domenica 30 gennaio 2011

"Il cimitero dei pianoforti" di José Luis Peixoto

Una falegnameria.. una stanza al suo interno sempre chiusa da cui tener lontani tutti.. e il mistero che la abita: pianoforti, decine di pianoforti amputati, accatastati, silenti ombre del passato di una famiglia portoghese agli inizi del '900. In mezzo alla bottega tra polvere e assi di legno, le voci perdute di chi ha abitato quei luoghi: risate gioiose, grida disperate, pianti, discorsi concitati, ansiti, parole sminuzzate. E loro.. padre e figlio, voci narranti di vita e morte, in comune solo un nome, Francisco Lazaro, in tutto il resto diversi. Cupo, rivolto al passato, inesorabile con se stesso, consapevole di aver fallito come marito, padre il primo; lo sguardo sfacciato, speranzoso, determinato al futuro nel secondo, addosso il peso della famiglia, della moglie in attesa del primo figlio, la madre dolente, le sorelle, e il fratello Simao cieco e ramingo per sua colpa. In mezzo la maratona di Stoccolma del 1912. Lì, sotto un sole inaspettatmente cocente, scorrono spietati i chilometri e la vita del giovane Francisco.
Una scrittura ardita quella del portoghese Peixoto, parole ricercate, evoluzioni artificiose ('Il foglio, come un pezzo di sole piegato in tasca, bruciava'), ripetizioni costanti nella narrazione per generare coinvolgimento, suscitare pathos eppure non sempre riuscita. Colpa forse dei diversi livelli narrativi, questo rincorrersi delle due voci narranti: padre e figlio, questo incessante mescolarsi di passato, presente e futuro, questo infinito ripetersi di nomi di donne, mogli, figlie, nipoti non si capisce fino a quanto volontariamente vittime di uomini prepotenti nel chiedere e pretendere amore. La sensazione che se ne ricava dalla lettura de 'lI cimitero dei pianoforti' è un melanconico approssimarsi alla gioia, sfiorata però.. mai pienamente vissuta, voluta forse. Quasi fosse trattenuta lì.. nella stanza chiusa dove i pianoforti guardano le vite degli altri trattenendone briciole.
"..sul viso c'era un che di miracolo -di purezza- che non sapevo descrivere. Gli occhi grandi - il cielo. Se le fossi stato abbastanza vicino, credo che avrei potuto vedere uccelli che planavano nei suoi occhi, un mese di primavera dentro ai suoi occhi - l'infinito".

venerdì 28 gennaio 2011

"Senna" regia di Asif Kapadia

Scritto da Manish Pandey e diretto da Asif Kapadia, "Senna" è l'unico film autorizzato dalla famiglia del leggendario pilota.
Il film arriverà nelle sale il prossimo 11 febbraio. Vederlo in anteprima al Teatro Petruzzelli nell'ambito del Bif&est mi ha emozionato. Mi ha conquistato la sua storia di uomo, la sua straordinaria abilità alla guida, il suo amore per la ......gente comune, la sua profonda fede in Dio. Impossibile dimenticarlo. Impossibile dimenticare il suo volto illuminato dal sorriso.. sorriso che non comparve mai nel drammatico week-end del Gran Premio di San Marino. Quasi un oscuro presagio. Era il 1° maggio del 1994, Ayrton Senna aveva compiuto da poco 34 anni. Quella mattina – racconta la sorella nel film– parlò con Dio e seppe che avrebbe ricevuto il dono più grande: Dio stesso. L'epitaffio sulla sua tomba recita: "Nulla mi può separare dall'amore di Dio".
http://www.youtube.com/watch?v=XoYvyC2oGD8&feature=player_embedded

