sembra aver poco da dire al mondo e invece pare che il mondo gli faccia dispetto e lo metta al cospetto di un bimbetto frignante al giardinetto che reclama la sua attenzione, l'amico di sempre, il pizzicagnolo Armando, deciso a far da cupido a due giovani e far complice mezza città; la figlia che gli piomba in casa in fuga da un marito che forse non ama più forse perché troppo simile al padre, perennemente assente; una ex moglie bella e rompiscatole come sempre; una portiera fascinosa che a dispetto di tutto gli preferisce un barista meno attempato ma banale; ostinati giovanotti che in lui vedono 'una brava persona' a cui chiedere consiglio; medici decisi a fargli sentire tutto il peso dell'età e continui, strabilianti, piccoli incomodi quotidiani inframzzati ai ricordi che occupano più spaizo del presente.
Eppure questo vecchio all'apparenza cinico, caustico, surreale sempre fermo a un passo dalla brutta figura e dalla battutaccia, si rivela capace di slanci emotivi, aiuti disienterrati e parole sagge. Un vecchio che alberga dentro tutti noi o che vorremmo facesse parte della nostra vita, almeno per un pò. Un libro divertentissimo, in cui troviamo la verve del bravissimo Marco Presta, autore e conduttore con Dose de 'Il ruggito del coniglio', fortunata trasmissione di Radio 2.

"Ipazia. La vera storia" di Silvia Ronchey

"C'era una donna quindici secoli fa ad Alessandria d'Egitto il cui nome era Ipazia."
Matematica, astronoma, filosofa Ipazia rivestì un ruolo chiave in quel di Alessandria tra il finire del IV e l'inizio del V sec. d.C. Donna erudita, esponente dell'élite pagana, abile osservatrice, versatile nella res publica al fianco delle stesse autorità civili, aspramente osteggiata dal vescovo Cirillo che ispirò la mano dei cristiani fanatici -forse i monaci parabolani- che l'assassinarono brutalmente trasformandola in un simbolo di libertà.
Silvia Ronchey va oltre il già sentito cercando di ricostruire, basandosi unicamente sulle fonti -da qui l'accuratissima appendice- la vita e soprattutto la morte di Ipazia. Fu davvero uccisa su istigazione del vescovo Cirillo? Il suo corpo fu davvero fatto a pezzi? Squartato? Ipazia fu accerchiata sulla soglia della sua casa? Chi o cosa ottenne che i suoi assassini la facessero franca? Perchè una donna era così rispettata, amata finanche temuta?
La Ronchey ripetiamolo, fa un lavoro certosino sulle fonti dirette, analizza una ad una le citazioni, segue la figura di Ipazia nel corso della storia, affidandola così alle mani del lettore che vien però privato della fascinazione del racconto. Ne viene fuori un puro esercizio di stile che poco aggiunge alla comprensione di una donna straordinaria divenuta nel tempo protagonista di romanzi, poesie, opere teatrali, famosi dipinti e su tutto, martire laica del pensiero scientifico.

