domenica 28 marzo 2010

"Il nipote del Negus" di Andrea Camilleri

Ironico e graffiante come non era da tempo, Camilleri rispolvera la struttura narrativa de 'La concessione del telefono' e l'ambientazione storica del ventennio fascista per articolare una storia particolarissima che arruffiana il lettore dalla prima pagina occhieggiando alla pochezza del regime sospeso tra farsa e tragedia, dall'illustrissimo duce fino al più umile camerata di paese, tutti presi a manipolare quando non a tenere a bada le intemperanze di un 'negro' assai speciale, il nipote del negus etiope, tale Grhane Sollassié Mbassa iscritto alla regia Scuola Mineraria di Vigata, preso però più dalle belle donne, dal gioco e dagli intrighi che dai libri di scuola. In un teatrino spudoratamente comico le avventure di un principe deciso a sconvolgere la tranquillità di un paese, irridere il regime e divertirsi allegramente alle spese degli 'stupidi' italiani.

sabato 27 marzo 2010

"I libri della fantasia" di Gianni Rodari

.. ovvero un libro per bambini che fa in ogni istante la felicità degli adulti, e non solo per quello che Rodari ha rappresentato nelle infanzie degli ormai 'adulti' ma per quello che in ogni suo scritto riesce ancora ad offrire: ironia, amore per la lingua italiana ma soprattutto uno sguardo disincantato sui luoghi comuni, un invito a dare libero sfogo alla fantasia, alle possibilità che suggeriscono i sogni, a quello che si nasconde tra le pieghe di una storia, preambolo dell'amicizia, della tolleranza, del crollo dei pregiudizi che possono contribuire concretamente a fare di un bambino un uomo. Investire nei bambini per il bene della società tenendo ben in evidenza l'allegria di un racconto, una favola, una filastrocca, così ne 'Il pianeta degli alberi di Natale' o nei viaggi di Giovannino Perdigiorno o dell'imperturbabile professor Grammaticus, e il potere ammaliante delle parole qui magistralmente intepretate dal gioco di colori e schizzi dei disegni di Bruno Munari. Un libro da leggere.

giovedì 25 marzo 2010

"Il concerto" di Radu Mihaileanu

Dal regista di 'Train de vie', Radu Mihaileanu, un nuovo piccolo gioiello. Un bravissimo direttore d'orchestra -Andreï Filipov- epurato dal regime sovietico nel 1980 per aver difeso i musicisti ebrei della sua orchestra, ridotto a fare le pulizie nel teatro in cui è stato osannato, cattura al volo l'occasione del suo riscatto: sostituirsi all'orchestra Bolshoi in un concerto a Parigi. In una farsa donchisciottiana, radunati gli ex orchestrali impiegati nei più vari lavori e commerci, comprese le comparse ai comizi degli ex comunisti o ai matrimoni dei nuovi ricchi, il viaggio a Parigi segna per il protagonista un rischioso flashback.. sino all'incontro che vale la vita intera: quello con una giovane e talentuosa violinista che risana il suo tormentoso passato sostendolo nel suo ritorno sul palco, e per converso, alla vita. Il Concerto per Violino e Orchestra di Tchaikovsky segna l'apotesosi dell'intera orchestra, per ognuno dei musicisti la vita riprende a distanza di trent'anni porprio lì dove si era bloccata... sulle note di una melodia che incanta.. e dopo tanto dolore, rabbia, patimento è tempo che il cuore esulti, ebbro di una gioia che solo la musica, armoniosamente interpretata, riesce a scatenare. Un film che mescola i generi, dramma e commedia, e scalda il cuore. La dimostrazione che a dispetto della volontà dei regimi è impossibile imbavagliare i cuori e le coscienze. Un film da vedere.