domenica 23 gennaio 2011

"Ognuno muore solo" di Hans Fallada

"Tutti hanno paura! - affermò la camicia bruna, piena di disprezzo - Perchè poi? Gli abbiamo spianato la strada, basta che facciano quel che diciamo loro di fare" "Tutto ciò succede perchè la gente non vuol smettere di pensare. Credono sempre che andranno avanti a forza di pensare"
Un libro durissimo, imbevuto di paura e di straordinario coraggio quello che il tedesco Hans Fallada (nom de plume scelto da Rudolf Ditzen) scrive in poco più di tre settimane nel 1946. Racconta la storia di due coniugi berlinesi, due persone semplici, del tutto anonime, strette nel quotidiano di lavoro, cibo razionato e inquietante, pervicace sistema di controllo ingenerato dalla Gestapo. Nessuno è davvero al sicuro, nessuno è davvero più libero, nessuno può dissentire l'azione di Hitler. Nessuno può aver più fiducia nel prossimo, nessuno è al di sopra dal sospetto. Eppure.. nonostante tutto nessuno può vietare i pensieri, nessuno può impedire a pochi sparuti coraggiosi di opporsi al nazismo denunciandone ogni misfatto. Forse i coniugi Anna e Otto Quangel avrebbero continuato a piegare il capo, a credere ciecamente in Hitler se un telegramma non avesse anunnciato loro la morte dell'unico figlio al fronte. Ma qualcosa è accaduto, qualcosa si è spezzato in uno schivo operaio e in sua moglie. La vecchia ebrea vicina di casa derubata, traumatizzata, i vicini delatori, i ragazzi vestiti di camicia bruna assurti a capetti iracondi, gli sguardi della gente tutto intorno in una vita che solo in apparenza scorre come prima.. prima che Hitler prendesse il potere, prima che le SS, le Sa, la Gestapo, la propaganda rendesse tutti complici, conniventi ad un sistema di terrore generalizzato. Anna e Otto decidono di reagire a loro modo, rischiando la vita distribuendo qua e là in città cartoline postali incitanti alla ribellione. Sembra poco.. un gesto irrisorio eppure denso di pericolosissime implicazioni. Chiunque leggerà le cartoline non potrà sottrarsi dal pensare almeno.. prendere in considerazione la possibilità che forse la realtà è peggiore di qualunque male temuto. Costretti a liberarsene, la cartolina passerà di mano in mano lasciando viaggiare il messaggio. Quel che i coniugi Quangel ignorano è invece che quasi la totalità delle cartoline verrà immediatamente consegnata alla Gestapo che inizierà a cercare i responsabili, scovandoli dopo due anni e una serie di vittime indirette: ladruncoli, piccole spie, ma anche ribelli e inermi cittadini stritolati nella macchina del sospetto.
Così come avevano condotto la loro vita, mesti, silenziosi, dignitosi Otto e Anna andranno incontro alla morte per un attimo dubbiosi che il loro gesto sia servito a poco ma qualcuno spiega loro che no.. è servito:
"..ci ammazzeranno, e a cosa sarà servita la nostra resistenza?" "A noi sarà servita molto perchè sentiremo di esserci comportati fono alla fine in mode decente. (...) Così abbiamo dovuto agire ognuno per conto suo, e siamo stati presi uno per uno, e ognuno di noi morrà solo. ma non per questo siamo soli, Quangel, non per questo moriremo inutilemnte. A questo mondo nulla accade inutilmente, e poichè combattiamo per la giustizia contro la forza bruta, saremoi noi i vincitori alla fine.."
Ne è la dimostrazione la storia del giovane Kuno, sfuggito alla furia distruttrice del padre, a Berlino, alla guerra, redento da una donna decisa a voler essere ancora madre, a credere nella bontà dell'uomo. Così Kuno è pronto a vivere la sua vita: "perchè bisogna raccogliere quel che abbiamo seminato, e il ragazzo aveva seminato una buona semente".
Una narrazione vivida, drammatica, realistica. Un libro teso dalla prima all'ultima pagina.
Un esempio di resistenza al nazismo raccontata dal di dentro, dalle viscere di un paese schiacciato, vinto dalla paura quando non dalla volontaria, cieca adesione al capo e alle sue aberranti idee.
Un nugolo di personaggi intrecciati tra loro con indiscutibile maestria, capaci di stare sulla scena come si sta nella vita. Parole che bruciano dentro, emozioni di dolore e inquietudine che restano, pesano come macigni. Un monito alla banalità del male che sconvolge l'uomo. Una pagina di storia, la descrizione di una società annientata... riscattata dal gesto di pochi: "ciascuno agiva secondo le sue forze e le sue possibilità: la cosa più importante era che ci s'opponeva".

