venerdì 31 dicembre 2010

"Momenti di trascurabile felicità" di Francesco Piccolo

Sponsorizzato, raccomandato, segnalato da illustri critici su riviste e trasmissioni tv "Momenti di trascurabile felicità" di Francesco Piccolo si presenta come un insolito ma riuscito guazzabuglio di frasi e brevi racconti aventi ad oggetto quei "piaceri intensi e volatili che punteggiano le nostre giornate, accendendone i minuti come fiammiferi nel buio" ovvero quegli attimi frutto di fortuna, furia, cinismo ma anche poesia, amore, estraneamento, causalità che illuminano il nostro quotidiano ripagandoci da amerezze o solitudini, banalità e formalismi. Soggettivi, personali questi momenti ci illudono con briciole di una felicità spicciola che poi è forma del proprio vivere, delle quieti esistenze di tutti.
L'idea di Piccolo -benchè spacciata per altro- è piuttosto convenzionale nella narrativa moderna e rispecchia il suo 'mestiere' di autore e sceneggiatore, non a caso lo stesso Piccolo è stato tra gli autori della fortunata trasmissione tv 'Vieni via con me' di Fazio, da cui l'idea degli elenchi che spinge in questo caso chi legge ad immedesimarsi finanche sottoscrivere alcuni dei 'momenti di trascurabile felicità' tanto cari all'autore. La scrittura di Piccolo è semplice, comunicativa, appunto coinvolgente, brillante ma anche cinica ai limiti della cattiveria, disturbante. Insomma rispecchia a pieno il quotidiano di tutti, quando per strada ci si lascia intenerire da due ragazzi che si abbracciano o indispettire per un sorpasso pericoloso. La vita che scorre tra le pagine di un libro.. ecco il senso profondo dell'opera di Piccolo.

domenica 26 dicembre 2010

"Solar" di Ian McEwan

"Solar". Strepitoso romanzo.
Ian McEwan regala ai lettori un personaggio odioso ma straordinariamente coinvolgente, il premio nobel per la fisica Michael Beard, facendone nel giro di poco più di trecento pagine, un ancor più odioso e snervante ometto infido, grasso e bisunto che terremmo volentieri lontano da noi incarnando il peggio della modernità, ovvero quel che l'uomo percepisce come sbagliato in sé e riflette d'istinto negli altri: anaffettività, egoismo, egotismo, narcisismo, individualismo estremo, etc...
Allo stesso tempo Michael Beard sposa, per sopravvivere a se stesso, la causa ecologista trasformandosi in un improbabile 'salvatore del mondo', come lo vede la figlioletta di tre anni.
Ma è tutto grottesco e falso.
Della genialità che gli aveva valso il nobel in Beard non c'è più traccia, troppo impegnativo applicarsi, più comodo vivere di rendita: fare conferenze, essere a capo di centri di ricerca, fare il cattedratico senza nemmeno farsi vedere in facoltà, accettare incarichi istituzionali, soprattutto parlare in pubblico e convincere finanziatori pubblici e privati a investire in un progetto in grado di risolvere i problemi energetici del mondo. Peccato che per fare tutto questo per una concatenazione di strani eventi Beard si sia appropiato di un lavoro non suo, abbia mandato un innocente in galera per un omicidio mai avvenuto, abbia irriso colleghi e dileggiato la professione di ricercatore mentre la quinta moglie lo tradiva e lui finiva con un gruppo di artisti idealisti ad interrogarsi al polo sud sul ruolo dell'arte sull'opinione pubblica su temi quali il riscaldamento globale.
Nel giro di pochi anni la carica autodistruttiva della società si esemplifica nelll'incapacità di Michale Beard di percepire i propri limiti, dar voce ai bisogni personali, aggravando se mai la propria situazione, perchè come uomo Beard è eccessivo in tutto. Un concentrato di vizi, nessuna virtù: beve fiumi di alcool, si ingozza di cibo fino a star male. E ancora colleziona mogli, un'infinità di amanti, non ha amici, ha sacrificato da tempo l'intelligenza alla dea furbizia, ma in fondo è un pavido, un insicuro, uno che annaspa nel quotidiano di ridicolaggini per illudersi di aver vissuto. Una grandezza calpestata e irrisa dall'inadeguatezza di relazionarsi con gli altri, un castello di bugie e iniquità pronto a crollare a un passo dal pubblico riconoscimento, ennesima pantomima ad uso dei creduloni.
Quella di McEwan è una scrittura brillante, potente, capace di descrivere con acutezza la società contemporanea, nel suo peggio e nel suo meglio: il ruolo dei media, degli intellettuali su temi etici o ambientali (cambiamento climatico, risorse energetiche, etc.) spesso sacrificati sull'altare degli interessi economici o di mode o teorie non supportate da validazioni scientifiche (esilarante il dibattito con l'insegnante di scienze sociali e la bagarre con la contestatrice); la posizione/non posizione ufficiale dei governi; l'etica e la moralità prone all'arrrivismo; il malessere diffuso di individui concentrati su se stessi. Michael Beard è instabile, ripetiamolo 'odioso', grottesco ma a tratti drammaticamente umano, infantile, in quel 'tutto o niente' di cui nemmeno si accorge, di una prevaricazione implicita -si veda la scena del pacco di patatine in treno- e per questo la scrittura di McEwan scivola dalla tragedia alla commedia, strappa risate amare il suo Michael Beard.. lo schiaffo ricevuto dall'amante del marito, la risata umiliante del giovane ricercatore un attimo prima dell'esilarante esperienza di urinare al polo, la goffaggine nel rivestirsi, di cavarsela con le donne con un regalo e una battuta proprio come il più gaglioffo degli amanti salvo reprimere un attimo dopo lucide osservazioni.