domenica 24 aprile 2011

"La donna che collezionava farfalle" di Bernie McGill

"Se non fossi andata con Alphie in cantina, se mi fossi ricordata della chiave, se fossi tornata di sopra e avessi portato da bere a Charlotte, se non me ne fossi dimenticata, ora non ci sarebbe né il diario né una storia da raccontare".
Il diario è quello scritto nei dodici mesi di prigionia da Harriet Ormond, condannata per l'omicidio volontario della figlia di quattro anni, Charlotte.
La storia è quella che a distanza di sessant'anni dagli eventi la vecchia Maddie racconta ad Anna ultima discendente degli Ormond. La storia fa luce sugli eventi occorsi in quel 1892 quando Charlotte venne trovata morta nella stanza del guardaroba, le mani legate con una calza annodata ad un anello nel muro. Cosa aveva fatto la piccola Charlotte per meritare una simile punizione dalla madre che era solita occuparsi di tutti i nove figli con tale durezza per responsabilizzarli? E cosa era accaduto davvero in quella stanza? Perchè una punizione si era trasformata in tragedia? Davvero Harriet Ormond era quel mostro di cattiveria che la piccola comunità si ostinava a giudicare con estrema durezza? Chi era davvero la donna che amava le farfalle, cavalcare e perdersi sulle verdi colline irlandesi? Cosa nascondeva l'altera bellezza e la fiera indipendenza di Harriet? Chi era la donna che si affaticava ad essere la madre più attenta e severa, la moglie devota e la brava padrona di casa che tutti ammiravano? Quale struggimento e dolore taceva nel freddo silenzio della prigione la donna che pagava poer la morte di una figlia nello stesso tempo in cui si affannava per metterne al mondo un'altra?
E ancora.. cosa aveva visto la piccola Maddie? Cosa aveva taciuto? Quale segreto aveva deciso di portarsi dentro? Fino a farle dire: "Per tutta la vita ho vissuto due esistenze: la mia e quella di Charlotte. Per lei mi adagiai sul mare, mi lasciai trasportare, guardai in alto e mi innamorai del cielo. Per lei inghiottii il mio terrore".
Un bellissimo romanzo, una prosa accesa, vivida, coinvolgente. Impossibile non lasciarsi trasportare dall'alternarsi delle due voci femminili che raccontano, ricordano, rielabono gli eventi. L'autrice è capace di confinare il lettore lì, in quella stanza del guardaroba, di fargli sentire il respiro affannato della piccola Charlotte, così come di riflettere i suoi occhi in quelli colpevoli di Maddie, o in quelle pozze scure ormai prive di calore della triste Harriot, la sua esistenza ferma come quella delle sue amate farfalle al momento della morte, imprigionate nell'attimo acceso della loro bellezza, il fremito delle ali che battono un attimo prima che la vita si arresti, per sempre. La McGill ricrea con assoluta compiutezza la vita in una grande dimora sul finire del XIX secolo, i gesti quotidiani della servitù, le vecchie credenze popolari mescolate alla fede, i loro occhi fissi sui 'signori', in particolare sulla padrona di casa, indomita, indifferente ai pregiudizi, forte solo in apparenza.. fragile nella diversità che sarà la sua vera colpa, che segnerà la sua condanna.

"L'intermittenza" di Andrea Camilleri

Nella società attuale dove l'agire umano sembra improntato alla prevaricazione, all'affermazione a qualsiasi costo, dove con i sentimenti -quando ci sono- si gioca infischiandosene di tutti, la Manuelli, storica azienda presa a modello da ambienti economici e politici è fuglido esempio di falsità e cinismo, quindi pienamente in linea con lo squallore agghiacciante di cui sopra eppure si sa le apparenze ispirano accomodamenti, ammiccamenti, compromessi. Così il vecchio capostipite si lascia andare ai piaceri della terza età, un occhio al figlio incapace e invidioso, un occhio al responsabile del personale, infido e macchinoso, certo solo di Mauro De Blasi il giovane e valido direttore generale deciso ad un pericoloso colpo di mano: assorbire la Birolli, piccola ma valida azienda in crisi. Peccato però che nei giorni decisivi della trattativa, De Blasi sia vittima di uno strano mancamento.. quasi un'intermittenza, un black-out che mina la sua salute, forse un ammonimento alla sua linea di condotta o l'estremo suggerimento a prendersi cura di sé, liberandosi del male che rischia di schiacciarlo.
Poco più di cento pagine per un mistero che si dipana nel volgersi della storia senza attanagliare. L'intento dell'autore è quasi una disamina sociologica del nostro tempo. E' di un crudo realismo, è la denuncia dei mali che corrompono gli animi umani: invidia, potere, gelosia, odio, vendetta, desiderio. L'incapacità di alcuni singoli a non pensare se non al proprio interesse che svilisce l'importanza della vita umana. Una prosa diretta, implacabile, che si fatica ad ascrivere al genio siciliano di Camilleri.