venerdì 21 gennaio 2011

"La versione di Barney" regia di Richard J. Lewis.

Barney Panofsky ovvero.. un produttore ebreo di una strampalata soap opera, costretto a ricordare la sua vita, le sue amicizie, i suoi amori, le sue scelte -a volte anche drammatiche- a seguito di un libro in cui un vecchio detective a distanza di trent'anni lo accusa dell'omicidio dell'amico Boogie, brillante ed eccentrico scrittore.
Irriverente, strampalato, generoso, romantico, ma anche fortemente insicuro Barney ricorderà i periodi trascorsi a Roma con gli amici artisti e la prima moglie morta suicida, l'apatia con la seconda moglie ebrea, una parvenue logorroica, pretenziosa e antipatica e l'adorata terza moglie Miriam, la madre dei suoi figli, una speaker radiofonica amorevole, saggia, paziente.
Paziente come l'amore che lo lega a Barney, un pò cafone, indifferente ai suoi bisogni, ai suoi amici, ai suoi interessi, drammaticamente attaccato a lei da perdersi nei pochi giorni in cui le è lontano rovinando tutto, macerandosi di lì in poi nel lamento, nella gelosia fino a spegnersi giorno dopo giorno con la malattia salvo veder riconsciuta la sua estraneità a quell'ancestrale dubbio sulla scomparsa di Boogie e sapersi -nonostante tutto- amato e rispettato da quanti gli erano stati intorno: amici, colleghi, parenti.
"...la vita è reale, è fatta di piccole cose: minuti, ore, sonnellini, commissioni, routine... e questo deve bastare..."
Nel complesso un buon film quello di Lewis, nonostante una narrazione a tratti lenta -di certo non al passo con la sfolgorante scrittura di M. Richler. Brillante l'interpretazione di Giamatti, a dir poco esilarante il grande Hoffman, bellissime le musiche -struggenti i pezzi di L. Cohen- e i riferimenti a grandi autori del passato come Heinrich Heine. Da questo punto di vista un film 'non per tutti'. Difficile cogliere il senso di certe frasi, di certi contesti culturali.

"L'Italia che legge" di Giovanni Solimine

Breve saggio su libro e lettura in Italia. Quanti libri si vendono? Dove si acquistano? Perchè non funziona il prestito librario? Quali sono i lettori tipo? Perchè dividerli tra lettori deboli, medi, forti (lo è chi legge un libro al mese)? Perchè leggono più le donne degli uomini? Perchè più al Nord che al Sud? Perchè legge più chi ha un titolo d'istruzione alto? Perchè l'Italia è tra i paesi in cui si legge meno? Quanto influisce l'ambiente familiare? E i lettori sono persone 'migliori'.. diverse? Più libere, aperte o rispondono al pregiudizio che li vuole isolati, occhialuti, imbranati e se donne pure 'racchie'? Perchè i governi investono poco nelle biblioteche nazionali? Un dato? La sola Bibliothèque nationale patigina conta più dipendenti di tutte le 46 biblioteche pubbliche italiane messe insieme.. e intanto cosa accade e di qui a breve chi si occuperà del nostro straordinario patrimonio librario? Perchè sfugge ai governi che i paesi in cui si legge di più sono anche quelli più competititvi? E dunque cosa è possibile fare per spronare i giovani, soprattutto, alla lettura? Una fotografia realistica su quanto poco si legge in Italia.
Un piccolo saggio incisivo ma ahimè.. desolante.