sabato 25 dicembre 2010

"Impero. Viaggio nell'impero di Roma seguendo una moneta" di Alberto Angela

Se in "Una giornata nell'antica Roma" Alberto Angela descriveva la vita quotidiana a Roma nell'arco di una giornata, ora dopo ora; nel seguito "Impero" viaggia, e così racconta la grandezza dell'impero romano, seguendo una moneta, un sesterzio con l'effige dell'imperatore Traiano, sotto il cui dominio l'impero raggiunse la sua massima espansione.
Da Roma a Londra, da Milano ad Alessandria d'Egitto, dai confini della Germania fino a Leptis Magna, la moneta passerà tra le mani di nobili e schiavi, mercanti e soldati, prostitute e governatori raccontando le loro vite, il loro quotidiano, le loro case, i loro affetti, descrivendo per noi città e monumenti, commerci e lavori, leggi e divertimenti, il modo di muover battaglia o produrre il vino, comunicare e curarsi.
Soffermandosi sul piccolo dettaglio e con il piacere del racconto, Alberto Angela ci porta indietro nel tempo, facilitando il compito dello storico: spiegare il perché della grandezza dell'impero romano. Una società moderna, un corpus di leggi adottate da tutti, un grado di alfabettizazione molto elevato (che non avrà pari se non nel XX secolo), la prima globalizzazione della storia (scambio di merci, moneta unica, delocalizzazione delle produzioni, concorrenza, etc.) e la straordinaria capacità, l'ingegno di uomini che concretizzarono un sogno: un impero di uomini e donne sotto l'egida di Roma.
A spasso tra la multietnica Ostia, in mezzo a una sanguinosa battaglia, ai confini dle mondo conosciuto o tra la folla del Circo Massimo, il lettore riscopre un mondo -quello della Roma imperiale- molto simile al nostro. E ne rimane affascinato.
Fonti storiche, consulenze scientifiche e tecniche, documentazioni archeologiche contribuiscono ad una narrazione accurata regalando il 'dietro le quinte' di un impero sconosciuto ai più. Cinquecento pagine... per un viaggio che il lettore non dimenticherà.

venerdì 24 dicembre 2010

"Il diamante dell'harem" di Katie Hickman

"La storia della piccola sirena e del diamante rubato, una storia sull'avidità degli uomini e la gentilezza degli sconosicuti".

