mercoledì 28 dicembre 2011

"Tre atti e due tempi" di Giorgio Faletti

Difficile vincere i pregiudizi.. ho provato a farlo leggendo l'ultimo libro di Giorgio Faletti. Una manciata di pagine su un personaggio, Silvano Masoero, detto 'Silver', responsabile del magazzino di una squadra di provincia di lì a un passo dal salire in serie A. La storia, di stretta attualità, racconta di una combine tra giocatori, dirigenza sportiva e malavita per vendere l'ultima partita di campionato. Di mezzo anche il figlio di Silver, Roberto, giocatore di punta della squadra.
E' lui che Silver vuol proteggere, è a lui che Silver vuol evitare il carcere, esperienza che lui ha provato per lo stesso errore trent'anni prima. Nel volgere dei novanta minuti di una partita, sfidando l'evento inatteso e la sorpresa sui volti di chi, in trappola, incarognito vorrebbe tirar giù lo stadio Silver pareggerà definitivamente i conti con il suo passato, riacquisterà credibilità agli occhi del figlio e la forza di guardare avanti con più fiducia.
Tempo di lettura: non più di 50 minuti. La narrazione di Faletti è scarna, puntuale, quasi asettica. Si ha l'impressione di un compito ben svolto, ma né il suo personaggio, né l'evoluzione della storia -che si immagina serrata- lasciano traccia. Dispiace ma nei confronti di Faletti.. il pregiudizio -che scriva ma non sia uno scrittore- resta.

"La fidanzata inopportuna" di Natasha Solomons

Elise ha diciannove anni. La sua mente è presa dai biscotti da rubare di notte in dispensa, dai balli a cui partecipare, le passeggiate in riva al Danubio, le chiacchiere della cuoca e i dispetti da fare alla sorella appena sposata.
Ma è il 1938. Elise abita a Vienna. E' ebrea e l'Austria è appena stata annessa alla Germania.
Figlia di un eclettico e brillante scrittore e una cantante d'opera decisi a lasciare quanto prima il paese, Elise è spinta a cercar lavoro in Inghilterra, per sfuggire a qualcosa di terribile che la comunità ebraica avverte come imminente, inderogabile.
Totalmente priva di esperienza, giovane e irriverente borghese, spirito libero Elise faticherà a vestire gli abiti di cameriera ma Tyneford House, sula costa del Dorset, diventerà presto la sua seconda casa e i Rivers la sua nuova famiglia.
Innamorata del giovane rampollo dei Rivers, Kit, Elise cullerà il sogno di riabbracciare i suoi genitori, amare ed essere riamata.. ma non si può cancellare il passato né fuggire al presente, ai venti di guerra che impattano gelidi e impietosi sulla costa del Dorset travolgendo Elise e la sua nuova vita, sprofondandola nel dolore più cupo.
Decisa a non lasciarsi vincere dagli orrori del conflitto mondiale Elise maturerà una profondità di carattere insperata, figura essenziale ai Rivers e all'intera comunità di Tyneford, consapevole che "chi ha sofferto grandi dolori e ne ha conosciuto la fine si sveglia ogni giorno avvertendo il piacere del sorgere del sole".
Una prosa leggera, la storia del nostro '900 da sfondo ad una storia di amore e speranza, un personaggio femminile in cui è facile immedesimarsi. Peccato per il titolo italiano del romanzo, volutamente puntato a relegare la narrazione della Solomons nel genere romance più banale. Titolo originale dell'opera, capirete, molto più rispondente.. 'The novel in the Viola'.

martedì 27 dicembre 2011

"La seconda mezzanotte" di Antonio Scurati

Inquietante.. quanto può esserlo il futuro che sarà e che ci ostiniamo a non voler riconoscere.
Questa è la Venezia del 2092, distrutta e ricostruita a puro uso dei turisti, stretta nel pugno di ferro dell'egemonia cinese che impone leggi, ordina la morte, schiavizza, vieta la procreazione, lascia che sia tutto un continuo baccanale autodistruttivo.
Non c'è più libertà, non c'è più speranza, prigionieri di una città fantasma, corrosa nell'animo come le facciate dei suoi palazzi lo sono dalle piogge acide, chiusi fuori da un mondo spartito da poche potenze, un atlante geopolitico stravolto, un sud del mondo emarginato e costretto a mendicare avanzi di vita, una civiltà distrutta, abbruttita, annientata finanche nei ricordi, semplicemente cancellati perchè non ci sono che pochi testimoni di un tempo in cui la normalità abitava la vita di tutti. Niente suoni di campane a Venezia, niente espressioni di fede, niente cieli azzurri solo panorami artificiosi, solo divertimento sfrenato. Un ritorno alla barbarie in cui sangue, violenza e sesso estremo appagano i ricchi e tengono in vita i derelitti. Così un gruppo di gladiatori, così il Maestro, così il suo guerriero preferito Spartaco. In loro l'ansia della ribellione, la voglia di dare un senso alla propria misera esistenza, un ultimo sussulto di vita in loro che sono morti che camminano, il Maestro per tutelare quella vita che ha generato sfidando la legge, in Spartaco per placare la vendetta dello stupro di gruppo che ha annientato la sua donna. Entrambi motivati vedranno le loro folli ambizioni soffocate dall'efferata spietatezza della potenza e dall'ambizione più grande.. sacrificare tutto per sopravvivere.. a dispetto del prezzo più alto da pagare, vivere sapendo di aver tradito chi crede in te.
Non c'è che un'eterna mezzanotte su Venezia? Non c'è che da guardare impotenti agli orrori di politici, potenti, affaristi pronti a tutto per il proprio interesse? Forse.. ma la violenza a tratti cruda della narrazione di Scurati può suggerire che uno scenario apocalittico potrebbe essere la nostra prossima realtà se non corriamo ai ripari.

"Occhi negli occhi" di Roberto Perrone

"Essere migliori non significa non avere difetti. Tu ne hai, eccome. Ma hai fatto per lui cose che lui non ha mai fatto per te. Anche essere qui, oggi. Dammi retta. Va' per la tua strada".
Australia. In una piccola cittadina di provincia un violento incendio squassa la piccola scuola elementare; sarebbe una strage se un uomo.. uno straniero.. non avesse rischiato la sua vita per mettere in salvo tanti bambini e bambine. L'uomo giace in fin di vita in ospedale. E' un eroe. Per gli australiani il nome dell'uomo dice poco ma in Italia quel nome evoca un mistero irrisolto: è Michele Monari, illustre giornalista, romanziere di successo, scomparso nel nulla da più di dieci anni.
A scrivere di Michele, a dipanare la matassa di una storia che sembra fatta per uno scoop in prima pagina l'amico di una vita: Sebastiano Schiappacasse. Un pingue cinquantenne giornalista sportivo, felice dei suoi piccoli traffici di lavoro, conquiste e amicizie. Il suo unico conto in sospeso è proprio Michele, l'amico di sempre, l'amico per cui si è rinunciato a tutto, per cui si è sempre perso tutto, lui eterna spalla di una coppia travolta dalla forte personalità di un uomo destinato a chiedere senza mai dare. In un viaggio insperato e avventuroso per le terre australiane Sebastiano riuscirà a scrivere la storia che tutti si aspettano e capire Michele, perdonarlo, perdonarsi e andare avanti, non più intimorito dai rapporti umani ma deciso della svolta da dare alla sua vita, grazie a un incontro insperato e di travolgente autenticità.
"Non sono migliore di Michele. Ho condotto la mia vita appena oltre i cinquant'anni cercando di evitare i grandi contrasti, le trivellazioni nelle profondità dei rapporti umani, gli eccessivbi coinvolgimenti nei sentimenti più forti, miei e del prossimo (...) Entrambi abbiamo condiviso la necessità di non superare un limite ben preciso, di non darci mai completamente agli altri, tenendo sempre aperta una via di fuga (...) E' venuto il momento di affrontare la vita, anche nei suoi aspetti più sgradevoli. Immagina di seguire un corso di aggiornamento su come trattare le persone, gli esseri umani, specialmente quando non ti piace quello che succede, soprattutto quando devi affrontare il dolore degli altri che spesso è più insopportabile del nostro".
Una scrittura quella di Perrone semplice, sensibile, accorata che coinvolge il lettore.

lunedì 26 dicembre 2011

"Mrs. Parkington" di Louis Bromfield

"Sembra debole e fragile, ma non lo è. E' resistente come un giunco e forte come un leone, di quella forza che nasce dall'esperienza, dalla saggezza e da un perfetto adattamento alla vita. Chiunque può sentire la sua forza, e per questo tutti ricorrono a lei quando sono nei guai".
Cameriera in uno sperduto paese di confine del Nevada tra minatori e sogni infranti la giovane Susie decide di seguire l'affascinante, rude e prepotente maggiore Gus Parkington, ai suoi occhi innocenti, poco più che un affarista spregiudicato. Catapultata nel bel mondo newyorkese Susie si trasformerà in una donna di classe, capace di conquistare l'alta società con grazia ed eleganza innate e uno spirito buono e assennato che faranno di lei con gli anni una donna saggia, ammirata e sempre rispettata. L'unico vero punto di riferimento della ricchissima famiglia Parkington.
In là con gli anni, sempre dotata di uno spirito accesso e un'intelligenza vivace Mrs. Parkington farà i conti con il passato, guardando con obiettività al grande amore della sua vita come ad un ladro convinto che solo chi osa ha diritto ad avere denaro, fama e potere. "..uomini convinti che l'intelligenza, l'onore, la civiltà e la saggezza fossero cose da comprare un tanto al chilo".
Una donna, la vecchia Mrs. Parkington, capace di leggere nella lunga vita avventurosa, costellata di dolori e rinunce -su tutte la morte degli amatissimi figli maschi- l'occasione per essere di supporto ad amici, nipoti e pronipoti. "La morte è una cosa netta, chiara, che non ammette compromessi, e alla fine si impara ad accettarla, ma quello che vedeva nella vita dei nipoti era ripugnante, perché divorava progressivamente la felicità, la salute, il decoro e il rispetto di sé".
A cavallo tra '800 e '900, tra guerre mondiali e crisi economiche si dipana la saga di una famiglia, la storia straordinaria di una donna forte, bella e risoluta, osservatrice di una società in evoluzione dove non trovano più posto presuntuosi affaristi ma gente concreta ed onesta; dove cogliere il disagio e leggervi il tormento di giovani spaesati, insoddisfatti, in cerca di un posto nel mondo; supporto a una giovane coppia decisa a vincere i pregiudizi di classe per tentare la strada verso la felicità.
Un personaggio intenso quello tratteggiato dall'americano Louis Bromfield; una narrazione coinvolgente che, pur giocata su ricordi e piani temporali sfalsati, tiene sempre desta l'attenzione del lettore; un'analisi precisa della società americana nell'era Roosvelt che si rivela di schiacciante attualità se letta pensando alla crisi internazionale: "va avanti aiutato dalle varie cricche: la sua vecchia scuola, il suo college, il suo club, gli agenti di cambio suoi colleghi, i suoi soci imprenditori. Stanno tutti uniti per un bisogno mentale di sorreggersi l'un l'altro, poichè nessuno di loro ha la forza di reggersi da solo. Sono convinti di avere più diritti degli altri, e di essere geni mandati da Dio a concludere un dato affare o a dirigere una data fabbrica, e perchè hanno avuto l'abilità di guadagnarsi quattro soli, si credono dei privilegiati al di sopra delle leggi e di qualsiasi controllo, e sono convinti di saperla più lunga di chiunque altro su tutto".