domenica 16 gennaio 2011

"L'eroe dei due mari" di Giuliano Pavone

Cosa succederebbe se un attaccante brasiliano di fama internazionale, mettiamo un pallone d'oro, abituato ad ingaggi stratosferici e riconoscimenti planetari, decidesse di giocare in una squadra di calcio di un campionato minore.. magari per un'intera stagione.. gratuitamente? E se lo facesse in una piccola squadra di provincia, una città del sud, dimenticata da tutti. Una città avvelenata dai fumi tossici dello stabilimento siderurgico e occoupata dalla Marina Militare? Sì Taranto.. bilancio comunale in dissesto, disoccupazione e degrado urbano alle stelle eppure ancora voglia di sperare, di affidarsi alla magia del calcio e.. vivere un sogno: svegliarsi un giorno e essere protagonista, sotto gli occhi dei media di mezzo mondo, a costo di rimetterci pezzi di sé.
L'uomo dei miracoli si chiama Luis Cristaldi, strapperà Taranto e la sua squadra di calcio all'apatia, alla rassegnazione illudendola con una pioggia di telecamere, sponsor danarosi, e briciole di considerazione. Tutto intorno al rutilante mondo del calcio, il quotidiano: mille piccole storie di uomini e donne comuni, impelagati in storie d'amore improbabili quando non impossibili, lutti e sofferenze, aspettative, decisioni coraggiose, arrivi e partenze, lotte sociali, biechi interessi. Il calcio come metafora della vita, la favola di Cristaldi come sprone a prendere contatto con la realtà, una realtà che non piace ma che spetta solo ai cittiadini voler cambiare. L'eroe dei due mari (Taranto è bagnata da due mari: Mar Piccolo e Mar Grande) può essere, se non c'è già, in ognuno di noi.
"Se quelli che dobbiamo aiutare ci consolano, che cosa vuol dire, che viviamo in una grande città o che siamo definitivamente fottuti".
Un romanzo capace quello di Pavone... capace di emozionare, coinvolgere, far riflettere; capace di parlare di calcio rendendolo accessibile e straordinariamente intenso anche a chi nel calcio ha visto solo un semplice gioco descrivendo umori, odori, sentimenti di chi ne fa esperienza di vita, sdoganandolo da ovvietà e pregiudizi; capace di denunciare la realtà di interessi economici che gravita intorno all'affaire calcio; capace di mediare narrazione e caratterizzazione dei personaggi ad uso di una sferzante e convincente analisi sociologica che dalla città di Taranto si estende per osmosi all'intera nazione; capace di sorprendere, divertire, struggere.
Una piacevole lettura. Un omaggio al calcio e alla bella, dimenticata e a volte oltraggiata città di Taranto, simbolo di tante città di provincia, un invito al riscatto e alla presa di coscienza perché: "I tarantini capirono che nessuno sarebbe venuto a salvarli se non fossero stati loro, per primi, a mettersi in gioco. Se non avessero dissotterrato il latente ma innegabile amore per la propria città, anteponendola all'inerzia e alle recriminazioni di sempre".

