giovedì 31 marzo 2011

"Libero chi legge" di Fernanda Pivano

Traduttrice, scrittrice, giornalista Fernanda Pivano -scomparsa il 18 agosto 2009- regala in questo libro ispirato dal famoso discorso del presidente americano Roosvelt sulle quattro libertà: di parola, di culto, dal bisogno e dalla paura del 1941, decine di suggerimenti letterari. Non c'è un filo logico temporale a tenerli utili ma come ricorda l'autrice nella prefazione sono appunto "libri che sostengono la non corruzione, la non paura, la non violenza: che sostengono la libertà". Così da Poe a Roth, da Kerouac ad Hammet, dalla Parker alla Oates, da David Foster Wallace a Chuck Palahniuk, da Hemingway a Fante, brevi si susseguono ritratti degli autori e dell'opera che al meglio li rappresenta. Pagine vibranti, coinvolgenti doppiamente utili.. conferma o meraviglioso invito alla scoperta di opere di autori americani e ghiotta occasione per quanti si troveranno tra le mani un bignami erudito a cui attingere in ogni occasione. Libro godibilissimo.. una manna per il lettore compulsivo! Il libro risponde al progetto della casa editrice Mondadori per cui la stessa Pivano ha a lungo lavorato, di diffondere il suo amore per i libri, del resto la Pivano dichiara il suo intento del tratteggiare queste schede tecniche: "Tutti i miei testi sono soltanto lettere d'amore; se scuotono dall'indifferenza qualcuno e lo inducono a interessarsi ad almeno uno dei libri descritti e al loro autore hanno raggiunto il loro scopo".

domenica 27 marzo 2011

"Siamo solo amici" di Luca Bianchini

"Giacomo pensò che noi umani non cambieremo mai. Che continueremo a cercare verità scomode. Che ci piace sapere degli altri anche quando gli altri non ne vogliono sapere di noi. Perchè parlare ci consola, ci permette di stare ancora un pò insieme al nostro sogno, all'illusione che nel racconto si possa trovare una crepa, uno spiraglio, un piccolo gancio cui aggrapparsi per tentare una nuova strategia".
Venezia. Giacomo ha quarantotto anni. Fa il portiere d'albergo. Si dedica interamente al suo lavoro, nel suo passato qualcosa di irrisolto, nel suo presente la speranza di rivedere dopo cinque anni Elena, una borghese quarantenne in perenne lotta con il senso di colpa. Rafael ha ventiquattro anni. E' brasiliano, il sogno infranto di fare il portiere di calcio e un amore folle per un'attrice di telenovelas che l'ha spinto a lasciare la sua terra per tentar fortuna in Italia. L'incontro tra Giacomo e Rafael supera presto la formalità imposta dai rigidi schemi d'albergo: concierge, cliente per aprirsi in un'amicizia fraterna, necessaria ad entrambi per risolvere le proprie incertezze, dare senso a percorsi esistenziali imprecisi, fino a infrangersi contro lo spettro della bellezza, della sensualità, dell'amore forse per la stessa donna, Frida, una prostituta che pensa di assomigliare a Gesù. Ma è un inganno.. l'ennesimo in una vita di infingimenti, di emozioni represse, di equivoci infiniti.. che l'animo schietto, sincero di una cassiera di provincia gioiosa svelerà a Rafael così come lo squallore di una notte a Torino aprirà gli occhi a Giacomo per una volta certo di sapere da chi tornare.
Sullo sfondo una città bellissima, capace di emozionare ancora anche i suoi abitanti magari con un campo di calcetto a ridosso di un convento o un giro per le calli di notte e lei la Silvana.. una splendida anziana abituata a dir quel che pensa a tutti.. bevendo il suo prosecco, seduta al solito posto nel salotto dell'albergo, gli occhi puntati sul mondo che forse s'è dimenticata di lei.
Un romanzo coinvolgente passo dopo passo, struggente.. un romanzo che guarda nel cuore degli uomini rivelandone le inquietudini, le incertezze ma anche le gioiose speranze.. un romanzo sull'amore e le sue complicazioni.