domenica 18 dicembre 2011

"Meglio vedove che male accompagnate" di Carla Signoris

Cinque donne, cinque amiche, ognuna col suo carico di vita. Alla soglia dei cinquant'anni più o meno tutte costrette a fare i conti con un quotidiano di felicità e infelicità, soddisfazioni e insoddisfazioni, gioie e dolori legate a uomini che ci sono ma è come se non ci fossero, uomini che sono presenti e pressanti fin oltre misura, uomini che scappano, uomini che parlano ma non sanno ascoltare, uomini che hanno dimenticato cosa vuol dire amare; e ancora: figli, lavoro, aspirazioni negate, desideri repressi, voglia di piacere e piacersi ancora, piccole gelosie, invidie e amarezze. In mezzo la fantasia, la voglia di ricominciare, la grazia e la spietata lucidità di visione delle amiche di sempre, e un'ironia feroce che sdrammatizza anche l'evento peggiore. Un ridere amaro, a tratti compiaciuto, a tratti sferzante.

"Amber" di Kathleen Winsor

Fine XVII secolo. Amber nasce nella casa di un contadino in uno sperduto villaggio della campagna inglese. Ignora i suoi natali, ignora l'amore e il sacrifcio di sua madre disposta a rinunciare alla sua nobile famiglia, alla protezione dei suoi cari per seguire l'innamorato di sempre, l'uomo a cui un tempo era stata promessa e che da un giorno all'altro è diventato il nemico da battere.
Amber St. Clare è un'indomita fanciulla di sedici anni quando incontra in paese l'uomo che cambierà la sua vita: Bruce Carlton, cavaliere rientrato in patria dopo l'ascesa al trono di Carlo II. Decisa a fuggire dal destino di tutte le ragazze di campagna, Amber seguirà Bruce a Londra, abbandonandosi alla passione e intraprendendo un lungo percorso di emancipazione ed evoluzione personale: da timida fanciulla a esperta amante, da attrice ad avida donna d'affari, da spia al soldo dei nemici del re a spietata arrampicatrice sociale. Dal fango di una stia ai saloni sfavillanti della corte, dai baci di un contadino al letto del re. Unica costante di una vita di delirante ambiguità: l'amore per Bruce, che la farà sragionare, arrivare persino ad un passo dalla morte salvo rincominciare da capo la conquista dell'unico uomo deciso a negarle quello che gli altri sembrano felici di donarle: amore, protezione, rispettabilità.
Amber. Un personaggio dalla forte personalità, esempio di spregiudicata ribellione alle tradizioni dell'epoca; un affresco della società inglese di fine '600 capace di tratteggiare protagonisti, ambienti, relazioni, usi e costumi con audace maestria.
Nonostante tutto la Winsor non appare originale nella narrazione al punto che la sensazione lasciata al lettore è di una storia che sarebbe stata allo stesso modo godibile sfrondata di un centinaio di pagine.

mercoledì 14 dicembre 2011

"Midnight in Paris" regia di Woody Allen

"L'attesa del piacere è essa stessa il piacere".
Gil è uno sceneggiatore americano in vacanza a Parigi con la futura moglie e i genitori di lei. La città, già un tempo abitata e amata, lo spinge a dar forma al sogno di sempre: scrivere un romanzo. Deciso a sfuggire al quotidiano di chiacchiere e shopping Gil passeggia nel cuore della notte salvo ritrovarsi ai rintocchi della mezzanotte catapultato indietro nel tempo. Non un tempo qualsiasi ma il tempo dei suoi miti: Fitzgerald, Hemingway, Picasso, Gertrude Stein, Dalì, Man Ray, Cole Porter e tanti altri. Presto le sue fughe di mezzanotte spingeranno il suocero a crederlo infedele alla figlia ma apriranno a Gil le porte di un mondo da sempre desiderato, in un viaggio di immedesimazione e consapevolezza, necessario a dar credito ai suoi pensieri, peso alle sue aspirazioni e forma all'idea che nessuna epoca è migliore di un'altra, che il quotidiano è fuggito da chiunque, che sognare ad occhi aperti, guardare al passato può diventare un limite se non si ha la forza, il coraggio e il desiderio di accettare che forse abitiamo già un pezzo del sogno.
Un film colmo di speranza, dolcemente retrò e romantico, zeppo di splendide citazioni e rimandi culturali, un fantastico spot turistico per Parigi, con un cast azzeccato e un Allen in gran forma alla regia.

sabato 10 dicembre 2011

"Crampton Hodnet" di Barbara Pym

"A volte fraintendiamo la situazione. Anzi, può capitare che ci immaginiamo di aver capito una cosa, per poi scoprire che quella cosa proprio non esiste".
Oxford. Anni '30.
Autunno. Interno giorno. Accanto ad un caminetto spento una donna pensa alle ore che seguiranno. Chiacchiere ad un tè che la vecchia signorina Doggett darà per un gruppo di conoscenti e giovani studenti, come nella più classica della tradizione del paese. Lei, Jessie Morrow, spigliata e intelligente dama di compagnia, osserverà la scena come sempre, attenta nei suoi compiti, disciplinata nella conversazione, appena piccata per l'insopportabile abitudine di molti nel criticare la moralità altrui e ficcanasare in giro.
Da quel pomeriggio e per l'intero semestre universitario la signorina Morrow respingerà con lucida consapevolezza la proposta di matrimonio del sig. Latimer, giovane curato, a pensione dalla signorina Doggett; assisterà tutt'altro che turbata alla sbandata di Francis Cleveland, docente di mezza età, per la dolce e romantica Barbara Bird e all'insulsa decisione di parenti e amici di indagare per montare uno scandalo tutt'altro che reale; patirà per la giovane Anthea, oggetto di desiderio di molti studenti, mollata dall'unico a cui pensava di tenere, tale Simon Beddoes; osserverà con sguardo disincantato lo scorrere quotidiano di un tempo scandito da formalità e insulsi moralismi, sogni di grandezza e pregiudizi tesi a rivelare il peggio di uomini e donne dabbene.
Straordinario prototipo di donna emancipata, Jessie Morrow pel tramite dell'autrice, descrive con realismo e ironia i rapporti umani, trascinando il lettore in un mondo che sentiamo esserci lasciato alle spalle solo da poco, e forse nemmeno compiutamente: fraintendimenti, pettegolezzi, quotidiane insofferenze, il tutto con una prosa brillante, a tratti pungente.

giovedì 8 dicembre 2011

"L' educazione delle fanciulle. Dialogo tra due signorine perbene" di Luciana Littizzetto e Franca Valeri

"L'amore è come una borsa d'acqua calda mentre fuori nevica".
Epoche, stili, comicità a confronto su donne e.. amori, educazione sentimentale, maschi, comportamenti, tradizioni, figli, lavoro, società.
Un come eravamo e un come siamo sulle donne visto attraverso lo sguardo ironico e a tratti irriverente di due signore della comicità italiana: la mitica signorina Snob, alias Franca valeri e l'incredibile Luciana Littizzetto.
"Ho capito che tutto quel che accade ha un senso. Ma non un verso".

domenica 4 dicembre 2011

"Le sette vite dell'amore" di Carla D'Alessio

Sette giorni a Natale. Ada è da poco in pensione. "Da quando ha smesso di fare la maestra ha perso tutto. O meglio: si è accorta di non aver conservato niente per sé". Suo marito Giulio nemmeno si accorge di lei e Nina, la figlia trentenne, in Spagna da tempo, di lei non lamenta la mancanza. Per questo quando in chiesa si imbatte nel gatto persiano del prete Ada decide all'improvviso di volere che qualcuno per un momento le appartenga davvero. Il gatto sarà per lei Bemot e in sua compagnia comincerà una fuga dal suo quartiere, dal marito e dalla sua famiglia, forse una fuga da se stessa. Complice l'incontro con Mara, l'amica di sempre di sua figlia Nina, Ada finirà nelle vite di un gruppo di ragazze che le insegneranno a riconsiderare la sua vita, i suoi sogni, i suoi bisogni. L'eccentrica Bea, decisa a sfondare in tv; la stessa Mara, tanto decisa sul lavoro quanto incerta nelle relazioni di coppia, e Zoja, una ragazza ucraina piena di speranza e ostinazione nel voler creare per sé e il figlio una vita in Italia.
Di mezzo, una serie di incredibili coincidenze che riempiranno i giorni che precedono il natale, sfidando pregiudizi e dolorose rinunce, lasciando che le vite di uomini e donne intimamente legate un tempo, come quelle di Nina e Sergio, si sfiorino per non incontrarsi più perchè a dispetto del passato, e dell'amore che si crede eterno, la felicità è altrove: negli occhi di un ragazzo semplice e innamorato come Javier, nella voglia di litigare come il primo giorno con l'uomo che si è sposato tanti anni prima come Ada, e in quelli di Giulio di risponderle a tono, nella presunzione di Bea, nel carattere di Mara di sdrammatizzare l'ennesimo sentirsi dire 'sei in gamba' ed essere preferita ad un'altra e nel piccolo gatto persiano, strafottente e libero di affacciarsi nelle vite degli umani per scivolare via quando lo spettacolo è finito, quando le luci di scena si spostano altrove e liberare "tutti quelli che si rinchiudono in prigioni di abitudini per placarsi l'ansia".
Si può amare in mille modi, si può amare il prossimo, se stesso o non amarsi affatto. O ancora prepararsi all'amore, lasciarsi guidare così come fa la D'Alessio in questo romanzo di vite vere, di un quotidiano in cui è facile riconoscersi perché c'è un pò di ognuno di noi in Ada, Mara, Nina, Zoja, nei loro dubbi, nelle loro speranze, nelle loro aspettative, in quei sogni che si portano dietro da bambine e in cui credono ancora. Ma di più la narrazione della D'Alessio convince perchè le parole non sono apparecchiate per piacere, per creare disincanto ma per dare forma alla realtà, al vissuto, inframezzate da forma e sostanza che scavano dentro, nel profondo dell'anima come lo sguardo di un felino.