sabato 15 gennaio 2011

"Jack e Alice. Ozi e vizi a Pammydiddle" di Jane Austen

Una Jane Austen adolescente scrive un piccolo divertissement, inconsapevole di fare il verso a se stessa e ai meravigliosi romanzi che la consacreranno nell'olimpo dei classici.
Nel piccolo paese di Pammydiddle un nugolo di ragazze in età da marito fa quello che è lecito sperare faccia ogni ragazza sana di mente: accalappiare un uomo, magari bello, magari danaroso, magari nobile. E' quello che si propone anche Alice.. l'imbarazzante Alice avvinazzata il più delle volte, cinguettante e un filino indolente, ostinata a sbaragliare la concorrenza salvo lasciarsi abbindolare dalle chiacchiere squinternate della vedova Lady Williams e affascinare dagli angusti accadimenti occorsi alla bella Lucy. Rifiutata dal bello, orgoglioso e diciamolo pure antipaticissimo Charles Adams Alice ritorna al suo quotidiano di chiacchiere, feste, interminabili giochi di carte e va da sé.. vino!
Una scrittura in divenire quella della Austen, qui ferma su piccoli quadri di narrazione, poco concentrata sull'evoluzione dei personaggi, a tratti audace e sopra le righe nell'insistere sulle cattive abitudini dei personaggi eppure divertente e disinvolta.
Accattivante la veste grafica del libro che le illustrazioni originali e seppiate dell'inglese Andrea Joseph rendono davvero unico.

venerdì 14 gennaio 2011

"Sognando Jane Austen a Baghdad" di Bee Rowlatt e May Witwit

May insegna letteratura inglese all'università di Baghdad.
Bee è una giornalista inglese con tre bimbe e un marito spesso lontano.
Le due donne sembrano avere poco o nulla in comune, ma Bee scrive una mail a May per un suo servizio chiedendole di raccontare della sua vita a Baghdad, May risponderà.. e da quel giorno le due donne si scriveranno di continuo, per raccontare l'una all'altra le proprie giornate, i propri interessi, le scaramucce in famiglia. E non solo..
Perché Bee è una donna che può fare quello che vuole, uscire da sola, fare shopping con le amiche, vedersi con un collega, tutto quello che può sembrare normale, quotidiano.. ovvio.
May invece vive il dramma di un paese in guerra, dove la morte è una presenza inquietante. Dove tutto è razionato, dove non sono assicurati i diritti inviolabili della persona, dove manca l'acqua, la costante erogazione dell'energia elettrica, dove si soffre il freddo come il caldo, la fame.. dove la dignità viene quotidianamente calpestata, dove la vita degli uomini ha perso di valore. Un mosaico di tribù incapaci di coesistere pacificamente dopo l'avvento della "democrazia" americana. Odio, razzie, violenze gratuite, vendette, corpi trucidati per le strade, attacchi terrostici, miliziani assettati di sangue. Un mondo di orrore che si ripete ogni giorno e che pure non impedisce a May di conservare la lucidità e, dopo l'amicizia di Bee, la speranza di poter sfuggire all'inevitabile crollo fisico e mentale e rientrare in Inghilterra dove aveva studiato e vissuto da ragazza. Ma il cammino per lasciare l'Iraq è costellato da così tante tribolazioni da esserne annientati. Ad illuminare il cammino verso la salvezza c'è il quotidiano racconto di Bee, le figliolette, la quantità sfrontata di dolci che Bee sforna, la famiglia e mille piccoli segreti sfumati nella complicità di due donne coraggiose, convinte che raccontare delle eroine della Austen a un mucchio di ragazze irachene dal destino segnato e i sogni infranti possa servire a instillare loro il desiderio di libertà... e quindi sostenere l'ultimo anelito di vita.
Una storia vera che serve a riportare tutti con i piedi per terra.