lunedì 21 marzo 2011

"Sangue mio" di Davide Ferrario

"Il tempo sembra fermarsi, ma è solo un'illusione, perchè il tempo non si ferma mai e perchè senza il tempo non siamo niente. Siamo solo un prima e un dopo le azioni che segnano la nostra vita: e quelle le facciamo senza una ragione, senza una volontà. Ma alla fine le paghiamo tutte, nel tempo che ci è dato".
Tempo. E il sessantenne Ulisse.
Concetto quasi indefinibile per un detenuto, i cui ritmi sono forzatamente segnati da altri e in cui tutto.. anche lo scorrere dei minuti, delle ore può costituire peso aggiuntivo alla pena o estremo anelito di sopravvivenza, per chi aspetta una data.. un tempo all'improvviso definito, per tornare a vivere, se è poi vivere lo spaesamento di chi torna nella società 'aperta'.
Tempo. E la poco più che ventenne Gretel.
Aspettative, futuro, sogni da realizzare o una semplice vita da costruirsi se al tempo non fosse stato messo un freno, questa volta inarrestabile, dalla malattia, sconosciuta, pronta a scatenarsi silenziosa, a travolgere, a ricucire un passato che altri hanno strappato.
Ulisse e Gretel sono padre e figlia. Lui un ex rapinatore di banche senza scrupoli, lei la figlia in cerca di risposte, di un gesto d'amore che vada a riempire una vita di silenzi. Si troveranno insieme in un viaggio verso il sud, complice la speranza in un miracolo in cui nessuno dei due davvero crede e che sarà invece il riconoscersi l'uno nell'altro, perchè "non veniamo al mondo per essere soli; siamo fatti di legami, di relazioni, di storie" "e allora mi stringo a lui, e lui a me, perchè è dal calore dei corpi che si trae la vera consolazione della vita, ed è quando il calore se ne va che tutto finisce e tutto ricomincia".
Un romanzo struggente, intenso, che racconta di solitudini e sentimenti. Un romanzo pieno di valori.. anche lì dove nessuno crede che possano essercene: nel cuore dei peccatori, dei relcusi.. dei dimenticati da Dio.
Un romanzo di lucida, disarmante, drammatica poeticità.

domenica 20 marzo 2011

"La vita accanto" di Mariapia Valadiano

"Una bambina brutta non ama nemmeno il passato dal momento che non porta niente di bello da ricordare. Vorrebbe invece con tutta se stessa cancellare i ricordi cattivi ma non può, perchè anche il dolore di un'offesa è vita, preferibile al niente dlel'indifferenza".
Esordio potente quello di Mariapia Veladiano, meritato il Premio calvino 2010 per un romanzo scritto con una prosa asciutta, vibrante, capace di dare forma e significato ad ogni parola, ogni espressione di cuore e carattere che attraversano la protagonista, Rebecca: per tutti un mostro.. così brutta da far paura, da lascia rprefigurare uno scherzo della natura o peggio l'opera del demonio, l'espiazione di chissà quale pena per una coppia di bellissimi borghesi, travolti da una nascita che sprigiona dolore, che incute paura, sospetto fino a lasciare divampare inarrestabile come un incendio una rabbia silenziosa, impossibile da fermare, dalle tragiche conseguenze. Lei Rebecca sta di mezzo a un mondo di grandi che la ignorano, almeno così pare come la madre depressa chiusa nel dolore dopo la sua nascita, o di un padre volutamente distratto dal lavoro, o una zia eccentrica a cui però tributare il merito di averle indicato la via per affermare se stessa come persona -perchè persino quello la gente le nega: la musica, suo talento straordianrio. Amata dalla buona Maddalena, protetta dalla maestra Albertina, oggetto di amicizia speciale della pingue Lucilla Rebecca cresce consapevole della sua diversità, mai fino in fondo piegata dagli sguardi malevoli e inorriditi di chi la circonda eppure capace di guardare oltre quella che per tutti è la normalità, il cuore aperto ai bisogni della gente, sino ad esplorare un percorso che le rivela i segreti profondi della sua famiglia permettendole una pacificazione che diventa col tempo la sua maggiore forza, il viatico per concretizzare la parola "speranza".
'La vita accanto' si rivela un romanzo teso, pieno di pathos, drammatico, impossibile da dimenticare.