"La casa degli amori impossibili" di Cristina Lopez Barrio

Fine ottocento, uno sperduto paesino della Castiglia, terra riarsa dal sole e il lento incedere del tempo scandito dai passi di una ragazza che cammina all'alba verso il pozzo. E' Clara Laguna. La ragazza più bella del paese.. e la più sola. Su di lei il peso di una maledizione: "siamo condannate a soffrire per amore, per un unico, grande amore che ci ruba l'anima". Sfidando ogni superstizione, vinto da tanta bellezza, un cavaliere andaluso ruba il cuore di Clara promettendole felicità. Ma è una triste illusione, l'annuncio di una gravidanza allontana l'uomo che lascerà a Clara una fattoria, 'la casa rossa' e una spietata voglia di vendicarsi.
Clara trasformerà la fattoria in una casa di piacere nell'attesa dell'unico uomo che non tornerà più da lei, creerà una piccola fortuna, condannerà la figlia Manuela al suo stesso destino, e tra filtri magici, preghiere respinte, immagini di madonnine nascoste tra le conserve, un giardino che non smetterà di fiorire nemmeno nei gelidi inverni e ricette golose, lascerà che la maledizione attraversi le stanze fatate della fattoria. Manuela tenterà di fugire attratta dal mare dei racconti della sua balia, e proprio il mare le porterà la sua piccola Olvido tanto bella da essere nascosta al mondo nell'inutile tentativo di spezzare la catena della maledizione e redimere le donne della famiglia Laguna. Non basterà rinnegare il passato di peccato e perdizione agli occhi della gente, non basterà l'amore puro e innocente di Olvido e del giovane Sebastiano, nulla a frenare l'ossessione di Manuela e l'atavica certezza di meritare il destino di sofferenza. Anche Olvido dovrà rununciare alla felicità, nel modo più terribile, votandosi alla sua piccola Margarita che terrà lontana dalla casa rossa nel tentativo di proteggerla da Manuela e dalla sua follia ma non si può fuggire al destino, la stessa Margarita si lascerà morire oppressa da un amore negato ma avrà dato alla luce un maschio, Santiago, forse l'unico capace di spezzare la catena di orrori, dolori e rinunce della famiglia Laguna.
Ma sarà davvero così? Quali atroci rinunce dovrà patire Olvido, quali peccati dovrà emendare prima di vedere la casa rossa abitata da un amore felice?
Un secolo di amori impossibili, passioni proibite, tradimenti, estremi sacrifici, infausti presagi, liberate dall'amore puro e dalla capacità di perdonare e perdonarsi: "..a volte l'amore si smarrisce quando si ama troppo, ma rimane per sempre amore e alla fine può riprendere il proprio cammino".
Una scrittura potente, velata di un realismo magico che affonda nelle descrizioni vive, a tratti persino eccessivamente crude, di sacrifici, maledizioni e passioni ancestrali. L'amore al di sopra di tutto sembra dire l'autrice che forse dà il meglio di sé nei racconti di una tradizione orale ammantata di mistero e poesia.

sabato 3 dicembre 2011

"Un segno invisibile e mio" di Aimee Bender

"Sono innamorata dello smettere".
Poche parole delineano il carattere di Mona Gray, vent'anni, innamorata a dismisura dei numeri, abituata a smettere qualsiasi attività, fisica e mentale, un gruppo di bimbi di sette anni a cui insegnare, un padre affetto da una malattia sconosciuta che ha semplicemente deciso di chiudere il mondo fuori e trascinarsi pigramente a lavoro, una madre iperattiva e gioiosa che la spinge fuori casa forse per costringerla a vivere, davvero, o a salvarsi dall'ipocondria dell'unico uomo che avrebbe dovuto indicarle la via.
Timida e surreale, agitata da mille manie, compresa l'idea semiseria di avvelenarsi e al tempo stesso provare piacere nel divorare una saponetta, Mona si lascia vincere dai ritmi lenti di una piccola cittadina americana dove la massima attrazione è un ospedale di cristallo fragile come le poche vite che all'interno si cerca di curare, fragile come la sua stessa voglia di capire, dare un senso alle stranezze della gente intorno a lei, dal suo ex insegnante di matematica che va in giro con numeri di cera attaccati al collo a significare il suo grado di felicità o infelicità quotidiana, al giovane collega di scienze che mescola esperimenti in laboratorio a teatro verità per coinvolgere i suoi allievi e che finirà col trascinarla in un vortice di passione e sentimento più forte del suo senso di autopunizione, sino ai bimbi dalle storie tragiche e comiche che la seguono nella sua devozione per i numeri a cui aggrapparsi religiosamente. Forzata a venir fuori dal suo guscio Mona imparerà a confrontarsi con il mondo reale costruendo sugli errori e sui tentativi dissacratori del suo vivere il percorso della sua emancipazione. Complice.. il regalo per i suoi vent'anni, un'ascia e la piccola Lisa.
"La gente si accorge solo di quando te ne vai: se resti non se ne accorgono".
Una narrazione spiazzante, ironica, suggestiva che non lascia scampo al lettore, innamorato nel giro di poche pagine di Mona e dei suoi piccoli amici.

giovedì 1 dicembre 2011

"Miracolo a Le Havre" regia di Aki Kaurismäki

Un film lieve.. che sfiora il cuore dello spettatore toccandone l'anima, raccontando una storia al tempo stesso semplice e universale, di amore, altruismo, di un prendersi cura che è insito nelle persone buone come sono Marcel e sua moglie Arletty.
Periferia di Le Havre, Francia.
Marcel è un lustrascarpe. Un uomo abituato a guardare per terra ma capace di leggere nel cuore degli uomini. Sua moglie Arletty, lo aspetta paziente a casa ogni sera con la cagnetta Laika. Prepara la cena, sbriga le faccende domestiche con un fare sereno e uno sguardo dolce. Nel loro piccolo quartiere la panettiera cui Marcel ogni tanto ruba una baguette, il fruttivendolo con cui ha un conto in sospeso, il bar a cui bere un bicchiere prima di tornare a casa, gli amici stralunati e un pò disorientati in un mondo che fagocita tutto compreso il tempo e qualche vicino invidioso. E poi la sorpresa, in due occhi profondi come il mare in cui si nasconde: Idrissa, un ragazzino venuto dall'Africa, sfuggito da un conteneir e diretto a Londra. Complice l'intero piccolo quartiere, che si dimostra solidale e concretamente collaborativo, e uno strano ispettore di polizia capace di una bontà d'animo insperata, Marcel aiuterà il piccolo Idrissa ad attraversare la Manica per raggiungere la madre, lasciandosi scivolare addosso il dolore peggiore: la malattia dell'adorata moglie Arletty che come il ciliegio in fiore dell'ultima scena apre alla speranza di una vita in cui in fondo persino credere nei miracoli è possibile.
Un film delicato, suggestivo, pieno di emozione. Un film che parla dell'emigrazione con disincanto, complice una regia capace, facce espressive, un'ironia tagliente e un'atmosfera retrò che apre al ricordo di una società in cui le parole, gli sguardi avevano valore.

domenica 27 novembre 2011

"Elogio del moralismo" di Stefano Rodotà

"Tra una politica che affonda e un populismo che di essa vuole liberarsi, bisogna riaffermare la moralità delle regole (...) E il moralismo non è la rivolta delle anime belle, la protesta a buon mercato, fine a se stessa. S'incarna sempre più in azione, e si fa proposta politica. Stanno comparendo i moralisti attivi, che cominciano a trasformare il loro disgusto non in semplici esecrazioni, ma nell'attenzione minuta per i fatti, nel tallonamento continuo degli immorali".
Un breve saggio, quello di Stefano Rodotà, che raccoglie una serie di scritti e articoli pubblicati nel corso degli ultimi vent'anni, a partire dagli anni bui di Tangentopoli sino all'ultima stagione politica: una dimostrazione sconcertante di come nulla sia cambiato. Da leggere per capire, interrogarsi e attivarsi per pretendere da chi fa 'vita pubblica', rigore e correttezza.

domenica 20 novembre 2011

"La kryptonite nella borsa" di Ivan Cotroneo

Napoli, 1973. Peppino ha poco più di sette anni, non è particolarmente bello, porta occhialoni che regolarmente gli cascano, è vessato dai suoi compagni in classe, stravede per la sua maestra e ha una famiglia singolare. Una madre che improvvisamente si è messa a letto chiudendo il mondo fuori, un padre assente e dall'aria colpevole, nonni paterni simili a terribili aguzzini, l'amore sconfinato e sconclusionato dei nonni materni, giovani zii che lo trascinano in discoteche, balli in piazza, riunioni di collettivi femminili, e un confidente assai particolare: Gennaro, alias Superman, un giovane amico morto che torna a visitarlo per trasmettergli fiducia e appoggio. A dispetto delle vicende familiari che virano dal drammatico al comico nel giro di poche ore, Peppino imparerà a cavarsela da solo, crescendo in una famiglia tanto strana quanto amorevole, del resto come gli suggerisce Gennaro in volo di notte sulla città: "..dipenderà da te se la tua vita sarà facile o difficile. Se tu cercherai di nasconderti in mezzo agli altri, di assomigliare a chi è diverso da te, passerai un sacco di guai. Se capirai che a stare un pò da soli, a essere un esemplare unico, non c'è niente di male, sarai felice. Siamo tutti esemplari unici.."