sabato 23 aprile 2011

"Leielui" di Andrea De Carlo

Un giorno d'estate...
Pioggia torrenziale. Una porsche inchioda sull'asfalto bagnato.
Alcune auto sono ferme al semaforo. Impossibile evitare il tamponamento.
Alla guida della porsche c'è Lui...
Lui è Daniel Deserti, scrittore di fama internazionale, da alcuni anni incapace di ripetere il successo. Alle spalle matrimoni falliti, due figli, una costellazione di storie di sesso e finto amore, la voglia di farsi male, e di cercare nell'alcool una ragione per mantenersi a galla e mandare al diavolo il mondo intero, incapace di stargli dietro.
Nell'auto tamponata c'è Lei...
Lei è Claire Moletto, un'americana che vive in Italia da anni, un lavoro in un call center assicurativo che il fidanzato borghese non ritiene adatto a lei. Ama correre, la casetta sulla riviera ligure che le fa da nido, non avere vincoli, buttarsi a capofitto nelle storie, sognare.
Quello che nessuno dei due ha messo in conto è... innamorarsi, trascinandosi dietro un'infinità di dubbi e timori. Quello che involontariamente si dispongono a fare è buttare giù il muro di pregiudizi, condizionamenti e falsità che ovatta i comportamenti umani in una società schiacciata dalle convenienze e dagli opportunismi.
Un romanzo a due voci che si fonde in un'anima sola, quella di Claire e Daniel, che si abbandoneranno all'amore.. impudente, inopportuno, sfrontato.. ma straordinariamente vero e inatteso.
Una scrittura autentica quella di De Carlo che pure cede in alcune -volute- piaggerie narrative strappate a tanta cinematografia di genere. Peccato anche per una certa tendenza intimista dell'autore che lavora sul personaggio di Daniel come un cesellatore di pensieri, rendendo pesanti e inutili certi passaggi -diciamolo pure, il libro poteva essere sfrondato di una cinquantina di pagine se non più. Bella invece la parte in cui De Carlo/Deserti fa una spietata analisi dell'uomo moderno: "Non hanno più voglia di crescere, né di migliorarsi. Al contrario rivendicano il diritto a restare immaturi per sempre".

mercoledì 20 aprile 2011

"Habemus papam" di Nanni Moretti

Umano troppo umano il papa di Moretti per non spingere gli ambienti ecclesiastici a temere -in modo riduttivo e artificioso- che questa figura fragile, consapevole, a tratti triste possa celare l'ombra di una chiesa debole, incapace, resa tale dalle problematiche sociali del nostro tempo. Invece proprio l'umiltà di questo uomo, il suo dubitare, il suo interrogarsi sulle caratteristiche che devono essere proprie di un pontefice per sostenerlo nel difficile compito di guida ispirano l'autenticità del personaggio mirabilmente interpretato da Michel Piccoli. Moretti si ritaglia il ruolo dello psichiatra incaricato di aiutarlo ad accettare la nomina, costretto suo malgrado nei palazzi del Vaticano assieme ai cardinali ivi riuniti per il conclave, il che dà il via ad una serie di gags spassosissime, rivelatrici dell'animo umano. Un film divertente e complesso che parla al cuore di quanti riconoscendosi inadattati al ruolo che la società impone loro si affacciano alla vita con la consapevolezza dei propri limiti e la forza di accettarli, e in questo con l'audacia di sentirsi liberi.

sabato 16 aprile 2011

"Il denaro in testa" di Vittorino Andreoli

La psichiatria prende in cura 'il denaro', verrebbe da dire leggendo l'ultimo saggio di Vittorino Andreoli, o meglio chi dal denaro, dal suo possesso, dal suo uso distorto diviene vittima consapevole o meno. Quanto è cambiato il rapporto dell'uomo con il denaro nella nostra società negli ultimi cinquant'anni? E cosa fa di un uomo una 'persona' ricca? Solo il possesso materiale di un bene o la percezione della felicità, del benessere? Come si è arrivati a fare del denaro la misura del valore di un uomo? Cosa ha spinto a mutare i comportamenti e quali meccanismi di difesa l'uomo deve mettere in atto per riappropiarsi della propria dimensione, e più che sopravvivere vivere e farlo bene e a pieno titolo come persona? Un saggio completo e chiaro che fa bene all'anima e che tutti dovrebbero avere l'opportunità di leggere... almeno le pagine finali quando Andreoli suggerisce i bisogni dell'uomo: "E' il punto da cui partire per ridare valore alla persona nella nostra società".