sabato 19 marzo 2011

"Un karma pesante" di Daria Bignardi

Una sola parola riassume il romanzo di Daria Bignardi, signora della tv: pesante, proprio come il titolo del libro. Una prosa asciutta, una costruzione narrativa furba nel continuo alternarsi dei momenti di vita della protagonista, Eugenia Viola, una regista stressata, iperattiva, decisa e fragile al tempo stesso, che per lunghi momenti non è stata in grado di amarsi né amare, come tanti se non tutti. Ed è questo che salta subito all'occhio nella scrittura della Bignardi, Si ha la netta impressione che la lettura scivoli via senza nulla lasciare al lettore. Eugenia può rimandare ipoteticamente alle esperienze di vita della Bignardi come di tante altre donne, incasinate, problematiche semplicemente vive, in una normalità che quasi fa più paura dei sogni che ci promettiamo di realizzare e che quando si concretizzano paiono quel che sono: pezzi di noi.
"A volte pensi che per cominciare a vievre davvero devi prima capire chi sei, fare le scelte giuste, mettere tutto in ordine: ma alla fine la tua vita sarà il modo in cui hai vissuto. il modo in cui stai vivendo adesso. Mi piace come ho vissuto din qui? Più o meno. Si può cambiare? Non credo. Si fanno sempre gli stessi errori. però si soffre meno".
Chi scrive, specie in Italia, lascia passare la normalità e il guizzo dell'ovvio come straordinario.. se è davvero così allora lo è ogni vita, ogni nostra vita nel coas del presente che parla per noi.

venerdì 18 marzo 2011

"Aurora Leigh" di Elizabeth Barrett Browning

Appassionato romanzo in versi liberi della poetessa Elizabeth Barrett Browining 'Aurora Leigh' è considerato il manifesto dell'autodeterminazione della donna a scegliere il suo destino. Ma vi è di più.. sfugge al lettore il puntiglioso lavoro dell'autrice che si è dedicata all'opera per più di dieci anni preso com'è dalla storia in sé, coinvolgente come e più di un romanzo d'appendice benché i protagonisti, i cugini Aurora e Romney, facciano di tutto per fuggire l'amore che li unisce sin dalla più tenera età con ogni mezzo lacerandosi per anni in dubbi, accuse, furiosi adii. Presi come sono l'uno dal realizzare le idee del socialismo utopico, l'altra dal vivere per la poesia, cui dedicare tutta se stessa, sentendola l'unica forma d'arte degna dell'espressione del vivere. Si sbagliano entrambi. Dopo anni di fraintendimenti e irragionevolezze, buoni e cattivi amici, donne accecate dalla passione e anime perse da salvare, tra la fredda e nebbiosa Inghilterra e l'assolata Italia, in lotta contro i pregiudizi e i privilegi di classe, Aurora e Romney sapranno finalmente riconoscersi l'uno nell'altro e vivere insieme.
Trasfigura amore ogni pagina di 'Aurora Leigh', bisognerebbe citarne frasi, brani interi per tributare il giusto merito alla Barrett Browining.
"Ho perso il dono divino io, chiudendo le mie narici all'ineffabile afflato, sì, quel soffio che è: Amore! L'Arte è una gran cosa, ma l'Amore è molto, molto di più. l'Arte è metafora del cielo, ma l'Amore è Dio, quel che crea".
Un romanzo straordinario.