Seguito del fortunato "Il giardino delle favorite" (http://www.box.net/shared/2tjhgxatvs) dell'inglese Katie Hickman, "Il diamante dell'harem" racconta l'evolversi del mistero intorno alla figura della bella Celia Lamprey, promessa sposa del mercante inglese Paul Pindar sfuggita a un naufragio nell'Adriatico e finita nell'harem del sovrano di Costantinopoli. Lì dove il primo romanzo finisce, con la struggente rinuncia di Celia a Paul, il secondo riprende narrando di una strana creatura ripescata dal mare, sembiante con l'esserino che stringe al seno ad una sirena. E' il 1604 e una compagnia di acrobate girovaghe accoglierà lo strano essere venuto dal mare in un viaggio infinito dalle terre meridionali della penisola fino a Venezia. Lì dove Paul Pindar si aggira macilento e melanconico, in attesa di qualcosa, qualcuno che metta fine al suo dolore per la perdita di Celia. A provare ad arginare il suo desiderio di annichilimento è il fidato servo John Carew, un guizzo deciso a tutto per cancellare il ricordo di Celia, incapace com'è di capire quanto profondo e totalizzante possa essere l'amore di un uomo per una donna. Ma dimenticare Celia per Paul è impossibile tanto più che a Venezia mercanti e rapaci signori preparano la partita dell'anno. In palio, in un gioco deciso a rovesciare fortune e distruggere vite il 'diamante dell'harem', una pietra preziosa che Paul sa essere legata indiscutibilmente a Celia. Ma chi ha portato la pietra a Venezia? Chi è la monaca che ha comprato la sua ammissione in convento con un tesoro di pietre preziose giunte da Oriente? Quale legame può avere con Celia? E quale segreto celano gli occhi della bella Annetta, che più volte incrocerà il passo con un ardito rubacuori quale dimostra d'essere Carew, solito a soddisfare le eccitabili monachelle? E quale oscura missione vanta il vecchio Ambrose Jones? Salvare Paul o rubargli il bene più grande... la stessa speranza di ritrovare Celia?
In una Venezia ammantata di nebbie e misteri, feste e pestilenze, tra calli sudicie e palazzi sfarzosi, tra bische clandestine ed accoglienti case di piacere, tra suore forzate alla clausura e splendide cortigiane, mercanti e squallidi ricettatori, scorrono placide le acque dell'amore.
Di un amore... quello di Celia e Paul.
Più forte del dolore, dell'assenza, di un indicibile stordimento che ruba l'anima e toglie le forze.
Ma a dispetto di tutto, tenace.
Capace di dar voce a chi in quel sentimento come il buon Carew non ha mai creduto, perchè: "..in quel momento capì finalmente quello che non aveva mai capito davvero, ossia cosa significasse perdere la persona che si ama più di qualsiasi altra". Allora la follia di Paul aveva avuto all'improvviso un senso.

La magia nella scrittura della Hickman non pervade il tessuto narrativo, così come non aveva convinto del tutto il suo primo romanzo così pure ne 'Il diamante dell'harem' manca la poesia, si perdono per strada pezzi di storia e smarriscono la via pesonaggi in principio funzionali al racconto quali la stessa Annetta o Maryam. L'affresco della Venezia del '600, misurato e dettagliato, non basta a far da collante ad una storia che finisce per impaludarsi nel bisogno ossessivo di ricongiungere Celia a Paul. In parte il vero protagonista della storia è proprio il servo John Carew che patisce in un finale affrettato il fraintendimento dell'amore.