domenica 10 aprile 2011

"Gli anni veloci" di Carmine Abate

Anni '70. Crotone. Quando gli sguardi di Nicola e Anna si incrociano per la prima volta hanno poco più che quattordici anni, lei verrà a stare a pensione in casa di lui per frequentare il liceo. Bella ma altera Anna incuriosisce Nicola che in silenzio, benchè non voglia ammetterlo, si strugge per lei. Intanto corre.. corre.. corre.. veloce come il vento, veloce quanto Mennea, che incanta il mondo con i suoi record, veloce incontro al mare di Capo Colonna dove d'estate passare giornate splendide capaci di riscaldare il cuore oltre che bruciare la pelle, riempiendole di ricordi che restanno addosso come il sapore di sale dopo un bagno in mare e la voce di Rino Gaetano a riempire la notte. Veloce.. corre Nicola e gli anni, record battuti, medaglie, riconoscimenti e il più bello l'amore per Anna che divampa, riempie momenti che preludono ad un sogno infinito.. salvo lasciarsi travolgere da quel sogno, vincere, diventare l'atleta più forte.. più forte persino di Mennea, vincere l'Olimpiade e a quel sogno sacrificare persino l'amore, lo sguardo ferito di Anna una mattina a Roma e quel 'la nostra storia è finita per sempre..' risucchiato dal vento. Erano passati gli anni, sogni infranti tanti, accanto dolori intimi e segreti chiusi in fondo al cuore fino ad una mattina di fine estate, la radio che trasmette la notizia della morte di Lucio Battisti e prepotente il riemergere di ricordi, il senso di colpa da tacitare, una vita da riprendersi al volo.. magari correndo, come ha sempre fatto Nicola, consapevole dei tanti errori, ma deciso a rivivere quegli 'anni veloci'.
Un romanzo struggente; una storia d'amore lieve, un sud assolato che richiama alla vita in ogni magica descrizione di natura, odori e sapori che incantano, narrato con una scrittura immediata e coinvolgente.

"Virginia Woolf e il giardino bianco" di Stephanie Barron

Il 28 marzo del 1941, Virginia Woolf -autrice de 'La signora Dalloway', 'Gita al faro', 'Orlando' solo per citare alcune delle sue opere- si riempì le tasche di sassi e si annegò nel fiume Ouse, non lontano da casa. Lasciò uno struggente addio al marito e scomparve. Il cadavere venne ritrovato a distanza di alcune settimane. Le sue ceneri seppellite sotto un olmo a Monk's House, a Rodmell nel Sussex. Intorno alla figura della scrittrice, della saggista, della brillante quanto inquieta attivista inglese al centro del Bloomsbury Group e figura di rilievo nell'ambiente letterario londinese studiosi di mezzo mondo si affannano a ritrovare un suo scritto, qualcosa che spieghi il suo gesto, la vita scossa da ripetute crisi depressive, qualcosa che getti luce sulla sua poetica surreale, intensa, totalizzante, straziante riflesso di un animo tormentato.
E se Virginia Woolf non si fosse tolta la vita quel 28 marzo del 1941? Se un quadernino rinvenuto per caso da un architetto del paesaggio nel capanno degli attrezzi di Sissinghurst Castle dimora della scrittrice Vita Sackville-West lasciasse pensare che il 29 marzo Virginia fosse in vita? Se nelle pagine di un suo libro fosse nascosto un segreto pericoloso per la sua vita e per il destino della nazione inglese? E se Virginia fosse stata costretta a fuggire dalla casa della sua amica Vita, rinunciare alla pace di quel giardino bianco che andava ideando e se solo un giovane giardiniere le avesse teso la mano ricacciando in fondo al cuore il dramma di una notte di primavera alimentando per più di sessant'anni i sensi di colpa fino a portarlo al suicidio?
Parole struggenti vergate nella disperazione di un momento, un giardino bellissimo, un silenzio rotto dopo decenni, un mistero intrigante e una giovane donna americana capitata per caso in un affaire storico letterario più grande di lei, e l'amore.. per caso.
La Barron ha la capacità di rendere al meglio le atmosfere storiche, si destreggia con realismo al cospetto di una figura imponente quale la Woolf e conquista il lettore con una suspence tenuta alta di pagina in pagina.