lunedì 14 marzo 2011

"Terroni" di Pino Aprile

Terroni ovvero 'tutto quello che è stato fatto perchè gli italiani del sud diventassero meridionali'.. e ancora si potrebbe aggiungere.. scarti, scarti di un mondo perduto, di un tempo lontano in cui il sud della penisola viveva sotto l'egida dei Borboni e il nord.. un certo nord -Piemonte- sprofondava nel debito. Serviva denaro, serviva potere, serviva depredare una terra placida e ricca fidando magari nei sogni idealisti di giovani e meno giovani, in un capo, un combattente nato -un certo Garibaldi- e un esercito mandato a piegare con l'asprezza e la violenza quanti non volevano cedere il passo al nuovo sovrano, gente disperata trasfigurata dalla privazione, uomini costretti a fuggire, quando non a indossare l'abito di brigante -lo cucì per loro la storia- per difendere la propria terra, la propria famiglia, la propria persona umiliata in ogni gesto. Il rosso della bandiera italiana prefigura il rosso del sangue versato dalla gente del sud, il bianco il silenzio attonito di quanti ebbero anche la parola smorzata in gola, il verde i campi abbandonati dagli uomini costretti a migrare per non morire. Il libro di Aprile raccoglie una serie di dati inquietanti.. volutamente taciuti dalla storia ufficiale, quella scritta dai vinti, che tratteggia un sud saccheggiato.. di più schiacciato.. marchiato come inetto, incapace di provvedere a sè, in una sola parola imbelle. Le cose però non andarono così.. il sud non aspettava alcun liberatore.. era la terza potenza commerciale dopo Gran Bretagna e Francia.. aveva industrie, un'ampia flotta commerciale, coltivazioni modello. Non il paradiso ma una terra in cui anche chi viveva coltivando la terra risuciva a provvedere a sé e alla sua famiglia. Bisognò imporre con la forza per rendere una terra libera una colonia schiava del più forte.
Da allora nulla è stato fatto per unire davvero l'Italia, per riparare ai danni imposti, per rendere forte, sincero, solido il legame che stringe la gente del sud a quella del nord. Del resto: "il sistema economico italiano era ormai strutturato sulla condizione di minorità di una parte del paese rispetto all'altra: svuotato il Sud dei suoi beni e della migliore gente, lo si assisteva, purché non producesse". Continua ancora così.. eppure proprio per questo.. per le violenze brutali subìte gli uomini e le donne del sud sono oggi più che mai decisi a non dimenticare e difendere la bandiera dell'unità d'Italia che pur non scelta tanto loro costò magari con la speranza di poter guardare alla propria storia passata con dignità, certi di non essere mai stati dalla parte del torto, fieri se mai di quegli uomini morti per difendere quello che di più amavano.. la loro terra.
Una narrazione frammezzata, condita di molti elementi storici, zeppa di riferimenti bibliografici che pure tiene desta l'attenzione del lettore, una scrittura quella di Aprile come si legge spesso 'di pancia' che lascia sgomenti.

sabato 12 marzo 2011

"Da qualche parte verso la fine" di Diana Athill

"Pensare che la nostra esistenza non abbia senso sarebbe assurdo: dovremmo invece ricordare che ogni esistenza apporta il proprio contributo, quasi invisibile ma concreto, verso il bene o il male, ed è per questo che andrebbe condotta nel modo più giusto. E dunque una singola vita è abbastanza interessante da meritere di essere analizzata, e siccome la mia è l'unica che conosca davvero, se la si deve passare al microscopio bisogna farlo nel modo più onesto possibile.."
E Diana Athill editor inglese novantenne si approccia a raccontare di sé e 'da qualche parte verso la fine'.. la vecchiaia, l'età di cui nessuno per pudore o noia parla e che invece grazie alla sferzante grazia e ironia dell'autrice rischia persino di divertire conquistando un pubblico di lettori eterogeneo.
Malattie, lutti da elaborare, incapacità ad affrontare il quotidiano o perdita di interesse verso quello che ci ha sempre interessato ma anche l'incredibile.. a volte incontrollabile voglia di godersela, di fregarsene di limiti e tabù. Consapevolezza e irragionevolezza, desiderio, anarchia ed egoismo mixati all'innato slancio verso chi si vede simile a se stessi, tra bisogni e incertezze. In fondo.. "ciò che muore non è il valore di una vita, bensì il contenitore consumato del sé, insieme alla consapevolezza della sua stessa esistenza: scompare nel nulla, è così per tutti".
Una scrittura lieve che vola dritto al cuore.