giovedì 23 dicembre 2010

"La biblioteca dei libri proibiti" di John Harding

Titolo volutamente fuorviante quello scelto dagli editori italiani per il libro dell'inglese John Harding: 'La biblioteca dei libri proibiti' infatti poco o nulla ha a che fare con la storia che la protagonista, la dodicenne Florence (il titolo originale è infatti "Florence e Giles"), racconta in prima persona.
Siamo nel 1891, Florence e il fratellastro Giles, nove anni, vivono soli, sotto la custodia dello zio sempre assente, in una vecchia dimora di campagna a 150 km da New York, Blithe House. A prendersi cura di loro una governante, la signora Grouse, un paio di cameriere e il factotum John. La casa è un pò malmessa, piena di specchi e quadri di famiglia ma ha un cuore pulsante, almeno per Florence: una biblioteca, enorme, infinita che tuttavia non dovrebbe servirle perché per volontà dello zio a Florence é preclusa ogni forma di istruzione. A dispetto di tutto però, determinata come poche, Florence impara a leggere da sola intrufolandosi in biblioteca ogni giorno, sfuggendo al controllo tutt'altro che ferreo della signora Grouse. Le inventa tutte Florence trascinando con sé nelle sue scorribande in biblioteca l'amato fratellino Giles.
Florence è una ragazzina strana e speciale. Sonnambula sin da piccola, è attanagliata da un incubo in cui una donna vestita di scuro minaccia il sonno del fratello. Crescendo, intelligente, attenta, lo spirito acceso dalle storie lette nei libri, dai classici agli scrittori contemporanei, si dice decisa a conoscere il suo passato, a ricordare i genitori morti in un incidente come pure la matrigna, la mamma di Giles scomparsa nel nulla. Spulcia tra le carte della governante, trova una foto di sua madre e poi stranamente quella della matrigna volutamente strappata, come se qualcuno avesse voluto cancellare per sempre dalle loro vite una presenza odiata o ancora fonte di dolore.
Non può condividere la scoperta con il fratellino tanto più che Giles pare provato da un primo trimestre in collegio, troppo spartana, isolata la sua vita per sopportare i motteggi, gli scherzi cattivi dei compagni. L'unica è studiare a casa, così vuole il tutore. Ma la prima istitutrice, la signorina Whitaker muore nel lago della tenuta, trascinando la stessa Florence al centro di un'indagine della polizia essendo stata lei testimone oculare dell'incidente e la seconda la signorina Taylor è una donna inquietante e misteriosa che sembra avere in odio Florence e amare in modo viscerale Giles, proprio come nel suo incubo peggiore.
Con l'aiuto del piccolo amico Theo, sprezzante del pericolo, certa di dover tentare tutto per difendere il fratello Giles, Florence si scoprirà capace di una forza e di una capacità di ragionamento spiazzante, perchè solo una mente aperta può credere ai fantasmi.. questo pare essere la Taylor oppure una mente disturbata. Il limite tra follia e ragione è sottile, quasi impalapabile. E spinge a gesti estremi..

Il libro di Harding si legge con estrema velocità, ma questo non è indizio di interesse. E' scritto con forzata piaggeria verso una certa letteratura di genere (fantastico, gotico) occhieggiando all'infanzia (viene in mente 'Coraline' di Neil Gaiman) e a certi grandi della letteratura, da Poe a Henry James, difficilmente per atmosferee e tematiche il lettore non andrà con la memoria a 'Giro di vite'. Ma il parallelo muore qui. L'intera storia appare parcellizzata e poco congrua. Lo stesso personaggio di Florence è senza spessore. Una ragazzina lasciata sola, con l'unica -peraltro ignota agli adulti- compagnia dei libri. L'autore vuol darci ad intendere che la piccola da autodidatta faccio buon uso di quel che ha imparato, senza filtri, senza guide. La sua appare per certi aspetti una mente eccentrica, una personalità eccitabile. Gli adulti che le sono intorno o le paiono come ingombri o come nemici da cui tutelare se stessa e il fratello, da proteggere, come nel caso della signorina Taylor: bella e terribile al tempo stesso l'immagine delle neve bianca e del corvo nero a simboleggiare il male che incombe su di loro. Ma al lettore viene lasciato credere che Florence sia una piccola eroina. E se così non fosse? Se la sua fosse una mente disturbata, se la signorina Taylor non fosse il male ma quella matrigna ripudiata venuta a salvare il suo piccolo? Per salvare la propria vita e quella di Giles che ama in maniera totalizzante, una ragazzina di dodici anni che ha formato un suo codice morale, che ha imparato a discernere il bene dal male solo attraverso i libri può legittimare anche l'omicidio?
Un libro quello di Harding che sicuramente non è riuscito nell'intento: affrontare le problematicità dell'infanzia senza cedere alla tentazione di affondare nel fantasy, nel mistero, in una favola gotica inquietante che nulla lascia dietro di sé.