domenica 21 marzo 2010

"Solo per desiderio" di Richard Flanagan

Cosa può l'oscura forza del desiderio? Cosa può la fascinazione che promana dal corpo di una piccola selvaggia che danza su una musica che solo lei sembra percepire? A cosa spinge il desiderio di una donna di farsi madre, sfidando la natura stessa quando una bambina non è più tale ma l'oggetto di un'esperimento? Un capriccio, un'ossessione? Questo e altro ingenera in chi la incontra la piccola Mathinna, un'aborigena scampata al progetto di colonizzazione forzata della sua terra. Orfana, spirito inquieto costretto a piegarsi alla farsa della civilizzazione salvo essere abbandonata quando non la si vede che come oggetto di potere maligno. A distanza di anni la storia di Mathinna, del governatore Lord Franklin e della moglie Lady Jane che l'adottarono per qualche tempo sfiorerà la vita di un grande scrittore dell'ottocento inglese, quel Charles Dickens che rivoluzionò il romanzo e che solo cedendo lui stesso all'attrazione per una giovane attrice arriverà a comprendere a quel che spinge il desiderio.. potente isteria del cuore che reclama attenzione e brucia l'anima.
"E in quel momento capì che l'amava. Non poteva più disciplinare il suo cuore indisciplinato. E lui, un uomo che aveva trascorso la vita nella convinzione che cedere al desiderio era un atto da selvaggi, si rese conto che il suo desiderio non poteva più essere negato".
Un romanzo, quello di Flanagan, che attinge a personaggi reali -lo è la stessa Mathinna- e che si sforza di indagare la personalità dei protagonisti, su tutti Dickens tormentato dalla famiglia, dalla morte della figlia, dall'insopportabile giogo in cui si è trasformato il suo matrimonio, e che nonostante questo non travolge il lettore. Un libro per lasciare un segno dovrebbe provocare emozioni, dare sfogo alla fantasia, stringere il corpo in una morsa dall'incipt alle ultime parole. Quello di Flanagan invece è e rimane dall'inizio alla fine un romanzo piatto. Scialbo.

sabato 20 marzo 2010

Mine vaganti

"Non farti mai dire dagli altri chi devi amare, e chi devi odiare. Sbaglia per conto tuo, sempre!"
Lecce. La famiglia Cantone, proprietaria di uno storico pastificio, è riunita a tavola. Si festeggia il ritorno di Tommaso, il figlio più piccolo, da Roma dove ha studiato economia per affiancare il fratello maggiore Antonio alla guida dell'azienda di famiglia. Le intenzioni di Tommaso sono altre, l'occasione sarà propizia per rivelare alcuni segreti, il maggiore dei quali rischia di creare ben più che trambusto: la sua omosessualità. A precederlo come una mina vagante sarà proprio Antonio, stufo di reggere oltre una farsa che lo ha costretto a rinunciare troppo a lungo alla sua libertà. Altro che trambusto.. scandalo fintamente sottaciuto in una città di provincia, sguardi ammiccanti, risatine e prosecuzione della farsa questa volta ad opera di Tommaso troppo preoccupato della salute del padre per risolversi all'ennesima dichiarazione liberatoria. In una famiglia quietamente borghese che nasconde insoddisfazioni e malumori, sciatterie ed esilaranti mezze verità, in cui le donne percepiscono una verità lontana ma tacciono ad uso e consumo della gente abituata al giudizio e al pregiudizio, Tommaso riuscirà a liberarsi del giogo paterno senza però lanciargli l'ultima stoccata lasciando che a metter riparo sia l'anziana nonna malata, lei sì vista come una mina vagante. Ma è poi davvero così? I toni della commedia brillante che rieccheggiano la buona vecchia commedia "all'italiana" si perdono in parte dietro l'intento stesso del regista, Ferzan Ozpetek, di denunciare la claustrofobica famiglia borghese italiana ingabbiata nel finto perbenismo, scivolando verso la caratterizzazione dei personaggi a tratti un pò forzata. Ciononostante la regia capace riesce a tirare il meglio dagli attori avvalendosi poi anche in ruoli minori di valenti interpreti quale la bravissima Ilaria Occhini. A completare un film divertente, che cede persino alla facile battuta salvo spingere un momento dopo alla più dura riflessione sul nostro percepire la diversità -sotto qualsiasi forma essa si presenti- una splendida fotografia che si giova di una luce perfetta, made in Puglia. Una commedia brillante che non scontenta nessuno.