venerdì 11 marzo 2011

"Il gioiellino" di Andrea Molaioli

"Se i soldi non ci sono, inventiamoceli!"
Una piccola industria agroalimentare costruita negli anni per fruttare, soldi.. visibilità sociale.. in una sola parola: potere. La Leda principalmente produce il latte.. il corollario è un'azienda di famiglia destinata a far grandi cose: lanciarsi sul mercato, conquistare nuovi spazi commerciali all'estero, consolidare un patrimonio fittizio. Tutto intorno poche figure chiavi: il proprietario, gli amici potenti e lui il ragioniere: quello che in un modo o nell'altro riesce sempre a far quadrare i conti, anche quando porprio non dovrebbero. Uno che vive in simbiosi con il lavoro e che ha la presunzione di credersi indispensabile, semplicemente il migliore. In realtà è un uomo gretto, terribile, che si tiene stretto un bicchiere di buon vino la sera quando gli manca una donna a cui per asprezza di carattere mai confidare un bisogno, un sentimento. Ma la Leda altro non è che la Parmalat.. e il film di Molaioli il tentativo -peraltro riuscito- di descrivere senza alcuna pretesa di capire né di prender posizione, quanto accorso negli ultimi vent'anni. E' disarmante la pochezza di certi passaggi narrativi.. il politico che ricorda al propietario della Leda che per essere figure di spicco nel mondo degli affari bisogna possedere un'azienda, una squadra di calcio e una banca, ovvero agganci giusti per un credito illimitato dice una cosa tristemente vera. E se proprio questo terzo tassello come nel caso della Leda (alias Parmalat) manca, il denaro bisogna semplicemente crearlo dal nulla e poco importa se di mezzo ci vanno ignari cittadini sollecitati ad investire in quello che sembra essere un affare d'oro.. intanto c'è chi si arricchiosce impunemente sottraendo denaro dai conti già in rosso dell'azienda.. c'è chi sfreccia con auto di lusso per le strade di Parma.. c'è chi si bea di passeggiare per le vie del centro riverito come un dispensatore di felicità.. Un cumulo di ignobili menzogne, una facciata di rispettabilità dietro un muro di corruzione, iniquità, falsità d'ogni tipo. Fino allo sconcertante gesto di denuncia di un suicida, le voci che corrono.. non si trattengono più su quello che in realtà cela l'azienda: un enorme buco in rosso e il male torna ad abitare la faccia di uomini solo fino al giorno prima rispettati.
Dietro il potere il vuoto della nullità.
Un film che si regge sulla drammaticità della storia vera, e sulla bravura degli attori, su tutti Tony Servillo, la prima immagine, il suo primo piano basta a spiegare cosa è e cosa fa un attore. A dispetto di questo il film si schianta, si appiattisce su questo scorcio di provincia italiana che grida rivalsa, attenzioni. Un film che turba per la denuncia della spietata corsa al potere ma che non travolge. Forse perché siamo talmente abituati al 'male' nel dispiegarsi delle sue varie forme, a che nulla pur denunciato cambierà, che vederne la messa in scena è poca cosa.

martedì 8 marzo 2011

"Gran Circo Taddei e altre storie di Vigata" di Andrea Camilleri

"Gran Circo Taddei; Il merlo parlante; La fine della missione; Un giro di giostra; La congiura; Regali di Natale; La trovatura; La rivelazione" ovvero otto racconti, otto storie lunghe ambientate a Vigata a cavallo tra ventennio fascista e Repubblica in un intrigante incrociarsi di personaggi 'umani'.. umanissimi nel loro lasciarsi andare a sogni, speranze, passioni, vendette, macchinazioni, gelosie. Italiano e dialetto mescolato in una lingua che connota la scrittura di Camilleri: magnetica, semplice, schietta nella sua vivacità, immediatezza, pregna di tagliante ironia e spregiudicata gaiezza anche quando irride i 'potenti'. Storie piacevolissime che segnano l'indiscussa bravura di Camilleri.
“Una sorta di campionario di uomini e donne di Sicilia”.. e non solo!