"L'ultima sposa di Palmira" di Giuseppe Lupo

Lei è la dottoressa Pettalunga, un'antropologa milanese di origini meridionali.
Lui è Vito Gerusalemme, un anziano falegname, 'un uomo con una matassa di ricordi al posto del cuore'.
Il loro incontro nel piccolo paese di Palmira, un punto sperduto sull'Appennino che nessuna cartina indica, quasi irrangiungibile, è frutto di un dramma collettivo. Il 23 novembre 1980 un violento terremoto travolge Basilicata e Campania, lasciando migliaia di morti, dispersi, sfollati. A Palmira solo la falegnameria di Gerusalemme è rimasta in piedi. C'è forse una ragione, più forte della morte, che spinge l'anziano a contravvenire gli ordini di sgombero, cacciando i rappresentanti delle forse dell'ordine che lo vorrebero lontano dalle macerie da cui è accerchiato: Vito Gerusalemme deve terminare il mobilio di Rosa Consilio che di lì a qualche mese deve andare sposa. Sulle ante del grande armadio che conserverà la biancheria di Rosa l'uomo disegna la storia del paese, a partire dal suo fondatore, quel Pastriarca Maggiore venuto da lontano dopo una fortuna fatta con i cammelli, assieme alla sua prima moglie Albina e ai figli che avrebbero popolato un paese venuto sù dal nulla con determinazione e passione.
Per giorni sfidando le scosse di assestamento, l'odore della morte intorno, i mille disagi, la giovane antropologa sarà testimone di un lungo racconto orale che di generazione in generazione parla di misteri insondabili dettati dall'amore e dal dolore, forzate separazioni e sacrifici, gelosie e vendette, doni inaspettati e fantasie oniriche. Decine di storie, di uomini e donne, capaci di vincere la disperazione e spendere per gli altri la speranza di un nuovo inizio, proprio come quello di Rosa che fuggirà il matrimonio per legarsi al vero amore o della stessa Pettalunga che sfiderà le sue stesse convinzioni per riconquistare la sua storia, il suo passato assicurandosi un futuro di felicità.
Dopo la ricostruzione post terremoto, sulle cartine è comparso un paese, un nome sconosciuto al mondo: Palmira. Ora che anche la bottega di Gerusalemme non c'è più, per le strade del mondo c'è chi 'sogna ciò che mette nostalgia'.

"L'agente segreto di Cavour" di Nico Perrone

"L'agente segreto di Cavour", titolo appetibile, che occhieggia al lettore quasi quanto il sottotitolo 'Giuseppe massari e il mistero del diario mutilato' è l'ultimo libro edito da Nico Perrone, docente universitario, ricercatore, storico attento a dare luce a piccoli misteri su figure solo apparentemente di nicchia della storia moderna e contemporanea. Un uso attento delle fonti -punto focale del lavoro del ricercatore- e la naturale propensione alla ricerca della verità hanno spinto Perrone a interrogarsi sulla figura storica e sul ruolo pubblico e politico del pugliese Giuseppe Massari, più volte parlamentare, segretario privato di Cavour dall'agosto del 1858 al settembre del 1860, negli ultimi concitati mesi che portarono all'unità d'Italia. Di quel periodo Massari tenne un diario quotidiano in cui annotava tutto, stralci interi delle conversazioni di Cavour, dei colloqui ufficiali che il primo ministro tenne con politici italiani ed emissari delle corti europee. Massari fu valente biografo di Vittorio Emanuele II, era accorto uomo di corte, capace uomo di lettere, audace autodidatta negli studi dopo la precipitosa e necessaria fuga a soli diciassette anni in quel di Parigi per sottrarsi alle carceri borboniche. Il suo nome è tuttora legato, quasi esclusivamente, alla relazione sul brigantaggio, più volte sollecitata dalla sinistra per denunciare gli errori e gli abusi gravissimi ai danni della popolazione meridionale, e precipitosamente redatta nel giro di pochi mesi dal dicembre 1862 al maggio del 1863, manchevole dell'opportuna osservazione diretta sul territorio e di un'analisi sociale che avrebbe giustificato ben altri interventi. C'è chi come il Miceli in Parlamento ebbe a dire in risposta ai lavori della commissione sul brigantaggio: "C'è l'Italia, là, signori, e se vorrete che l'Italia si compia, bisogna farla con la giustizia, e non con l'effusione del sangue". Ma Massari fu coscienzioso uomo politico, il suo diario, interrotto volutamente o forzatamente, avrebbe forse potuto dir di più dell'agire politico di Cavour ma resta integra la sua dedizione alla causa italiana. "Gli ultimi anni li passò a Roma, dimenticato, senza una casa, ospite di amici: era in miseria, perché le cariche pubbliche allora non erano retribuite e non davano pensione, né mai egli ne approfittò per interessi propri".

sabato 19 novembre 2011

"Ave Mary" di Michela Murgia

Se cercate narrativa riponete sullo scaffale questo libro della Murgia. Vi è sì un racconto in Ave Mary ma è la storia più antica quella proposta, principia da Eva passa per la vergine Maria e arriva a tutte le donne, tracciando un percorso che spiega per certi versi l'evoluzione dell'idea stessa di "femminino", indicando i passaggi storici e sociali cui attingere per relazionare uomo e donna, a supporto di una idea distorta di sudditanza della donna all'uomo; donna rea di essere portatrice del peccato, silente figura da relegare al ruolo di madre nell'incongrua visione di portatrice di vita e morte al tempo stesso. Una scrittura diretta, e a tratti critica nei confronti della Chiesa cattolica, quella della Murgia che attinge alle sue esperienze di vita e ai suoi studi di teologia per capire e offrire ai lettori gli strumenti necessari a svelare la storia 'falsa' scritta da altri, solitamente uomini, sulla donna.. a partire da quella ragazzina di nome Maria a cui fu annunciato che presto avrebbe messo al mondo un bambino.

domenica 13 novembre 2011

"Da dove viene il vento" di Mariolina Venezia

Da dove viene il vento.. recita una delle tante storie che il berbero Idir ricorda della sua infanzia; storie e speranze, di questo è intessuto il suo quotidiano di clandestino in fuga per una terra, l'Italia, che lo sfrutta, lo disprezza, lo isola così come non perdona "chi fa la scommessa sbagliata e se ne pente per il resto della sua vita, o chi inciampa un'altra volta sugli stessi passi".
E' il caso di Dora, che dopo vennt'anni ritrova il suo primo grande, doloroso e tormentato amore: Salvatore. Ancora una volta disposta a lasciarsi umiliare, scambiando per amore una sua personale dipendenza: "..ciò che incatena nella dipendenza affettiva è l'ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela. Di riuscire prima o poi a farsi amare proprio da chi non vuole saperne di amarci o di amarci nel modo in cui noi pretendiamo".
Così lo stesso Salvatore, mai pago, mai sincero con se stesso, anche lui dipendente dalle forti emozioni, dalle droghe, dal rischio in borsa, da qualsiasi espediente prono a deviare il corso banale della sua esistenza, svuotato dal fallimento dei sogni a contatto con la realtà.
Di mezzo a queste storie, altre voci: dal passato.. quella di Colombo diretto verso un 'altrove' sconosciuto, dallo spazio quella di un astronauta russo impossibilitato a rientrare in un paese che non ha più idendità e che osserva con emozionata partecipazione lo scorrere del tempo, il mutare delle stagioni così come l'impatto dei sentimenti sull'agire umano.
Storie, vite, vissuti.. relazionarsi di esistenze, parole, emozioni che incidono nella carne il destino degli uomini: "la vita si evolve grazie all'errore. Nel Timeo di Platone due principi contrapposti governano l'universo: la ragione, Logos, e la Necessità, Ananché, chiamata anche Causa errante. La Ragione spiega l'uomo e l'universo, ma è la Necessità che li governa attraverso gli eventi causati dall'errore. Così l'uomo viene spinto al suo inevitabile errare esistenziale".
Un romanzo accattivante, un coro di voci che parla al cuore del lettore, storie possibili, inframmezzate da parole che bruciano addosso per l'urgenza che hanno di dire, essere, rappresentare.

lunedì 7 novembre 2011

"Il figlio" di Michel Rostain

"La morte ti spinge a dare un significato ai minimi dettagli. Sai bene che però non può mai essere il significato giusto, sono solo cattive fantasie, amarezza, rimpianti, dubbi, retrovisori distorti".
Lion.. febbre alta, dolori, le amorevoli cure di mamma e papà, piccoli rituali come sempre nel corso di una malattia, ma non è la solita influenza e Lion improvvisamente peggiora, il corpo ricoperto di lividi e la sensazione impalpabile che, portato via dai soccorritori, non tornerà mai più a casa.
Lion muore a ventuno anni, una mattina d'autunno.
Ma racconta.. accompagna per alcuni giorni i genitori, il padre tanto amato, nel complicato e incerto percorso di elaborazione del lutto. In mezzo a tanti ma, troppi se, qualche forse.. Lion ricorda i momenti belli con il padre, lo smarrimento, persino l'impossibile scelta di decidere su particolari della sepoltura con l'unico obiettivo di evitare il ridicolo, l'incongruo, l'inaccettabile. Nel rispetto di una persona tanto amata, nella speranza prima e poi nella disarmante constatazione di poter sopravvivere alla perdita di un figlio e tornare alle cose di tutti i giorni: il lavoro, la spesa al supermercato, le piccole discussioni in famiglia.
Un libro che commuove, lieve come una carezza sul viso. Una scrittura semplice ed efficace.