"Colpa d'amore" di Elizabeth von Arnim

Impossibile non lasciarsi coinvolgere dalle storie della von Arnim.
Impossibile non amare alla follia Milly, la protagonista di 'Colpa d'amore'.
Impossibile non abbozzare alla 'colomba' velata di nero che si aggira smarrita in quel di Londra, vinta dai sensi di colpa dopo la morte del marito Ernest e la sorpresa della misera eredità di mille sterline accompagnata da quel 'mia moglie sa il perché' che la bolla agli occhi della famiglia di lui, i pomposi e rispettabili Bott, di chissà quale peccato.
Impossibile non provare simpatia e tenerezza per una donna che semplicemente si lascia sopraffare dagli eventi, di più dai bisogni di tutti fuorché i suoi, così regala tutti la sua eredità alla sorella Agatha che non vede da venticinque anni e che per nulla turbata dalla disgrazia di Milly sente che i soldi servono appena a ripagarla dei patimenti di anni di ostracismo da parte dei Bott; oppure lascia libero Arthur la fonte del suo disonore, preso d'improvviso d'amore per una ragazza, dimentico di quel che dieci prima era scoccato tra loro, passione dirompente, stordimento, fino a trasformarsi in apatica consuetudine, un pò come 'i giorni uguali ai giorni' in compagnia di Ernest che le aveva promesso l'amore relegandola in uno scrigno dorato che aveva fatto di lei una donna pingue, dolce, languida ammirata dai fratelli di lui, criticata dalle cognate. Eppure proprio da loro Milly é costretta a tornare quasi lieta di confessare le sue colpe salvo non averne occasione, tacitata, spedita qua e là nelle case dei parenti scatenando chiacchiere, gelosie, inquietudini, malumori quando non sospetto. Un deus ex machina inconsapevole e involontario incapace di governare se stessa in relazione al mondo che la vuole relegata nel ruolo ufficiale di vedova inconsolabile come rivela l'abito di crespo nero che l'avvolge.
Impossibile non riconsocere nella prosa della von Arnim una disanima ironica e feroce dell'alta borghesia inglese del primo novecento; del peso inesistente dei sentimenti sottaciuti in funzione delle apparenze salvo scoprire che nella saggezza degli anziani regna sovrano il buon senso e l'occasione per sistemare gli affari di famiglia, ancora una volta.. almeno fino al prossimo scandalo.
Adorale Mrs. Bott: pingue, docile, bionda creatura la cui purezza e arrendevolezza instilla tanto amore quanto sospetto. Lei, piccola oca giuliva, bistrattata dalla sorte la cui unica colpa è stata quella di voler conoscere l'ebrezza dell'amore.
Romanzo spassoso, un gioco degli equivoci dai risvolti impensabili.
Una caustica leggerezza nella scrittura della Elizabeth von Arnim, ignota a molti scrittori contemporanei.