domenica 6 marzo 2011

"Vieni via con me" di Roberto Saviano

"Raccontare è già un passo avanti nel fare, perchè le parole sono atti. Ed è per questo che fermare la parola significa fermare il fare. Raccontare come stanno le cose vuol dire non subirle".
Dal programma che ha attirato aspre critiche, tentativi evidenti di 'sabotaggio' sbaragliando la concorrenza, facendo boom di ascolti, conquistando un pubblico trasversale, ecco il testo scritto da cui tutto è cominciato, l'occasione per ritrovare alcune delle storie che Roberto Saviano ha fatto proprie per poi raccontare, condividere con gli altri. Dal mancato riconoscimento dell'Unità d'Italia allo squallore della macchina del fango per eliminare quanti oppongono al coro di consensi plaudenti una voce dissenziente, dalle storie di umana sofferenza e tenacia lotta per il riconoscimento di diritti inviolabili di Welby o Englaro alla difesa della Costituzione di Piero Calamandrei, fino alle pagine toccanti in ricordo della tragedia del terremoto dell'Aquila.
Un libro che scuote dentro, commuove, inquieta, reclama attenzione.

"Lady Susan - I Watson" di Jane Austen

Lady Susan è da ascrivere alle opere giovanili di Jane Austen, proposto in forma di romanzo epistolare, ha in sé come riferimento le opere di Samuel Richardson. I personaggi sono esponenti dell'aristocrazia, corrotti da vizi: la protagonista Lady Susan è una coquette in cerca di costanti conferme al suo fascino, una donna diabolica nei suoi artifici e nelle sue moine, abile bugiarda, di più straordinaria attrice, decisa a metter presto fine alla sua fresca vedovanza amoreggiando con uomini sposati e non, tessendo intrighi in cui trascinare la giovane figlia, da far sposare a un imbelle uomo ricco. La reputazione di Lady Susan è sulla bocca di tutti ma va da sè è solo frutto di invidia e sconsideratezza.. eppure le moine non bastano a convincere la cognata, a stravolgerne la famiglia, arrischiandosi a giocare con il di lei fratello eppure alla fine qualcosa sembra smuovere la donna a una decisione, sposare lei un povero stupido che vagheggia il suo amore lasciando così libera la figlia -poco più che un peso- di vivere amata e protetta nella famiglia dello zio.
I Watson resta purtroppo poco più che un abbozzo cominciato nel 1805. Racconta la storia di Emma. Tornata in famiglia dopo una giovinezza trascorsa in casa degli zii che l'hanno educata e vezzeggiata la stessa percepirà fin dal subito il suo essere poco più che un peso per un padre anziano e povero che non ha di che offrire in dote alle sue numerose figlie, decise a procurarsi un marito per sopperire alla loro probabile indigenza. Spietate e querule le sorelle di Emma la esortano a mostrarsi ai balli della contea o passare qualche tempo in città dal fratello avvocato per accalappiar marito ma lei sembra inorridire all'idea di un matrimonio di convenienza, senza amore: "La fissazione per il matrimonio, inseguire un uomo solo per sistemarsi, sono cose che mi turbano. La povertà è un gran male, ma per una donna istruita e sensibile non dovrebbe essere, non può essere il peggiore. Preferirtei insegnare in una scuola piuttosto che sposare un uomo che non mi piace".