sabato 9 aprile 2011

"I segreti del Vaticano" di Corrado Augias

Corrado Augias dopo Parigi, New York, Londra, Roma torna a raccontare "I segreti del Vaticano. Storie, luoghi, personaggi di un potere millenario" e lo fa con garbo e attenzione alla scrittura ma con meno disinvoltura e maggiori riferimenti bibliografici e citazioni che sanno di compito fatto a metà, a meno che non si voglia interpretarlo come merito a quanti della stessa materia hanno scritto facendone costante oggetto di attenzione. Capitoli che si leggono con estremo interesse, specie quelli che trattano fatti più recenti -dallo scandalo della Banca Vaticana alla scomparsa di Emanuela Orlandi- si alternano ad altri che scivolano nel particolarismo di inquietanti e subdole lotte di potere, fino alle pagine sui tesori d'arte del Vaticano. Augias racconta la storia di molti papi che nel bene o nel 'male' (se così si può dire) hanno lasciato un segno nella storia - trai tanti convincono i brevi ritratti di Giovanni Paolo I (Albino Luciani, sul soglio pontificio per soli 33 giorni) e il discusso Pio XI- ma anche di donne e uomini che hanno fatto discutere o scandalizzato il Vaticano: da Olimpia Pamphili, sprezzantemente chiamata dal popolino la «Pimpaccia» all’anticonformista regina Cristina; dall'odio tra il Bernini e il Borromini, al temperamento del Michelangelo. Ma si parla anche attacchi ricevuti dal vaticano, delle guardie svizzere, degli ordini religiosi che più fanno discutere -dai gesuiti all'Opus Dei- delle crociate e di tanto altro ancora. Più volte Augias ricorda che parla di quel che è occorso in questi secoli nel Vaticano.. non della Santa Sede nè della chiesa cattolica.. pertanto non si esprimono giudizi religiosi o quant'altro. Peccato che a dispetto di tutte le buone intenzioni la narrazione risulti piatta forse l'incipit ispirato dalle parole del cardinale Carlo Maria Martini lasciava pensare a una narrazione più coraggiosa, più mordace: "Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modopiù aperto. Una chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settatacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa".

mercoledì 6 aprile 2011

"La fine è il mio inizio" regia di Jo Baier

"Io voglio morire ridendo e se tutto sarà più difficile allora la risata sarà più corta"
La fine è vicina per Tiziano Terzari, malato di cancro da anni, il giornalista decide di raccontare la sua vita al figlio Folco, i colloqui saranno l'occasione per un nuovo inizio, quello della sua testimonianza sul mondo, quella per il figlio Folco costretto ad una responsabilità delicata, raccontare quelle ultime settimane, lasciare che l'anima vinca sul corpo stanco, perchè se il corpo muore le parole, l'esempio di quel che è stata una vita resta, per sempre. E si può scegliere anche il modo di andarsene, magari con un sorriso, in una sorta di magica eppur complicata pacificazione con la natura che continua maestosamente distaccata ad esistere senza di noi.
Il film racconta un testamento orale di un padre a un figlio, una lezione di vita, un condensato di umana saggezza, di illuminata poesia. Accompagnati dalla musica incantevole di Ludovico Einaudi il regista incede su immagini delicate, private in cui tutto è prono a far risaltare le parole. Magistrale l'interpretazione di Bruno Ganz nelle vesti del sofferente Terzani, equilibrato Elio Germani nei panni di Folco Terzani. Entrambi partecipi del pensiero del giornalista toscano. Su tutto però trionfa la parola, il silenzio, colori sfumati di una natura accesa, e riflessioni che si liberano dalle gabbie della costruzione narrativa tradotta in immagini per arrivare al cuore dello spettatore e lì impattare emozionando.
"La verità è una terra senza sentieri"