domenica 19 dicembre 2010

"L'ultima canzone" di Nicholas Sparks

Agli incontri con i lettori indossa spesso camicie improbabili, le sue storie sono prevedibili eppure Nicholas Spark sa come arruffianarsi il pubblico: scrivendo storie semplici che finiscono sempre con lo strappare una lacrimuccia al lettore. Racconti i suoi spesso tristi ma un pò come le vecchie favole con una morale, un risvolto positivo teso a demarcare il confine tra bene e male, dando risalto ai buoni sentimenti, su tutti l'amore declinato nelle sue varie forme, che rinfranca, salva, fortifica. "L'ultima canzone" ricalca il format di tutti gli altri suoi romanzi. La protagonista è Ronnie, diciassette anni. Gli ultimi tre dei quali passati ad ignorare il padre lontano, che crede abbia abbandonato moglie e figli per un'altra o solo per egoismo, per il sogno della musica che per ripicca ora lei, giovane promessa, si rifiuta di suonare. Anni trascorsi a credersi indipendente, grande al punto da commettere sciocchezze, rientrar tradi la sera, persino rubacchiare nei negozi a mo' di sfida alla madre che non sa più come frenarla, aiutarla a crescere. Per questo l'idea di un'intera estate trascorsa con il padre Steve e il fratellino Jonah nel North Carolina sa tanto di punizione biblica.
Invece dopo un inizio turbolento e pericoloso la piccola cittadina di Wilmington le regalerà la gioia di un incontro meraviglioso -Will- e la scoperta che l'uomo che aveva ostinatamente cercato di cancellare dalla propria vita -suo padre- è la persona meravigliosa che ricordava, la stessa che a distanza di anni ha ancora pazientemente rispettato i suoi bisogni, accettato i suoi rifiuti, creduto fortemente in lei al punto da sostenerla in ogni suo passo, ogni sua decisione regalandole un'estate bellissima.
La ragazzina di città capricciosa e testarda si è trasformata nella giovane volontaria che ha saputo attendere con pazienza la schiusa delle uova delle tartarughe marine comprendendo il valore della vita, della sua e.. di più della lotta per la vita.. la stessa che d'improvviso, dolorosamente sta abbandondando il padre. Ronnie sarà forte abbastanza per accettare la scelta del padre di nascondere il suo male per regalare loro un ultima estate insieme, tempo di riappacificazione, di più di maturità, responsabilità, di scoperta della forza dei sentimenti che legano quanti si amano.
Negli ultimi giorni insieme padre e figlia saranno capaci di dirsi, darsi quanto sottratto loro in anni di silenzi e sospetti di volute assenze, salvo scoprirsi legatissimi. Così pure nel regalo che l'uno ha fatto all'altra, ritrovare la musica.. la composizione.. quell'ultima canzone che parla di un padre e una figlia e apre le porte a un futuro pieno di promesse perchè: "la vita, ora lo capiva, assomigliava a una canzone. Al principio c'è il mistero, al termine la conferma, ma nel mezzo ci sono le emozioni che arricchiscono l'intera esperienza".
Un libro quello di Sparks che arriva dritto al cuore dei lettori, forse non per rimanerci ma per l'attimo che c'è.. colpisce davvero, intenerisce.

sabato 18 dicembre 2010

"Jane e l'arcano di Penfolds Hall" di Stephanie Barron

Tra le indagini di Jane Austen, dell'americana Stephanie Barron, "Jane e l'arcano di Penfolds Hall" è senz'altro la più riuscita. Data ormai per scontata la bravura dell'autrice nel rendere al meglio non solo le atmosfere domestiche ma il contesto sociale e politico dei primi anni dell'Inghilterra del XIX secolo in cui si muove la sua eroina, quello che colpisce in questa quinta avventura è proprio il mistero che attanaglia il lettore sin dalle prime pagine, da quando cioè in una calda giornata di tarda estate, nel corso di una passeggiata tra i boschi del Derbyshire Jane si imbatte per caso nel cadavere orrandamente mutilato e dilaniato dai corvi di un giovane gentiluomo.
Quale incredulità apprendere di lì a breve che i vestiti celano il corpo di una fanciulla? E quale sorpresa sapere che si tratta di Tess Arnold, dispensiera ed erborista presso la tenuta di Penfolds Hall proprietà di Mr. Charles Danforth?
Chi era davvero Tess? Perchè la sua viene fatta passare per l'esecuzione di una setta massonica? Perchè la tenuta di Penfolds Hall si dice sia maledetta dopo la morte in rapida successione di un nugolo di bimbi e della stessa Mrs. Danforth? E quale legame c'era tra la giovane Tess e il rampollo di Penfolds Hall, Andrew Danforth? Cosa spingeva Tess a vestirsi da uomo e accompagnare nella notte Mr. Tivey, il medico di Bakewell?
E cosa nasconde il diario di Tess Arnold, dove la giovane annotava ricette, malati, malattie e rimedi dell'intera contea? Perchè per strapparlo a Jane che ne è entrata in possesso c'è chi è disposto a rubare, addirittura uccidere? E quali torbidi e oscuri segreti intorno ai nobili maggiorenti del paese si annidano tra le pagine del diario di una piccola serva di campagna?
Chi ha ucciso e perchè Tess Arnold?
Nel corso di pochi ma intensi giorni di fine estate le indagini di Jane si faranno serrate al punto da farla sembrare spudorata ma Jane è pronta a sfidare il pericolo per giungere alla verità, tanto più che al suo fianco, quasi inaspettato, giungerà a sostenerla ed esortarla un amico.. Lord Harold Trowbridge. E per Jane svelare l'arcano sarà una sfida inevitabile.