giovedì 18 marzo 2010

Il revisionista

Irriverente, persino fastidioso per una parte politica, certa critica e una fetta di pubblico.. eppure Giampaolo Pansa non ha remore a continuare il suo percorso di scrittura e racconto (si badi non di riscrittura) di una pagina della nostra storia contemporanea iniziato con "Il sangue dei vinti. Quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile", a dimostrazione che errori ed orrori ci furono da entrambe le parti, in nome e per conto dei fascisti e dei partigiani. La storia non è mai semplice e ne 'Il revisionista' Pansa racconta la sua vita, le sue scelte professionali, incontri e scontri che lo hanno portato ad essere il talentuoso giornalista prestato alla storia che ha raccontato ai più quelli che in molti, troppi sapevano e tacevano, la verità sul nostro recente passato di guerra civile. Un percorso tra pubblico e privato, personaggi straordinari e comparse che disegnano il corso del quotidiano tempestoso dell'Italia fino ai nostri giorni.

lunedì 15 marzo 2010

Alice in Wonderland

"La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità!"
Tutto il film di Tim Burton, ispirato alle opere di Lewis Carrol, può condensarsi in questo pensiero. L'Alice di turno è una ragazza da marito un pò strampalata agli occhi della buona società, ma poco importa, bisogna piazzarla su mercato prima che scada come la vecchia zia che aspetta il principe azzurro. Alice di squinternato ha poco però, certo sin da bambina fa lo stesso sogno.. conigli vestiti con panciotti colorati e roba varia ma non è forse preferibe perdersi nei sogni se la realtà ha il volto di un pingue signorotto di campagna con problemi di digestione con cui si rischia di dividere il resto della propria vita e poi dove si caccerebbero le aspirazioni di una vita, lavorare, viaggiare, rendersi indipendenti in una società in cui le donne ancora sono rilegate in un cantuccio!? Meglio seguire il coniglio e finire in una buca e perdersi per davvero in un mondo che si scopre familiare, un mondo abitato da regine ossessionate dal potere e troppo prese da sé, animali parlanti, e un cappellaio matto che forse proprio matto non è. Il percorso di Alice però anche qui sembra segnato.. benchè proprio l'accettazione di questo destino da compiersi -vincere il nemico (la regina rossa)- sia l'occasione per prendere consapevolezza di sé. Un film che -considerato l'estro del regista- delude un pò tingendosi di fantasy ad uso e consumo del pubblico. Pochi gli effetti speciali, qualche guizzo visivo, musica sparata a palla e sceneggiatura delirante come la 'deliranza' finale del cappellaio matto.. comunque diciamolo pure alla fine.. la voglia di tuffarsi nel 'paese delle meraviglie' c'è..