domenica 3 aprile 2011

"Il terrazzino dei gerani timidi" di Anna Marchesini

'Il terrazzino dei gerani timidi' è il posto da cui una bambina guarda il mondo, si affaccia alla vita, a tutte le prime volte, alle esperienze tristi e felici; è il posto dove gerani dai colori poco definiti, incerti persino nel fiorire, aprono allo scorrere di un quotidiano che riempie le incertezze, le paure, le inquietudini di una bimba in cerca di spiegazioni, di capire le sofferenze silenziose della madre, le parole di un padre che pur presente sembra sempre assente alla vita di famiglia, poco avvezza alle chiacchiere dei bambini, piena di pensieri più grandi di lei, riflessioni profonde da stupire in uno scricciolo incapace quasi di esprimere le sue idee a voce alta, quasi che fosse un obbligo o una scelta consapevole trattenere tutto dentro fino ad averne paura. Mesi, anni indietro e in avanti intorno ad un evento.. la prima comunione.. il timore di confessare la propria inadeguatezza, il vestito come nei desideri di mamma, i fioretti, le buone azioni: far visita a conoscenti malati in ospedale e confrontarsi con l'amarezza, il dolore di una vita segnata o a strambe vecchine dilettevoli esempi di lucida pazzia. Malinconica, sfuggente, osservatrice di un mondo che le si apre intorno con occasioni e passi falsi la bimba farà del terrazzino il suo osservatorio, il posto da cui curiosare, trascinare i libri e leggere fino a veder chiaro nel proprio futuro e così crescere al punto da riconoscere che persino i gerani non erano più timidi, un colore accesso li tingeva, e il loro odore si spandeva nell'aria.
"Essere all'altezza dei sogni; niente altro può fare una vita in alto mare se non seguire la luce orientata dal faro, la cui esistenza è certezza per la speranza di andare avanti in solitaria senza smarrirsi".
Opera prima di una brava artista, 'Il terrazzino dei gerani timidi' è schiacciato da una dolenzìa come la chiama la stessa autrice che affossa il racconto, si percespice ovunque, quasi una foschia gravosa avvolgesse ogni passo della piccola protagonista i cui pensieri paiono eccessivamenti arditi, adulti per appartenerle. La scrittura è poi eccessivamente manierata, si ha l'idea che sia stata cesellata ogni frase, scelta ogni parola, fino a mondarla di naturalità.