domenica 12 dicembre 2010

"Aristotele e i delitti d'Egitto" di Margaret Doody

Ultima, solo in ordine di tempo, delle avventure di Aristotele detective (qui la recensione completa di 'Aristotele e la giustizia poetica': http://www.box.net/shared/msqqgsd6j7), il libro della bravissima canadese Margaret Doody questa volta sposta la scena dalla splendida Atene, sofferente per la carestia, all'Egitto dove giunge il giovane Stefanos cittadino ateniese ed amico del grande filosofo, quale ambasciatore per trattare l'acquisto di grano necessario alla sopravvivenza della metropoli greca. Il pericoloso viaggio di Stefanos, gravato dal possesso dell'oro necessario alla trattativa commerciale, si rivelerà tutt'altro che privo di insidie e la sua missione rischierà di fallire a seguito di complotti, velenosi intrecci d'affari, macchinazioni politiche e personali, ambiziosi progetti. Un nugolo di ambigui personaggi ruotano come zanzare fastidiose intorno a Stefanos, fallace ma non debole, deciso a far valere le proprie richieste al cospetto del satrapo Cleomenes, a dispetto della sua stessa vita più volte attentata. Ma quando tutto sembra perduto a intercedere a favore di Stefanos è proprio Aristotele. La logica per dipanare un complotto deciso a minacciare la stessa Atene.
Ambientazione storica perfetta, un intreccio narrativo machiavellico, stille di filosofia aristotelica per un romanzo che sorprende sino all'ultima pagina.
"Stefanos, amico mio, il problema qui non è l'appartenenza ad una certa etnia, ma l'etica. Debolezze e desideri nefandi corrompono il cuore, non importa quale lingua si parli".

venerdì 10 dicembre 2010

"Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni" di Woody Allen

Hanno detto che è sempre più cinico, che si è perso l'ironia per strada.. eppure caspita è Allen e il suo 'Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni' è un film che si lascia vedere con garbo e gusto. Perchè sin dalle prime scene è disarmante, spietato e tutt'altro che illusorio su quello che gli uomini pensano sia l'amore ed invece è semplice bisogno di considerazione, certezze, annichilimento al cospetto della parola 'solitudine' o 'vecchiaia', 'fallimento'. Pensiamo di essere felici ma quando ci chiedono o ci chiediamo se lo siamo davvero annaspiamo. Non è solo fragilità di coppia, è plateale senso di inquietudine verso le aspettative che gli altri e noi stessi ci imponiamo così il quotidiano vacilla e ricerchiamo la 'felicità' come la società la dipinge, che sia nel corpo prestante di una ragazza squillo, o di una splendida dirimpettaia che veste di rosso ammantata di mistero, che sia negli sguardi e nelle parole del proprio collega di lavoro, in un successo editoriale o nelle ciance consolatorie di una maga che assicura che 'sì, incontrerai l'uomo dei tuoi sogni'. Salvo accorgersi che appunto è tutto illusorio, e il vestito che decidiamo di far indossare all'amore, alla felicità è nell'armadio di un altro.
Cast interessante e vario (A.Banderas, J.Brolin, A.Hopkins, G.Jones, F.Pinto, N.Watts) per un film a tratti surreale, amaro e sì.. cinico davvero.
"Quella sedicente veggente prende tutti i tuoi soldi e ti dice solo quello che ti piace sentire!"
"Anche tu prendi i miei soldi (visto che pago io i tuoi conti) e in più quello che mi dici non mi piace affatto!"