domenica 6 novembre 2011

"Mr Gwyn" di Alessandro Baricco

Ci si può svegliare una mattina e d'istinto, con una determinazione che appare sconosciuta a se stessi, decidere di mollare il proprio lavoro e ricominciare.
Lo fa Jasper Gwin. Quarantenne scrittore piuttosto conosciuto. Lo fa stilando un elenco di cose che di lì a breve non farà più. Piccoli e grandi gesti, tra questi scrivere, pubblicare libri.
Difficile quando scrivere ha costituito per alcuni anni l'unico strumento di gioia, eppure Mr Gwin molla tutto e se ne va lontano, prima in un piccolo paese della Spagna poi per le vie di Londra cercando di riappropiarsi del proprio tempo; infine, incapace di rinunciare del tutto a quel gesto, trovando riscontro in qualcosa, qualcuno che possa dargli la stessa emozione.
Un pomeriggio di pioggia è la chiave della svolta. Mr Gwin trova riparo in una galleria d'arte e guardando alcune tele capisce di poter piegare la scrittura per fare ritratti, usando la parola al posto del pennello, scavando nel profondo dell'oggetto osservato per scattare la fotografia della sua anima, del suo essere più profondo, quell'Io interiore che va ascoltato, riconosciuto, assecondato.
Mr Gwin allestisce uno studio di posa dove accogliere i clienti nel corso di un rituale di osservazione lungo e particolare. Musica, luci soffuse che si spengono ad una data ora, un solo breve scambio di parole e lì per alcune ore ogni giorno l'uomo o la donna nudi attarversano gli spazi, siedono, riposano, dormono, gesticolano lasciando che Mr Gwin catturi l'istante della loro vita necessario ad elaborare una storia, la propria storia.
Affiancato da Rebecca, una giovane e pingue assistente, Mr Gwin soccomberà all'esperimento, peraltro riuscit0, fuggendo di lì a breve, dopo la morte dell'amico editor Tom e l'incontro con una giovane cliente ribelle e disattata. Scomparso nel nulla, Mr Gwin passerà il testimone a Rebecca incosapevole testimone di un dono straordinario: la consapevolezza di essere non "personaggi, ma storie", ognuno a suo modo unica.
La capacità di Baricco sta nel rendere perfette storie semplici, nel tratteggiare con un nitore altrove difficile da reperire, messaggi che altrimenti rischieremmo di non ascoltare: cosa siamo veramente? Quel che facciamo, per abitudine o passione? Quel che vorremmo fare, sogni o aspettative? O piuttosto siamo interpreti di una storia che racchiude tutto il nostro essere? Nudi -proprio come i clienti di Mr Gwin- al cospetto del presente, smessi i panni della consuetudine, dei pregiudizi, delle sovrastrutture, liberi di guardare e lasciarsi guardare, liberi di accettare quell'unico piccolo particolare che fa di noi la storia che il destino ci cuce addosso e che noi rifuggiamo fino a quando qualcuno la racconta, la ricorda. O ancora, più semplicemente, la vita, il nostro essere sta nel viaggio che facciamo per conoscerci, per venire alla luce agli occhi degli altri, anche lì una luce capace di illuminare solo noi un attimo prima che si spenga sospendendo su di noi il giudizio. Un breve ma intenso romanzo che si fa amare dal primo istante, nell'attimo stesso in cui ci imbatte in Mr Gwin e nelle sue bizzarrie.

sabato 5 novembre 2011

"Pina 3D" di Wim Wenders

Mozzafiato!
Si può non conoscere il Tanz Theater (teatro danza).
Così pure la grandezza di Pina Bausch, a cui ovviamente il documentario è dedicato.
Si può mettere in discussione la regia di Wim Wenders.
Ma non si può ignorare la magia di uomini e donne che danzano, la poesia che promana da ogni movimento del corpo, l'emozione di un gesto, di uno sguardo da cui passa tutto: vita, amore, desiderio, lotta, gioia, disperazione, unione come recita il trailer, a giusta ragione.
Non si può che soccombere a tanta meraviglia.
Da non perdere.

mercoledì 2 novembre 2011

"Gordon" di Edith Templeton

"Faceva domande nello stesso modo in cui faceva l’amore: in maniera insistente, esplorativa, dolorosamente sgradevole, e mi faceva sentire inerme".
Nella Londra del secondo dopoguerra un incontro casuale sconvolge la vita della giovane Louisa. Può la passione rendere schiavi un uomo e una donna? Cosa può accettare Louisa in nome di una relazione che è morbosità, indagine, violenza, sordida emozione? In un viaggio alla scoperta del tormento interiore la passione negativa ed estrema del legame fra Gordon e Louisa.

Di seguito la recensione coompleta: http://www.box.net/shared/6qn1fe28mhz1927lb0j8

martedì 1 novembre 2011

"Prenditi cura di lei" di Kyung-Sook Shin

"Come si fa a vivere senza fidarsi della gente? Ci sono più persone buone che cattive"
Un giorno qualsiasi. Una stazione di una città coreana. Un uomo e una donna camminano l'una a pochi passi dall'altro. La gente preme per salire sui vagoni della metro, una mano tesa.. lo smarrimento che coglie l'uomo voltandosi indietro, verso quel corpo che non c'è più, non gli è più accanto. Park Sonyo è scomparsa. Ghermita da una metropoli che non arretra di fronte a nulla. Nemmeno ai tanti volantini lasciati in giro con la descrizione della donna, nemmeno ai parenti che la cercano ovunque, che girano la città, che vagabondano come potrebbe aver fatto lei, smarrita da una malattia che hanno tutti voluto ignorare, che trascina il malato nel vuoto di un silenzio confuso, incapace di chiedere aiuto. Una città che quasi schernisce il dolore di chi sente di aver perso una moglie, una madre, una parente, un'amica e calpesta il risentimento di quanti hanno solo creduto di conoscere Park Sonyo.
"Fino al momento in cui hai capito che avresti potuto non rivederla più, lei era come un albero tenace: un albero che dura nel tempo, a meno che non sia tagliato o strappato via. Quando è scomparsa la madre dei tuoi figli, hai capito che era scomparsa tua moglie. Tua moglie, che avevi dimenticato per cinquant'anni, era una presenza nel tuo cuore. Solo dopo la sua scomparsa è diventata tangibile, come se potessi allungare una mano e toccarla".
Quanto poco si conoscono le persone che ci sono accanto? Quanto poco valutiamo il sacrificio di chi ci cresce, ci ama, si prende cura di noi senza nulla pretendere in cambio? Quanto poco scorgiamo i segni di solitudine, inquietudine, malattia di chi dovremmo amare? Quanto poco di noi conosciamo? Quanto semplice appare perdonarci il disinteresse, l'assenza? Quanto egoisti siamo per rigettare i sensi di colpa, per dimenticare quello che non abbiamo il coraggio di domandare? Park Sonyo, come tante madri, ha amato incondizionatamente, si è donata alla famiglia, ai figli, a chiunque avesse bisogno per l'amorevole naturale propensione a darsi al prossimo fino ad annullarsi, salvo trattenere piccoli segreti di straordinaria umanità.
Un libro che interroga il nostro cuore, un libro che fa bene all'anima, un libro dalla scrittura suggestiva e intensa.

lunedì 31 ottobre 2011

"Jane e i fantasmi di Netley" di Stephanie Barron

Costa di Sothampton, 1808. Jane Austen si aggira tra le rovine dell'abbazia di Netley assieme a due dei suoi giovani nipoti. Uno strano figuro vestito di nero l'avvicina provocandole un brivido d'apprensione, è latore di una missiva di un suo caro amico, Lord Harold Trowbridge, un nobile a servizio di Sua Maestà. Il breve incontro che segue tra i due preannuncia sventure in quel d'Inghilterra a partire dal rogo di una fregata della Marina, l'insurrezione dei prigionieri francesi, le sorti della guerra che vede opposto Napoleone Bonaparte agli inglesi e la stessa vita del re, schiacciato tra scandali, matrimoni segreti e lotte di religione.
Jane avrà l'arduo compito di sorvegliare quella che lo stesso Trowbridge considera il peggior nemico dell'Inghilterra, lady Challoner, tanto bella quanto spietata, una spia la cui determinazione rischia di trascinare a morte troppi innocenti. Arguta, intrepida, testarda Jane sosterrà il suo caro amico in un'indagine pericolosa, dal finale dolorosamente inaspettato.
Settima indagine curata dalla Barron con Jane Austen nei panni di un'insolita detective, "Jane e i fantasmi di Nestley" testimonia la geniale capacità dell'autrice di proporre inchieste valide e credibili dal punto di vista storico, sociale, politico e va da sé logico. Nulla è lasciato al caso, nemmeno il proposito di indagare sulla figura letteraria della Austen, che conquista con la sua forte personalità il lettore più recalcitrante. "Non posso evitare di essere selvaggia come una fiera, se questa è la mia natura".