"Nemesi" di Philip Roth

Estate del '44. Newark. Quartiere ebraico di New York. Mentre in Europa giovani soldati americani muoiono al fronte, il ventitreenne Bucky Cantor fa l'animatore di un campo giochi. Non è bastato il suo fisico d'atleta, le sue qualità di ragazzo modello a farlo arruolare. Un difetto alla vista ha messo fine prima del tempo al suo sogno ma non lo ha provato nello spirito. Nulla potrebbe. Non c'è riuscita la nascita segnata dalla morte per parto della madre, né la vergogna di un padre ladro. I nonni materni lo hanno educato nei rispetto di sani principi, gli hanno ispirato valori che ora in qualità di insegnante Bucky trasmette ai suoi allievi e lo hanno spinto a credere in se stesso, a modellare un sogno, a raggiungere l'obiettivo con forza. Così Bucky è diventato un ottimo atleta, un lanciatore di giavellotto, così Bucky ha imparato che la vita come ogni sport richiede 'le tre D: determinazione, dedizione e disciplina, e praticamente non servirà altro'. Così Bucky ha anche conquistato il cuore di Marcia, sua collega; così spera di poter costruire una famiglia, di essere felice. Per questo Bucky sente di fare la sua parte nel mondo, ancor più ora che un nemico oscuro ghermisce la vita di vittime innocenti anche nel suo quartiere, anche tra i suoi ragazzi: la polio. Nel giro di pochi giorni l'insegnante modello che attraversa le strade assolate e deserte di un quartiere vittima della paura, del sospetto, della rabbia si trasforma nell'ennesimo responsabile da additare, reo di non aver fatto abbastanza, e il dubbio si insidia in lui, lo dilania, lo spinge a chiedersi perchè Dio permetta tanta sofferenza. Poi la speranza si apre nuovamente a lui, lasciare Newark, lasciare il contagio, lasciare il tormento per lavorare in un campo estivo in montagna, ritrovare Marcia, sognare il futuro con lei, tornare persino allo sport salvo scoprire che non si può fuggire alla malattia, la sua nemesi: 'vendetta che ripara i torti mediante la punizione dei colpevoli'.
Forse è lui l'untore, forse è lui che ha trasmesso il morbo, forse è lui che a dispetto dei suoi nonni non merita di aspirare alla felicità, forse è lui lo strumento di un Dio cattivo che ha permesso la sua tragica infanzia, la sua lotta alla vita, il tentativo di mirare ai sogni per poi ricacciarli indietro, trascinando nel baratro innocenti. Rabbioso verso un Dio ingiusto che ha permesso la morte, la malattia di tanti bambini, che ha portato il dolore in tante famiglie già provate dalla guerra Bucky si lascia vincere da un destino avverso, lui 'una brava persona' si ostina a emendare alla sua colpa, lui sopravvissuto alla malattia, se pur storpio, rinuncia all'ultima possibilità di felicità: lo fa respingendo l'amore della sua donna, lo fa a distanza di tanti anni rifiutando l'amicizia di un suo ex allievo, malato come lui, che ostinatamente cerca di liberarlo dalla sua ossessione: "Non metterti contro te stesso. Nel mondo c'è già abbatsanza crudeltà. Non peggiorare le cose facendo di te un capro espiatorio".
Tutto inutile: "In uno come Bucky il senso di colpa potrebbe sembrare assurdo, ma in realtà è inevitabile. Niente di ciò che fa è all'altezza dell'ideale che nutre dentro di sé. Non sa mai dove finisce la sua responsabilità. Non accetta i propri limiti perchè, gravato da un'austera bontà naturale che gli impedisce di rassegnarsi alle sofferenze degli altri, non riconoscerà mai di avere dei limiti senza sentirsene in colpa".
Ancora una volta Roth regala un grande romanzo ai suoi lettori, un maestro nell'evocazione di tempi, spazi, luoghi. Un capace creatore di personaggi che restano dentro. Una scrittura vibrante, potente, pregna di significato eppure a tratit meravigliosamente poetica, romantica, illusorea. Pare quasi magico il momento in cui Marcia canta al suo uomo per astrarlo dal dolore, da quel senso di colpa che si sta facendo strada nel cuore e che rischia già di rubarlo al mondo. E canta non una canzone qualsiasi ma 'I'll be seeing you' di Irving Kahal.. di per sé un testo dolorosamente emozionante.