"Herafter" regia di Clint Eastwood

Strapazzato dalla critica americana, l'ultimo film di Eastwood arriva nelle sale cinematografiche italiane gravato dall'handicap di essere o diventare speciale ad ogni costo. E' invece, sostanzialmente, un film fortemente emotivo, a tratti drammatico, di sicuro coinvolgente. E' imbevuto in ogni immagine di dolore, mediato dal bisogno incessante di ricevere rassicurazioni: su chi non c'è più e abbiamo amato e ameremo sempre, su chi resta e cerca conforto, su chi inizia un nuovo viaggio nella vita fidando solo su stesso. Capita così ai tre protagonisti della narrazione sapientemente tenuta insieme da un filo rosso di intenso pathos: la solitudine che segue a chi è sfiorato dalla morte e l'interrogativo su cosa succede dopo. Marie, la giornalista sopravvissuta allo tsunami, il piccolo Marcus smarrito dopo la morte del fratello gemello e George capace di vedere al di là della vita. I tre si ritroveranno a Londra alla fiera del libro e salveranno l'uno la vita dell'altro, concedendosi la voglia di sperare ancora, di vivere un quotidiano pur attraversato dal dolore dispiegato nelle sue varie forme, e dalla morte, sia che provenga da stravolgimenti della natura, da violenze urbane, fatali e drammatici incidenti o dall'arroganza stessa dell'uomo che ha smarrito la compostezza del vivere e la suggestione di porsi domande sull'al di là.
A far grande un regista è la capacità di dirigere e ottenere il massimo dagli attori e questo riesce in pieno a Eastwood anche in questo film, tanto più con i più giovani del cast, George e Frankie McLaren: lo sguardo triste, perso e deluso dei piccoli protagonisti inchioda lo spettatore. Non sono da meno le immagini iniziali del film sullo tsunami, a testimoniare quanto dirompenti possano essere pochi frammenti di pellicola.
In definitiva non è semplice affrontare tematiche quali la morte e l'al di là, mettendo da parte scienza e fede; superare lo sbigottimento che l'idea stessa di un "oltre" ingenera è l'obiettivo che Eastwood si pone e raggiunge, convincendo lo spettatore.

domenica 9 gennaio 2011

"La controvita" di Philip Roth

Cercate uno scrittore?
Intendo uno che sappia scrivere "dannatamente" bene?
Volete uno di quei libri che vi faranno pensare e ripensare a quanto avete appena letto?
Allora affidatevi a Philip Roth e al suo "Controvita".
Un solo ammonimento: tenetevi pronti a tutto, a ribaltare l'angolo di lettura, a farvi fuoriviare da chi racconta, alter ego dell'autore, a odiare e amare Nathan Zuckerman (personaggio cardine della letteratura rothiana), a credere al naturale dispiegarsi degli eventi finanche plausibili, condivisibili tranne scoprire che forse è solo l'ennesima beffa, l'ennesimo gioco di Nathan, personaggi che si animano e si ribellano all'autore, un affastellarsi di storie, pensieri, umori che accendono la fantasia del lettore pienamente consapevole di essere al cospetto di un genio, ovvero Nathan, ovvero Roth, ovvero se stessi con le proprie idee, le proprie paure, i propri desideri repressi e non, le mille congetture su vita, società, politica.
Similmente pirandelliano Roth sfida se stesso regalandoci il meglio della sua istrionica, comica, irriverente narrativa. Zuckerman/Roth è uno capace di scrivere di sé, di quelli che gli stanno intorno, delle sue malattie, dar forma alle sue fantasie sessuali, sgretolare miti, pregiudizi, irridere falsi miti, parcelizzare strutture complesse, affrontare tematiche serissime quale la questione ebraica senza perdere contatto con la realtà. Restando sempre quel che è, uno sfacciato, snervante, egocentrico, eppure godibilissimo, uno che si vorrebbe come amico, uno con cui bere caffé e parlare di libri.. e non solo, perché Nathan è uno che potrebbe persino farti soffrire ma farlo con stile, mandando in frantumi tutte le tue certezze salvo riabilitarti un attimo dopo degnandoti dell'allure di personaggio nelle sue straordinarie storie.
Un romanzo semplicemente perfetto. Geniale.