"Sir Charles Grandison" di Jane Austen

Pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1980 questo brevissimo scritto viene attribuito alla Austen trascinandosi dietro ancora oggi una serie di dubbi e controversie tra critici e studiosi. E' una breve commedia in cinque atti -parliamo davvero di una manciata di fogli- che sintetizza con un'ironia spietata l'opera monumentale di Samuel Richardson (per intenderci l'autore di 'Pamela') dal titolo omonimo. Si parla di farzeschi tentativi di matrimoni forzati e fatalmente sventati da casuali e provvidi gentiluomini, patrimoni e convenienze, giovani mal disposte a sposare chi non s'ama, bisbetiche e romantiche fanciulle. Il tutto farcito da doppi sensi, battute e finali ad hoc, in quello che per alcuni doveva essere il divertissement di una giovane Jane Austen per le serate in famiglia. Va da sè che il pregio dell'edizione degli Editori Riuniti è di aver corredato l'opera di una introduzione a cura di Beatrice Battaglia e di una postfazione a cura di Arnaldo Colasanti esattamente agli antipodi e di per sè sintesi di quei dubbi che aleggiano sin dal suo apparire intorno a quest'opera. Per la Battaglia la commedia è frutto dell'acerba ma innegabile penna della scrittrice che darà poi vita ad eroine quali Elizabeth Bennet, vi si legge la spudoratezza di certe espressioni, l'assoluta ricerca di parole e situazioni parodiche e allusive, il tratteggio di personaggi simbolo di una società del tempo dedita all'apparenza quando non a compromessi; per Colasanti può essere il frutto di un civettuolo gioco tra zia e nipote, la seconda che detta alla zia situazioni che lei elabora semplicemente per intrattenere la piccina, una sorta di quadro semplice, piuttosto abbozzato e perso come nelle nebbie che avvolgono i quadri del Turner, funzionale ad essere rielaborato quando non a prestarsi già di per sè così a diversi livelli di interpretazione. Al lettore, inspira l'editore, il compito di scegliere la tesi da sposare o semplicemente abbandonarsi al gioco dell'autrice e parteggiare magari per l'esuberante Charlotte.

"Sandition" di Jane Austen

Ultimo romanzo incompiuto della scrittrice inglese Jane Austen - vi si dedicò i primi mesi del 1817, già ammalata- 'Sandition' racconta del microcosmo di una piccola cittadina di provincia, destinata a diventare, nelle intenzioni dei Parker e dell'autoritaria Lady Denham improvvisati imprenditori, il più ricercato centro di villegiatura marina. Ospite dei coniugi Parker, la giovane Charlotte Heywood, ha l'occasione preziosa di viaggiare e godere dei decantati benefici dell'aria salubre di Sandition e ivi fare la conoscenza dei notabili dle luogo e imbattersi in strampalati malati immaginari, donne impicciose al limite dell'invadenza, giovani donne votate a vestire i panni di eroine romantiche, uomini imbevuti delle idee del Richardson e risolute lady di ferro. La storia purtroppo si interrompe prematuramente a cusa del peggiorare delle condizioni della Austen che passerà gli ultimi mesi di vita a scrivere lettere all'amata sorella. Sandition però ha tutti i pregi della penna arguta della Austen che tratteggia un personaggio femminile franco e deciso Charlotte destinata a trovar tenzone verbale con quel Sidney Parker tratteggiato appena nelle ultime pagine. Un romanzo che avrebbe incantato e divertito i lettori della Austen.