sabato 2 aprile 2011

"Ternitti" di Mario Desiati

Metà anni '70, Zurigo. E' nelle fabbriche svizzere dove si produce amianto che lavorano gli italiani illusi dal riscatto dalla povertà, di un futuro diverso per i propri figli. Ne arrivano tanti, tantissimi.. dialetti diversi, uno spazio in un freddo capannone dove condividere patimenti e speranze e per la quindicenne Mimì anche il primo amore. Per molti il sogno di un lavoro che dà pane e forme nuove nel cuore si trasforma in un incubo quando non nella morte di lì a pochi anni, "un corpo svanito, un respiro ridotto e le iridi spente degli occhi". Ne vedrà soffrire tanti Mimì, amici, conoscenti, parenti tornati a morire nella terra d'origine che ha riaccolto Mimì e la sua bambina, Arianna, figlia di chi ha sfuggito le sue responsabilità senza dare spiegazioni se non forse la paura per il coraggio primordiale di una donna orgogliosa, decisa, indipendente. Mimì è così.. "per alcuni un'eccentrica che non era riuscita a dare un ordine sereno alla propria vita e adesso ne raccoglieva i meritati frutti di tem pesta; per altri Mimì era il sinonimo di libertà, era la parola magica che in ogni paese di provincia di questo mondo rende l'idea di una possibilità: vivere nei propri luoghi, vivere dove si è nati, vivere intensamente con la certezza di rimanere sempre se stessi. Perchè di Mimì ne sono pieni i cuori e le teste in mille perfierie, ma sono in pochi ad andarne fieri, con il mento alto e gli occhi piantati sull'orizzonte". Una lavoratrice indefessa, uno spirito libero capace di amore sincero e cure infinite per il fratello disattato e alcolizzato, come verso chiunque celi la parola aiuto negli occhi. Lei che da sempre accompagna i morti, che parla con gli antenati, che affonda nella natura antica si carica del dolore degli altri per trasformarlo, forte dello slancio positivo verso il futuro.. una sopravvissuta decisa a lottare per chi non ha forza, così per le vittime del mesotelioma da amianto, così per le colleghe di fabbrica, così per chi come lei è decisa a riscattare l'amore infelice.. che sia pure per un momento di felicità.
L'epopea quotidiana di una donna del sud, dall'ultimo lembo di terra pugliese abbacinato di sole e scosso di vento al freddo plumbeo della Svizzera, un personaggio tenace e misterioso.
"Mimì non era donna da essere amata dai poeti. Era troppo umana e troppo reale per essere trasfigurata da qualche scribacchino. Non era donna che poteva consegnarsi a qualche verso. A volte nulla per una donna è più offensivo di una poesia".
Un romanzo quello di Mario Desiati che racconta una pagina dolorosa e in parte rimossa della storia recente dell'emigrazione del sud Italia, di più la 'tragedia del lavoro che nutre e uccide', e dei vuoti d'affetto lasciati dalla scomparsa di padri, mariti, fratelli risucchiati dalla malattia: ferite spesso mai risanate.
Una scrittura vibrante, lucida, a tratti evocativa, a tratti fantasmagorica persino naturalistica tanto sono accesse alcune descrizioni di luoghi, odori, tradizioni di paese, inframezzate da frasi in dialetto, che attraggono inevitabili i ricordi d'infanzia comuni a tutti. Un patrimonio condiviso di emozioni e sentimenti cui l'autore saccheggia. Un romanzo, per le tematiche trattate, che sfiora una ricercata maturità nella narrazione salvo infrangersi in un personaggio quale quello di Mimì che risucchia tutto e tutti, stringendo in una morsa il lettore deciso a scoprire quel che il suo cuore indomito di donna cela.
"..perchè anche a vivere annegati nel silenzio e sul mare ci vuole passione e ci vuole coraggio".

venerdì 1 aprile 2011

"Odio gli indifferenti" di Antonio Gramsci

"Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. (...) Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime".
Una raccolta di scritti brevi di Antonio Gramsci di drammatica attualità (il peso della burocrazia, politici inetti, economia allo sbando, i professionisti della guerra) che ispirano se non a prendere 'posizione' quanto meno a riflettere..
"Illusionisti, quei politicanti i quali, fingono di ignorare quel che sanno e di sapere quel che ignorano".

"Senso comune" di Carlo Flamigni

Terzo episodio delle casuali investigazioni in un paesino costiero della Romagna di Primo Casadei -"scrittore di libri di divulgazione storica"- e della sua variopinta famiglia allargata: Proverbio in là con gli anni da qualche tempo ricoverato in un reparto di terapia intensiva, la moglie cinese Maria che parla dialetto e recita il rosario, le sue piccole gemelle Beatrice e Berenice, il gigante buono Pavolone alle prese con la fidanzata argentina Maite alla disperata ricerca di un centro che consenta loro la fecondazione assistita e in tutto questo: il decesso sospetto di quattro anziani e la pericolosa inchiesta del giovane cugino Giuseppe, giornalista a caccia di scoop, cotto perso della fidanzatina Dorotoea decisa a tutto per sfondare nello spettacolo, anche perdersi nelle cene di un potente che muove i destini dell'intero paese. Perso il senso comune.. della decenza, della misura, ci si interroga su temi etici, quali il simulacro di una vita che non è più tale, normative sterili più di coppie cui per un cavillo è negata la possibilità di diventare genitori, l'inquietante potere oscuro di chi impunemente impone nuove norme sociali, fino all'abisso silenzioso del sospetto e il tacito consenso a far rientrare la morte di un giornalista negli accadimenti quotidiani quasi che si potesse infine anche accettare la morte della verità.
Un piccolo giallo illuminante.. che molto deve alla scrittura semplice ma riflessiva dell'autore.