domenica 30 ottobre 2011

"La setta degli angeli" di Andrea Camilleri

Palizzolo. 1901.
Siamo in un piccolo paese siciliano. Un circolo di notabili. Sette chiese vanto del paese. Nobili famiglie, fanciulle timorate di Dio e tanta povera gente. Un avvocato, tale Matteo Teresi solito denunciare dai fogli di un giornale prepotenze, illeciti e vigliaccherie dei potenti. Per questo inviso ai più, oggetto di scherno e pubblica denuncia dagli altari delle chiese. Figurarsi quando in paese si sparge la voce di un'epidemia di colera? E chi se non Teresi ha attirato l'ira di Dio sul paese? Merita di essere punito.. magari brutalmente malmenato ma in una notte di paura, fughe, assalti e violenze può capitare di tutto anche di scambiare per colera il riserbo silenzioso di un medico che non sa spiegare una bizzaria nel paese: tante giovani fanciulle misteriosamente gravide di un presunto Spirito Santo? Peccato che i loro parenti pensino a farsi giustizia con maschi in carne e ossa e ingenerare un pandemonio portato a freno solo dal provvido arrivo dai carabinieri guidati dal determinato capitano Montagnet, un uomo di legge capace di tener testa alle pressioni dei notabili, dei politici e della Chiesa.. eh sì perchè dopo intense indagini al fianco dell'avv. Teresi proprio sei dei sette preti del paese sembrano coinvolti nello strano affaire delle gravidanze. Scandalo, peccato, orrore.. e tutto portato alla ribalta delle puntuali cronache del Teresi che pago di aver dato valore alla parola 'verità' e certo di aver supportato il Montagnet nel far 'giustizia', sa di essersi fatto il vuoto intorno. La gente non vuol sapere certe cose, preferisce che i panni sporchi restino in famiglia, che gli scandali degli abusi di religiosi siano risolti dalle autorità ecclesiastiche stesse per evitare che la gente perda fiducia nei religiosi.. così scoperta e punita la setta degli angeli, fanciulle disonorate date in spose a giovani consenzienti, padri riportati alla ragione, tutto in paese sembra tornare in pace tranne per Teresi che solo e minacciato non ha che da far le valige ed emigrare in America.
"Questo paìsi, egregio avvocato, è come un gatto che dorme. Teni l'occhi chiuiuti, non si catamina e uno si persuade che dorme. E 'nveci il gatto sta a contare le stiddre del cielo. In questo paìsi perciò si veni a sapiri tutto di tutti, non si può tiniri ammucciato nenti"
Da un fatto di cronaca vera la maestria di Camilleri nel descrivere un microcosmo che a distanza di più di un secolo pare in tutto e per tutto simile all'oggi dove tacere, nascondere, sopportare in silenzio le angherie e i soprusi in nome di un privilegio, un elemosina di vita è ancora la prassi. Una narrazione come sempre coinvolgente, una cronaca d'autore che lascia l'amaro in bocca, per quello che sarebbe potuto essere e non è stato e forse mai sarà.

"Matilda" di Mary Shelley

"Malgrado ogni sforzo per cacciarlo, questo amore mi attanaglia sempre di più, questo amore colpevole, più innaturale dell'odio, che inaridisce le tue speranze e che distrugge me per sempre.. meglio aver amato la disperazione a verla impunemente baciata.."
Una ragazza racconta.. il suo nome è Matilda.
Sola, in fuga dal mondo, a un passo dalla morte, ricorda ad un tenero amico, suo inaspettato confidente, la sua breve esistenza di intensa gioia e inenarrabile dolore, la cui fonte è l'uomo che avrebbe dovuto al mondo più averne cura: suo padre. Tormento, colpa, immenso disagio, impossibilità ad accettare la passione proibita di cui è oggetto.
Disillusa, angosciata, provata nel corpo e nella mente Matilda sente che la sua vita non può essere vissuta: "...come chi muore nella speranza e si desta all'Inferno".
Un libro intenso, struggente, doloroso, riflesso dello stato d'animo dell'autrice che lo scrisse in un periodo infelice della sua vita costellata dalla perdita del figlio, la crisi dell'unione con Percy Shelley e l'ingombrante presenza della figura del suocero; ma anche denuncia della condizione di vita delle donne del tempo spesso oggetto di passione e sopraffazione, imposibilitate a reagire, a farsi, dirsi indipendenti in una società ancora dominata dal genere maschile.

giovedì 27 ottobre 2011

"Melancholia" di Lars von Trier

Due sorelle, Justine e Claire. Due approcci differenti alla vita. Inquietudine, scoramento, depressione nella vita della prima. Pacatezza, serenità, ordine in quella della seconda. Di mezzo, la parola felicità. La si sente risuonare all'infinito nel corso della festa di nozze che Claire e il suo ricco marito preparano in un castello per Justine.
"Sei felice?" "Ma si.."
E invece no. A dispetto della scontatezza del matrimonio fallito tra i genitori delle due, l'uno cialtrone e vanitoso, l'altra nichilista e duramente sincera, le due sorelle hanno tra loro un legame forte, puro, sincero, che porta Claire a prendersi cura di una sorella che alterna a sorrisi espressioni di muta rassegnazione; tutto in Justine lei rivela la disincronia della malattia, una sorta di autodistruzione che traspare sul suo volto, sull'impossibilità a muovere un passo, ad isolarsi dagli altri. Quel che nel corso della festa di nozze di Justine è un abbozzo irrompe in coincidenza di un evento straordinario: il passaggio del pianeta Melancholia, che rischia di impattare sulla terra. A dispetto delle previsioni positive degli scienziati e delle rassicurazioni del marito, Claire teme l'inevitabile fine. In una splendida dimora lungo il lago Claire accoglie Justine, duramente provata dalla malattia. Sarà Justine a tornare in sè, quasi a rivivere in coincidenza della ipotetica fine del mondo. Fine che si rivelerà drammaticamente improcastinabile. Melancholia impatterà davvero sulla terra estinguendo il genere umano. Claire cercherà di sottrarsi sino all'ultimo all'idea di fine e quando smetterà di fuggire cercherà di prepararsi razionalizzando il tutto. Justine invece, da sempre consapevole della natura matrigna della Terra, si presenterà calma alla morte, stringendo a sé la sorella e il nipotino in una capanna di bastoni che spaccia come magica. Una stretta di mano sigilla l'aspettativa della felicità eterna a fronte della fine senza appelli di sorta.
Il film è visivamente splendido. Giochi con la macchina da presa che scavano sui volti dei protagonisti salvo scivolare dal particolare all'universale nel giro di pochi secondi. Il messaggio di un cineasta depresso che si dichiara impietoso verso un'umanità che non merita di essere salvata, fallace in ogni suo gesto se non in quella stretta di mano finale tra le due sorelle. Un film inquietante, drammatico ma profondamente vero, intenso, arriva al cuore dello spettatore scavandosi uno spazio con dolore. Straordinaria la scelta musicale, a partire dal preludio del 'Tristano e Isotta' di R. Wagner. Solo i dieci minuti del prologo valgono la visione del film. Immaginifico. Una vera opera d'arte.

domenica 23 ottobre 2011

"Io e Dio. Una guida dei perplessi" di Vito Mancuso

"La vita viene prima della ragione, e che si dice anzitutto come cuore, passione, desiderio, generosità"
Si deve attribuire al teologo Vito Mancuso il merito di aver dato parola al sentire comune di tanti che pur profondamente cattolici non sentono più alcuna comunanza con l'agire dogmatico della chiesa in quanto istituzione. L'autore pone a confronto il principio di autorità, secondo cui si è cattolici perchè si obbedisce al papa, con il principio di autenticità, secondo cui si è cattolici in quanto si vuole sempre il bene del mondo, riconoscendosi va da sé in quest'ultimo; un silente scisma sommerso tra cristianesimo spirtuale e cristianesimo istituzionale: "Sostengo il passaggio da una fede come 'dogmatica ecclesiale' a una fede 'laica', per la quale l'istanza conclusiva è la coerenza del pensiero rispetto all'esperienza concreta della vita".
In un excursus storico, filosofico, religioso, virtuoso e attento, lo scritto di Mancuso invita a pensare, ragionare, cercare, interrogarsi, condividere, confrontarsi con le idee degli altri e così liberarsi dai pregiudizi; invita cioè a lavorare su se stessi e se necessario formarsi e/o riformarsi giungendo così a percepire il libero arbitrio. La scrittura di Mancuso è chiara, percettiva di un percorso che ognuno di noi sente come necessario quando si confronta con l'impossibilità di coniugare la benevolenza di Dio con il male, ad esempio.
"Gesù concepiva la fede come disposizione del cuore, affidamento, fiducia, atteggiamento complessivo dell'esistenza. La fede di Gesù è l'orentamento di chi ha legato la libertà all'unico necessario, slegandola di molteplici idoli del potere. E' la fede come pace del cuore, e insieme come lotta contro l'ingiustizia".
Nel XVII secolo Mancuso sarebbe finito arso sul rogo, ieri sarebbe passato per eretico perchè incapace di sottomettere l'intelligenza all'autorità ecclesiastica, oggi è ancora in odore di scomunica, di certo è mal tollerato da una chiesa incapace di cogliere l'abissale distanza dal quotidiano, da un reale in cui è invece necessario immergersi perchè "l'essenza umana consiste nella relazione" e perchè, sembra quasi banale dirlo, si vuol essere semplici uomini che credono nel bene e nella giustizia, che credono nell'amore.

domenica 16 ottobre 2011

"Menti criminali" di J.Ellroy, J. Webb, A. Borowitz, J. Dunne, A. Wilkinson, D. P. Lee, D. Grann

"Non credo che sapremo mai con certezza cosa è accaduto veramente. A differenza dei libri gialli, ci tocca vivere senza risposte".
Nove tra le migliori firme del giornalismo e della narrativa americana raccontano alcuni dei crimini più efferati degli ultimi decenni. Ben lontani dal pezzo 'a sensazione' di certa stampa nazionale o dalla banalizzazione dei plastici delle trasmissioni tv, l'inchiesta americana sugli omicidi accantona curiosità e morbosità, per leggere le inquietudini che attraversano il tessuto sociale in cui tracciare il profilo del killer, spingendosi ad un approfondimento piscologico quando non cercando, offrendo una riflessione etica. Al rigore del giornalismo in 'Menti criminali' si aggiunge il pathos della letteratura, così lo scrittore prende per mano il lettore e lo accompagna nel mondo dell'orrore.
Sconsigliato ai facilmente impressionabili.. eppure la descrizione dell'autopsia di Ellen Andros ad opera del dottor Gross, firmata da Dan P. Lee, è tra le migliori pagine di letteratura degli ultimi anni. Così pure il racconto della morte sospetta di Richard Green, tra i maggiori esperti al mondo di Sherlock Holmes, passa quasi come uno scherzo letterario di Artur Conan Doyle. Tristemente, orribilmente geniale. De resto "quando hai eliminato l'impossibile, quello che resta, per quanto improbabile, defe essere la verità".