martedì 9 marzo 2010

L'umiliazione

E' un attimo e drammatica in Simon Axler si fa strada la consapevolezza di aver perso la magia.. di stare sul palco, di far presa sulla gente, amare e lasciarsi adulare come è tipico di un protagonista. E' il declino di un attore, di un uomo. Un declino fisico e di più mentale. Al punto che nulla o poco resta se non la fallacia di governare l'arbitrio, di veicolare il destino verso una fine tragica ma scelta: il suicidio. Ma il coraggio manca e allora dopo un mese o poco più di cure in una clinica psichiatrica in cui lasciarsi governare dagli altri e rispecchiare le proprie fragilità in chi il dramma è fortemente più reale, come Sybil Van Buren, una madre che non si perdona la distrazione di aver scelto un mostro pedofilo come compagno di vita, la probabile rinascita ha il volto di una quarantenne lesbica scampata ad una relazione devastante, Pegeen, comparsa un giorno per caso alla porta di casa, bisognosa di attenzioni o forse in cerca di una sfida che finirà per travolgere Simon, succube di un desiderio erotico inquietante, volutamente deciso a lasciarsi vincere dal disastro incombente dell'ennesima relazione finita male, da un ultimo spiraglio di vita strappato via con l'illusione atroce di essere lui necessario a qualcun'altro. Per vincere l'umiliazione del distacco, della perdita, l'unica possibilità è uscire di scena da protagonista, una volta ancora, come in un dramma di Cechov.
Scandalosamente spiazzante, una prosa suadente; il buon vecchio Roth colpisce ancora e inchioda con uno sparuto mucchio di pagine il lettore coinvolgendolo nella devastata psiche del suo protagonista.

domenica 7 marzo 2010

Le diaboliche

Jules-Amédée Barbey d'Aurevilly, eccentrico scrittore francese attivo dai primi anni '50 del XIX secolo regala al lettore avido di prosa sferzante uno sparuto numero di racconti caratterizzati da personaggi forti ("Chi l'aveva visto una volta non lo dimenticava più. Incuteva rispetto, come tutti gli uomini che non domandano niente alla vita, perchè coloro che non domandano niente alla vita sono più in alto di quella, ed allora essa è vile con loro"), descrizioni nitide ("era una sera, una sera di Spagna in cui il sole torrido faceva fatica a strapparsi dal cielo"), realistiche, fulminanti quanto le passioni vivide messe in campo nelle storie, accentuate da sentimenti che non conoscono mezze misure: passioni esasperate, vendette, odi e amori estremi, raccontate dalla voce di un testimone ora al cospetto di un nugolo di nobildonne affettate, ora al convivio tra amici, ora nel salotto della cosiddetta buona società che invece nasconde inquietanti segreti e sordide meschinerie. Ma è la vita dopotutto e le fulgenti donne tratteggiate dall'autore e non solo, sono davvero 'diaboliche'.

venerdì 5 marzo 2010

Invictus

Ad eccezione del tema principale della colonna sonora -con una evidente assonanza alla conosciutissima 'O sole mio- tutto nell'ultimo film diretto da Clint Eastwood inneggia alla qualità: dalla recitazione all'accuratezza storica, dalla narrazione all'uso della cinempresa che passa sicura dallo stretto corridoio della prigione che ospitò Mandela alla massa inneggiante degli stadi. Mescolando i generi, biografia e sport, il regista americano celebra la grandezza di Mandela e l'epocale fine dell'apartheid con il duro momento storico della riconciliazione che qui passa anche attraverso lo sport, in questo caso il rugby, ed una squadra tanto odiata dalla gente di colore da tifarle contro in ogni occasione nazionale e internazionale. Mandela però non è un grande uomo a caso, capisce che la squadra degli Springbock con la caratteristica maglia giallo oro può voler dire tanto per tutti i sudafricani, così fidando nell'aiuto dei suoi collaboratori e del capitano della squadra, François Pienaar, parte alla conquista del paese, dai quartieri periferici ai grandi stadi fino a che nel corso dei mondiali del 1995, contro ogni pronostico i sudafricani sbaragliano l'avversario più temuto alzando al cielo la coppa, consacrando il miracolo di un paese finalmente pronto a svoltare: a capire, perdonare e andare avanti. Un film non grandioso ma emozionante perchè capace di trasmettere il messaggio che si cela dietro ogni gesto di caparbia speranza di chi lotta per un obiettivo, che sia vincere una partita di rugby o governare una nazione. Perchè.. "Non importa quanto sia stretta la porta, quanto piena di castighi la vita. Io Sono il signore del mio destino. Io Sono il capitano della mia anima".