domenica 2 gennaio 2011

"La psichiatra" di Wulf Dorn

La stanza n.7 della Waldklik, clinica specializzata in psichiatria, psicoterapia e psicosomatica, è immersa nel buio. Eppure la dottoressa Ellen Roth percepisce la presenza di qualcuno.
Il tanfo di urina, sudore si mischia a quello di disinfettante a cui non si è ancora abituata ma c'è dell'altro, un odore che da sempre associa alla paura.
E' il terrore che leggerà sgomenta negli occhi della donna rannicchiata in un angolo.
Non sa nulla di lei.
Non sa come si chiama, né chi le ha provocato i lividi che ha sul corpo e sul viso. Non sa dare un volto al male che l'ha sprofondata nell'abisso di silenzio. Sa solo che ha promesso al suo compagno e collega di lavoro Chris di prendersi cura di lei.
Ma un'emergenza costringe Ellen ad allontanarsi da lei per qualche momento, non vorrebbe ma deve. La donna le si avvinghia contro, biascica poche parole: "non lasciarmi sola con l'Uomo nero". E in quei pochi attimi di forzata vicinanza qualcosa si spezza in Ellen.
Quando tornerà ad aprire la porta della stanza n.7, poche ore dopo, della paziente misteriosa non troverà traccia. Dove è andata? Come ha fatto ad eludere la sorveglianza? Possibile che nessuno si sia accorto di nulla? E chi ha portato via la cartella clinica della paziente? Possibile che si sia inventata tutto come sospettano i colleghi, attribuendo le sue farneticazioni allo stress?
Ma la paziente era reale e disperata ed Ellen ha un solo proposito: ritrovarla, aiutarla, sottrarla al suo aguzzino che ora minaccia anche lei. Ma chi è veramente l'Uomo nero?
In un incredibile, pericolosa sfida con il male Ellen sarà costretta a mettere tutto in gioco di sé finanche il suo stesso equilibrio mentale, dubitando del suo compagno, dei suoi amici, della sua professionalità, lasciandosi sopraffare dalla violenza, dalla paranoia rifutando la verità, negando la realtà, tacitando il suo subconscio perché non si può accettare il male che è dentro di noi.

Thriller psicologico di facile lettura -da metà in poi la soluzione appare piuttosto ovvia- 'La psichiatra' si presenta come il plot perfetto per una sceneggiatura hollywoodiana. Suspence sempre alta, discreta infarinatura di termini medici e scientifici, personaggi dinamici e un finale ansiogeno.

sabato 1 gennaio 2011

"Una strana storia d'amore" di Luigi Guarnieri

"E io ti ho amata più di me stesso, più di chiunque altro o di qualsiasi altra cosa al mondo"
Libro struggente, intenso.
Lieve come il batter d'ali di una farfalla.
Luigi Guarnieri è tra gli autori italiani più bravi. Capace di plasmare le parole ad uso della narrazione, armonizzare il bagaglio di informazioni estrapolate da uno studio approfondito delle fonti storiche per tessere una storia reale eppur profondamente coinvolgente. Ne è un esempio l'espediente della narrazione in prima persona, questo raccontare, ricordare, dando voce alle parole a lungo taciute nelle forma di una lettera, l'ennesima, spedita alla donna amata quando lei è morta da poche ore.
Chi scrive, chi racconta questa 'strana storia d'amore' è Johannes Brahms. Musicista, compositore.
L'oggetto amato, la donna che non leggerà mai la lettera è Clara Wieck Schumann. Celebre e acclamata pianista.
I sentimenti costretti in fondo al cuore, taciuti volutamente, forzatamente... spodestati dal dolore profondo per chi si è messo da parte, isolato volontariamente, per vendetta o per sacrificio, il dubbio aleggerà fino alla fine.. Robert Schumann.
Amore.. passione.. lunga eterna amicizia fra Johannes e Clara, a legarli la musica:
"Il simbolo segreto del nostro amore. Non l'ho mai pubblicata. E' solo nostra. Mia, tua e di Robert. lo rimarrà per sempre, Una sonata solo per noi tre. Con la musica, ancora una volta, mi hai detto quello che le parole non avrebbero mai potuto esprimere".