"Il mercante di libri maledetti" di Marcello Simoni

Ignazio da Toledo, un mercante di libri antichi in fuga da quindici anni.
Willalme, suo fido compagno d'armi.
Uberto, un giovane converso.
Tre uomini sulle tracce di un libro oscuro cui è legato il segreto per accedere alla massima conoscenza e, per suo tramite, al potere. Un viaggio avventuroso per mezza Europa agli albori del XIII secolo. Minacce e inquietanti inganni, truci emissari di una setta segreta, armigeri decisi a tutto, nobili e alti prelati, e un nemico che veste i panni di un insospettabile...

Bisogna riconoscere ai tipi della Newton Compton una 'faccia tosta' non da poco per sparare a mille un battage pubblicitario che propone 'Il mercante di libri maledetti' come 'un esordio che rimarrà nella storia'. L'idea che i libri siano siano ormai solo merce e che per vendere si ricorra alla pubblicità con insolenza e cialtroneria è raccapricciante. 'Il mercante di libri maledetti' arriverà al massimo al prossimo anno e per il solo fatto che verrà data alle stampe la seconda e poi la terza parte, basta. Non ha nulla della qualità narrativa e dell'erudizione non solo formale ma concettuale de 'Il nome della rosa' di Eco, né tantomeno dell'estro e della vivacità stilistica de 'I pilastri della terra' di Follett, autori a cui Simoni è stato paragonato, temo, suo malgrado. Per quanto uno possa amare i libri e avere la coraggiosa presunzione di avere in testa una bella storia da raccontare, il passo dal saperla mettere per iscritto e renderla credibile e appetibile ai lettori é spesso impraticabile. Con tutto il rispetto per l'autore, l'editor dovrebbe avere il coraggio di puntare alla ricerca della qualità e non della banalità, dell'originalità e non del convenzionale.

"Bar Sport" di Stefano Benni

Un bar, non uno qualsiasi.. il Bar Sport, con quell'insegna che sta su solo quando va bene al Signore, con le vecchiette sedute in un angolino, i tipi che fumano, quelli che sbevacchiano, quelli che parlano di sport e quelli che giocano a carte, quello che sa tutto ma proprio tutto di tutto e i don giovanni da strapazzo, il ragazzo con le sue pretese di un gelato che finirà rigorosamente spiacciccato per terra appena fuori e la brioche impietrita nel tempo che nessuno ha il coraggio di mangiare, il ragioniere con il riporto ai capelli e il telefono a gettoni a cui aggrapparsi per una telefonata infinita, l'ex giocatore di successo, lo sfigato di turno, la cassiera bellona. In breve, una carrellata di eterogenea umanità di provincia italiana, sfumata negli anni sessanta, così simile ai ricordi di un paese cristallizzato in un immaginario comune fatto di sogni e quotidianità spiccia.
Trent'anni di successo editoriale non fanno di 'Bar Sport' un libro straordinario. Di più, a dispetto di qualche buona battuta, il libro non lascia traccia di sé.

giovedì 13 ottobre 2011

"Jane Eyre" regia di Cary Fukunaga

"Il pensiero di lui era ancora con me; perché il mio amore non era una nebbia che il sole poteva dissipare, né un'impronta sulla sabbia che le tempeste potevano cancellare. Il suo nome era inciso sul marmo, e come il marmo duraturo..."
Mia Wasikowska - l'Alice di Tim Burton- veste i panni di Jane Eyre in questa nuova versione del celebre romanzo di Charlotte Bronte, il divo del momento, Michael Fassbender -il dott. Jung di Cronenberg- quelli di Edward Rochester. Nota la trama, l'orfana Jane giunge a Thornfield, nei panni di una giovane ma preparata istitutrice. Anni di patimenti e umiliazioni in un collegio femminile non hanno piegato l'animo indomito né il suo cuore libero e speranzoso di una vita felice. In breve tempo Jane si lascia vincere dalla pace che regna a Thornfield aprendosi con fiducia al futuro salvo imbattersi nel tormentato e duro Rochester, che reppresenta una sfida, l'ignoto, la passione legata ai sentimenti imberbi eppure destinati a non essere tacitati se non in rispetto alle convenzioni sociali. Ma quando l'amore esplode tra i due vincendo ogni pregiudizio il passato oscuro di lui torna a reclamere spazio minacciando la felicità di Jane. Doloroso, dolorissimo rinunciare a lui ma necessario. Jane non avrebbe più rispetto di se stessa altrimenti. Attraverso la brughiera fredda come le ombre lunghe del passato, Jane troverà asilo altrove, decisa a ricominciare ma lontano, una voce la richiama a Thornfield, da Rochester, dall'amore che a dispetto di tutto non si può negare.
Matura e capace la regia dell'americano Fukunaga, volenterosi i due interpreti, ma il film non travolge con la stessa passione delle precedenti versioni. Un compitino ben fatto che piace ma non convince del tutto.

domenica 9 ottobre 2011

"Il gusto segreto del cioccolato amaro" di Kevin A. Milne

Sophie non ama festeggiare il giorno del suo compleanno.
Non ha fiducia nella gente, ha smesso di credere alla possibilità di essere felice. E soprattutto non riesce a perdonare se stessa.
La sua vita si è arrestata bruscamente il giorno del suo nono compleanno, quando ha perso i genitori in un incidente stradale di cui si sente responsabile. Nonostante l'amore della donna che l'ha adottata, Ellen, della sorella Ev, e il suo piccolo ma ben avviato negozio di cioccolato, Sophie si è arresa all'idea di vivere sola e di aver contro la fortuna.
Del resto a cosa attribuire l'incredibile sfortuna di essere mollata dall'uomo che amava, Garrett, a pochi giorni dal matrimonio?
Disincantata, cinica Sophie ha incanalato la sua rabbia in un piccolo cioccolatino dal gusto amaro che cela un messaggio al suo interno: un biscotto della sfortuna, con frasi dure, realiste e impietose, richiestissimo da mezza città.
Ma il giorno del suo ventinovesimo compleanno Garrett ricompare nella sua vita deciso a dare un senso alla sua improvvisa fuga. Sophie è decisa a respingerlo, a non dargli il tempo di spiegare ma cede: Garrett avrà una possibilità se riuscirà a portarle cento brevi messaggi di sconosciuti che credono alla felicità.
L'impresa sembra titanica ma l'improvviso interesse dei media stravolge i piani di tutti, trascinandoli indietro nel tempo: in una sera di fine settembre di vent'anni prima, su una strada dall'asfalto bagnato dove la vita di tante persone si sono incrociate, aprendo a tragedie immani e impreviste fortune, perchè a dispetto di tutto, e Sophie dovrà ricredersi, la felicità esiste.. "è vero la vita può riservare molti momenti amari, che di tanto in tanto però vengono stemperati da dolci esplosioni di felicità che rendono l'esperienza più piacevole".

sabato 8 ottobre 2011

"Hedy Lamarr, la donna gatto" di Edoardo Segantini

Bella, bellissima.
Così per la stampa di Hollywood Hedy Lamarr.
Nata Hedwig Eva Maria Kiesler in quel di Vienna nel 1914, figlia di borghesi ebrei, verrà ricordata come la giovanissima interprete del film più censurato della storia del cinema 'Estasi', in cui compare nuda. In fuga da un marito tanto ricco quanto ossessivamente geloso, sarà tra le stelle della MGM forse la più bella, la più ammirata ma anche quella meno conosciuta. Straniera, anche a se stessa, alla sua religione, all'orrore che di li a breve scoppierà nella sua patria d'origine scuotendo l'Europa -lo sterminio degli ebrei- Hedy sarà sempre una donna determinata, autonoma, sfacciatamente decisa a fare da sé, anche a sbagliare in proprio, per certi versi femminista ante litteram, di certo una donna audace e intelligente, che smessi i panni di scena, veste quelli di scienziata al fianco di un illuminato e moderno compositore George Antheil con cui firma un brevetto precursore delle nuove tecnologie ora usate dalla telefonia mobile, un tempo dalla difesa militare americana: il frequency happing spread spectrum, che le varrà negli anni '90 un riconoscimento ufficiale. Tardi forse per riabilitare un mito di Hollywood che non ha saputo dare affetto ai propri figli, che ha sposato tanti uomini senza mai davvero amarne nessuno, che ha creduto nella sua bellezza forse più che nelle sue capacità di attrice, che ha smarrito la lucidità scivolando in qualche episodio di cleptomania salvo continuare a divertirsi un mondo speculando in borsa, e che ha lasciato che la piccola Hedy Kiesler tornasse nella sua amata Austria davvero.. solo.. dopo morta.. le sue ceneri sparse lungo le rive del Danubio Blu.
Bella, bellissima si è detto, ma mai davvero di nessuno, nemmeno di se stessa.
"La qualità che ho sempre avuto con gli uomini è di far sentire loro che mi possiedono al novantanove per cento. Quell'ultimo uno per cento li faceva andare in furia".

mercoledì 5 ottobre 2011

"A Dangerous Method" regia di David Cronenberg

"A volte devi fare qualcosa di imperdonabile per poter continuare a vivere!
Triangolo di relazioni pericolose.. relazioni fisiche e mentali intense, profonde, morbose.
Freud, Yung e Sabina Spielrein.
Freud e Young non si sono ancora conosciuti ma all'ospedale Burgholzli Gustav Jung mette in pratica le teorie di Freud su una giovane paziente, Sabina: la sua infanzia costellata dalle violenze subite dal padre ne hanno condizionato la sua sfera sessuale.
Young saprà aiutarla, sostenerla nel suo percorso di emancipazione. Lei stessa studierà psichiatria offrendo un contributo essenziale alle teorie in evoluzione della nascente psicoanalisi.
Ma Sabine sarà anche uno dei motivi di attrito tra Freud e il suo allievo Jung con cui avrà una turbolenza relazione; Yung deciso ad elaborare sue proprie teorie contaminando il metodo con il ricorso al concetto di casualità e alla teleologia finirà per interrompere persino la corrispondenza con il suo illustre mentore.
Tre figure essenziali della psicoanali, tre menti prone al sapere, decise ad indagare la complessità dell'essere umano crogiuolo di sentimenti e pulsioni che ne connotano l'agire.
Un film essenziale, la regia di Cronenberg punta a scavare il rapporto tra Sabine e Jung quanto quello tra allievo e maestro. Pregevole la cornice storica, potente l'interpretazione della Knightley, convincente Fassbender, bravo Mortensen, calato in pieno nella parte l'istrionico Vincent Cassel. L'immagine che apre e chiude il film con l'inchiostro che si spande sulla carta richiama sì parole.. ma anche segni incisi sulla pelle, nel corpo, come pensieri che ristagnano dentro la mente alienandola.