sabato 5 marzo 2011

"La fabbrica dell'obbedienza" di Ermanno Rea

Uno sfogo.. nato dall'impellente bisogno di raccontare, analizzare per certi versi, la decadenza dell'Italia. Questo dichiara nell'introduzione Ermanno Rea nel suo ultimo libro. Giornalista e scrittore napoletano, Rea ravvisa l'origine dei mali dell'Italia o meglio 'il lato oscuro e complice degli italiani' come ricorda il sottotitolo dell'opera, nella controriforma che 'espulse dall'Italia quell'homo novus appena plasmato sostituendolo con un suddito deresponsabilizzato, vera e propria maschera della sottomissione e della rinuncia a ogni forma di autonomia del pensiero'.
Scrive Rea: 'La chiesa tra '500 e '600 e anche oltre, fece conoscere con notevole anticipo all'Italia il fascismo che si annida tra le pieghe del potere, di qualsiasi potere, e tanto più di quello che non si accontenta di imporre le sue regole con la forza bruta ma pretende di impossessarsi della coscienza stessa del cittadino'.
Da lì in poi nulla è cambiato, se non negli strumenti usati per controllare.. per imporre il pensiero unico, nel caso di Berlusconi negli ultimi trent'anni: la televisione.. "con la televisione si può mutare il modo di pensare, stravolgere il lessico corrente, imporre mode e comportamenti, soprattutto in un paese dove soltanto il 29% della popolazione è in grado di vantare un livello accettabile di alafabetizzazione".
Eppure il libro di Rea si chiude con una proposta per superare l'innegabile drammatica crisi economica, sociale e politica che attanaglia il nostro paese, scosso da venti secessionisti di un nord che affonda nei pregiudizi. 'Può una condizione di assoluto svantaggio trasformarsi in un punto di forza, in un'occasione favorevole? (...) Perchè non sperimentare su una fetta limitata del territorio una soluzione alternativa, un modello di sopravvivenza in grado di rappresentare un termine di confronto utile anche agli altri?' Ovvero realizzare al sud quella che molti chiamano 'economia virtuosa'? Per farlo bisogna tornare all'homo novus del rinascimento, 'alacre, operoso, con i piedi per terra'.
Si potrebbe dire di più del libro di Rea, citare passaggi straordinari sulle potenzialità dell'uomo, su grandi interpreti dei secoli passati, esponenti di un modo nuovo di intendere l'uomo nel mondo e ancora rimandare all'interessante parallelo tra Giordano Bruno e Caravaggio: il primo rivendicò l'assoluto primato della verità su tutti i valori che concorrono a configurare l'etica umana, il secondo sostenne che è attraverso la verità che l'uomo può esprimere il meglio che è dentro di sè.
Che sia un semplice sfogo o qualcosa di più.. lo scritto di Rea è figlio del nostro tempo, è sprono all'uomo di oggi a sfuggire al giogo che i potenti di turno aspirano a imporgli, istiga a prendere coscienza, a dire no, a schierarsi in prima linea contro ogni forma di censura perchè come sosteneva Giordano Bruno 'il pensiero e la parola devono essere tassativamente liberi'. Sempre.

venerdì 4 marzo 2011

"127 ore" di Danny Boyle

127 ore. Tanto dura la straziante, tenacissima, a tratti delirante resistenza di un giovane escursionista incastrato in dirupo del Blue John Canyon nello Utah. Partito come sempre.. libero e sfrontato nella dannata sicurezza che dà l'idea di governare la natura, Aron Ralston, zaino in spalla, si lascia vincere dalla spietata bellezza dei canyon, sorridente dopo un imprevisto incontro con due ragazze e decine di tuffi nel cuore blu profondo della terra, sfiora la roccia come un uomo accarezza una donna lasciandose incantare fino all'imprevisto tragico, una caduta, un masso che rotola e lo inchioda a terra serrandogli la mano.
"ops.. ops.. ops.."
Solo.. una piccola scorta di acqua e cibo sfiderà se stesso, metterà a nudo la sua anima, confesserà ad una telecamera il suo amore per la famiglia, chiederà perdono alla madre per la telefononata a cui non ha dato risposta, passerà dalla cieca rabbia all'inutile smarrimento fino ad un impercettibile anelito di vita, una sorta di premonizione che lo spingerà ad un atto violento ed estremo, l'unico capace di strapparlo alla roccia e restituirlo alla vita: segare il braccio con un coltellino. Un film di dinamica staticità (l'ossimoro è volontario) che mette in luce la bravura di James Franco e spinge a riflettere sulle potenzialità dell'uomo gettato nell'agone della natura. Bravo anche Danny Boyle in una regia che mescola flashback e visioni oniriche alla forza dei primi piani rendendoli funzionali ad una narrazione che trascina lo spettatore preparandolo all'angoscia pura dello scoramento delle ultime ore.