lunedì 3 ottobre 2011

"Quo vadis?" di Henryk Sienkiewicz

Roma 64 d.C. mentre Nerone imperversa sulla città con le sue follie imperiali ignaro dei bisogni reali del popolo, crogiuolo di razze e religioni diverse, il patrizio Marco Vinicio si innamora della giovanissima Licia, figlia di un re svevo, allevata presso la famiglia del nobile Aulo secondo i precetti della religione cristiana. E’ un momento e se la passione di Marco mette in moto un meccanismo crudele di fughe, ricerche e accorati appelli, le parole dell’Apostolo Pietro e Paolo di Tarso fanno breccia nei cuori della gente. La reazione dei potenti non si fa attendere, Roma brucia e i cristiani sono indicati come colpevoli. E’ l’inizio delle persecuzioni contro i fedeli del nuovo culto e forse il declino dello stesso Nerone. Vinicio e Licia si ritroveranno per vivere il loro amore nella luce del Signore lontani da Roma mentre infuria la lotta tra bene e male: E così passò Nerone come una bufera, come un uragano, come una fiamma, come passa la guerra o la morte mentre la basilica di Pietro governa ancora, dal colle Vaticano, la città e il mondo’.
A seguire il link per scaricare la recensione completa in pdf:
http://www.box.net/shared/7agzh9zcbsyzvu2azpjs

domenica 2 ottobre 2011

"Cattive compagnie" di Ruth Newman

Una foto scattata da amici in vacanza.
Un volto, un corpo sullo sfondo di una coppia che sorride all'obiettivo.
Per Kate uno shock. Di più, l'inaccettabile.
Perché il corpo, il volto, il sorriso dell'uomo sembrano quelli di Charlie Benson. Scomparso un anno prima in mare in Sicilia nel corso di una vacanza.
Possibile che l'uomo della foto sia Charlie?
Possibile che ci sia una spiegazione a quella straordinaria somiglianza?
Affranta, dopo un anno di silenzi, colpe, tentati suicidi e analisi Kate non trova ragione di vita se non nell'appiglio di quella foto, uan speranza che fa male al suo cuore più della perdita subita eppure impossibile da ricacciare indietro.
In corsa tra America ed Europa, ripercorrendo i luoghi che l'hanno vista felice con Charlie, Kate scoprirà che dietro la speranza di ritrovare in vita il marito si nasconde una verità che non avrebbe mai preso in considerazione, una verità oscura e terribile che affronterà con determinazione e coraggio per riprendersi la felicità perduta.
Thriller sui generis la narrazione della Newman fagocita se stessa, infarcita di luoghi comuni e colpi di scena banali e devianti. Una lettura piacevole per un paio d'ore che di certo non passerà alla storia.

domenica 25 settembre 2011

"I pesci non chiudono gli occhi" di Erri De Luca

Un uomo torna indietro con la memoria alla sua infanzia.
"Eravamo nati dopo la guerra, eravamo la schiuma che resta dopo la mareggiata".
Dieci anni. Età di cambiamento. Due cifre che significano tanto. L'estate passata su un'isola con la madre. Il padre in America in cerca di un futuro diverso, la sorellina altrove.
Un corpo da bambino, dentro, la testa di un adulto, o quasi.
Un corpo sposato al mare, capace di fendere l'acqua ma di non parare colpi. E quelli vanno presi. Sono necessari alla crescita. E allora le invidie di tre piccoli isolani per l'amicizia nata per caso con una ragazzina che ama leggere e scrivere storie vere sugli animali lo porta all'estremo sacrificio di lasciarsi pestare il corpo per ottenere il cambiamento che ancora più ora gli sembra necessario. L'ora è il tempo che lo spinge a dare un significato al verbo mantenere, tenere per mano; e di più un senso alla parola amore, fin lì estranea al suo parlato, persino alla pagina scritta dove abitano i suoi pensieri, il suo fare da grande.
Mantenere per mano la ragazzina, attendere il suo duro, passionale 'fare giustizia' e quasi rifiutarlo, declinare il verbo amare, chiude l'estate dei suoi dieci anni, prima del rientro in città, prima della vita che riprende il suo corso, conscio che i due non si rivredranno più, e che in questo sta appunto la vita. "Ma tu non chiudi gli occhi quando baci? I pesci non chiudono gli occhi".
"..le mie frasi scritte non sono più lunghe del fiato che ci vuole a pronunciarle" ecco una delle caratteristiche della scrittura di De Luca, le altre? Poesia; capacità di leggere il quotidiano come di scavare dentro l'animo umano; naturale, di più quasi necessaria commistione tra italiano e dialetto napoletano; evocazione di un '900 che l'autore sente addosso, come un abito impossibile da smettere; un coraggioso relazionarsi alla natura e ai suoi elementi; un forte senso etico e la giusta distanza dalle passioni civili. Uno scrivere il suo, pulito, sfrondato da orpelli estetici, ridotto all'essenziale.

"L'inverno si era sbagliato" di Louisa Young

Inghilterra. Primo '900.
Da tanto, torppo tempo, i giorni si ripetono tutti uguali per Julia, Nadine, Rose.
Sono giorni, mesi, anni di guerra. Di un conflitto che avrebbe segnato per sempre le loro esistenze, cambiato il mondo, travolto il quotidiano, smosso l'intera società.
Julia aspetta il suo Peter, tiene ossessivamente in ordine la casa, teme di non essere più bella come un tempo, si ostina a voler essere perfetta pur sapendo che più alcun pensiero normale, di gioia, bellezza attraverserà la mente del marito, oppresso dal senso di impotenza sperimentato al fronte, dove la morte è compagna di trincea.
Nadine, poco più che ventenne, è costretta ad accantonare i sogni di ragazzina, svincolarsi dalla ricca famiglia borghese per sperimentare la libertà dell'orrore del volontariato e sentirsi più vicina al suo Riley, il piccolo intrepido ribelle cresciuto in mezzo agli artisti, deciso ad emanciparsi da natali poveri che mai gli avrebbero permesso di aspirarare alla sua mano imbarcandosi nell'avventura più pericolosa del tempo: la guerra. Determinato, coraggioso, folle al punto da rinunciare all'amore di Nadine per preservarla da una ferita al volto che lo sfigura, lo annienta come persona salvo capire che non si può rinunciare alla vita, alla felicità, che non si può rifiutare il dono che ad altri, a milioni di altri uomini in mezza Europa in quel momento viene negato e di più non si può arretrare dinanzi alla febbrile ansia di due corpi che si cercano a dispetto di tutti gli orrori, di due cuori che battono solo quando sono insieme.
Vigile spettatrice e attenta cospiratrice l'assenata Rose, infermiera, tutrice di anime perse, smarrite nei labirinti d'ossessione della guerra, decisa ad aiutare quanti tendono la mano, silente ombra al cospetto della morte che ghermisce quanti anelano la vita.
Un romanzo di disarmante tensione narrativa; un drammatico racconto di guerra, capace di scandagliare gli abissi in cui è costretto l'animo umano dopo il confronto quotidiano con la guerra e le sue conseguenze; un preciso riscontro della società inglese e dei rapporti tra classi; una struggente storia d'amore decisa a resistere all'ultimo inverno di guerra; la coraggiosa decisione di tre donne di sperare ancora.

sabato 24 settembre 2011

"La pelle che abito" regia di Pedro Almodóvar

Inquietante. Così l'ultimo film di Amodovar.
Banderas veste i panni del chirurgo estetico Robert Ledgard preso dalla sua ricerca decisamente fuori dagli schemi di costruire in laboratorio una pelle sostitutiva, capace di resistere al calore, di respingere le punture di insetti, ed essere al tempo stesso compatibile, elastica, perfetta. Affascinante, determinato, deciso a infischiarsene dei limiti etici Ledgard ha usato per i suoi esperimenti una cavia umana. Non una qualsiasi. Vera. Una ragazza che abita una grande camera della sua villa/clinica in cui fa yoga, lavora piccole sculture, guarda il canale tematico del National Geografic, indossa tutine atte a preservare il suo corpo.
Questo almeno è quello che lo spettatore è portato a credere, salvo capire dopo una serie di fondamentali quanto drammatici flash-back che Vera è in un gioco folle e perverso ben più di una cavia umana, è la personale forma di vendetta di Legard. Ben più che l'abito che indosso, Vera è l'identità negata e imposta, è l'esemplificazione del male che abita Legard, è l'inquietudine frustrante di chi decide di sostituirsi a Dio non solo per farsi gusitizia da solo ma per farsi creatore di una personale forma di vita, espressione di un desiderio costretto, negato, rifiutato.
La regia di Almodovar non delude, né lo fa la manieristica scelta visiva, né la combinazione 'kitsch ed eleganza' perennemente in bilico, né il fil rouge di una canzone che intrappola dolorosi ricordi, né la forzatura al limite della perversione del sesso, né il piano sfalsato di morale e immorale, né l'indagine psicologica sull'abiezione, né il ricorso ad un'estetica forzata così difforme dal contesto etico in cui è spesso intrappolata. E poi c'é Banderas... novello Frankestein, snaturato dall'odio che lo attanaglia, stravolto in atteggiamenti diabolici che gli attraversano, deformano il volto fino a fare di un uomo bello un Hitler. E non è un esagerazione.. la somiglianza a tratti è agghiacciante.
Il finale è quasi atteso, percepito come torbido ma necessario. Che dire Almodovar, spiazza ancora, costringe a riflettere ma il suo film fa quasi male allo spettatore.