domenica 5 dicembre 2010

"Accabadora" di Michela Murgia

Tra gli scrittori 'emergenti' degli ultimi anni Michela Murgia è sicuramente tra le più interessanti, lo è senza ombra di dubbio la sua scrittura: capace, evocativa, elegante; lo sono i personaggi della sua storia intessuti di un lirismo, di un realismo che li rende presenti a se stessi prima che funzionali al meccanismo narativo; lo è lo scenario storico e sociale di sfondo in una Sardegna del dopoguerra che è al tempo stesso isola a sé e Italia ovvero parte e tutto insieme; lo sono i sentimenti, gli affetti familiari e non, che si intrecciano a un quotidiano di tradizioni, rituali, religiosismi, sottaciute leggende.
In 'Accabadora' Maria è una bimbetta di pochi anni, ultima di quattro figlie, famiglia povera la sua che dopo la morte del padre sopravvive appena. Poco più che un numero in casa, quando non 'l'ultima', la sua vita cambia quando Bonaria Urrai, una donna senza età, senza tempo, ammantata di rispetto quando non temuta in paese, la prende con sé, la sceglie come "fill'e anima", per farne sua erede, crescendola con amore per poi riceverne cura in tempo di bisogno.
La gente in paese mormora, quale reale motivo avrà spinto la vecchia Tzia Bonaria a prender Maria e quale fortuna per quella povera famiglia di sole donne.
Maria in breve tempo prenderà confidenza con gli ampi spazi in casa di Tzia Bonaria, smetterà d'essere "l'ultimo pensiero di una famiglia che ne aveva già troppi" per percepire su di sé le attenzioni, l'affetto sincero ma anche la fascinazione, la meticolosità della donna nell'arte del cucito per cui è tanto conosciuta e apprezzata in paese, seriosa e attenta in quel misurare, lavorare la stoffa che di lì a breve prenderà forma sul corpo di un uomo e una donna ma c'è di più.. Maria crescendo si chiederà cosa spinge la donna a uscir di notte, ad esser cercata dalla gente, la stessa che di lì a poche ore, finirà per osservare, vestirà il colore del lutto, perchè "il dolore è nudo, e il nero serve a coprirlo, non a farlo vedere".
Ma chi è davvero Bonaria Urria? Lo spiega lei stessa a Maria:
"Non mi si è mai aperto il ventre e Dio sa se lo avrei voluto, ma ho imparato da sola che ai figli bisogna dare lo schiaffo e la carezza, e il seno, e il vino della festa, e tutto quello che serve, quando gli serve. Anche io avevo la mia parte da fare e l'ho fatta (...) Io sono stata l'ultima madre che alcuni hanno visto".
Sì lei, che cuce e risana al contempo le ferite dell'anima, è capace di dare a chi la chiede una morte pietosa.. lei è l'ultima madre, l'accabadora.
Maria rinnega la verità, fugge lontano ma tornerà quando la vecchia avrà bisogno, in punto di morte, di quel conforto che lei è stata capace di dare ad altri e allora avranno senso le parole che Bonaria le aveva lasciato come saluto, ammonimento: "Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata". Maria ha perdonato, si è perdonata, ha preso confidenza con la sua stessa realtà prossima.
Ora si.. è tempo di morire per Bonaria Urria.
E' tempo di vivere per Maria.

giovedì 2 dicembre 2010

"Noi credevamo" di Mario Martone

Noi credevamo... di poter resistere, reggere l'urto dell'attesa emozione di tanto acclamato narrare sul risorgimento e invece, pur tributando il giusto merito alla ciclopica impresa di raccontare l'alba della nostra nazione, è doveroso preparare lo spettatore alle 3 ore e mezza di proiezione, dai ritmi forzatamente lenti, dagli incessanti e a tratti supponenti e retorici dialoghi atti a spiegare quando non motivare i gesti eroici di quanti morirono per l'ideale di libertà, di democrazia, drammaticamente anacronistici proiettati nel nostro quotidiano in cui la parola nazione è solita essere calpestata. Un coro di ammirevoli attori (Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Andrea Bosca, Edoardo Natoli, Luigi Pisani, Andrea Renzi, Renato Carpentieri, Guido Caprino, Ivan Franek, Stefano Cassetti, Franco Ravera, Michele Riondino, Roberto De Francesco, Toni Servillo, Luca Barbareschi, Fiona Shaw, Luca Zingaretti, Alfonso Santagata, Peppino Mazzotta, Giovanni Calcagno, Vincenzo Pirrotta, Anna Bonaiuto, Edoardo Winspeare, Leslie Csuth, Pino Calabrese, Romuald Andrzej Klos, Enzo Salomone, Francis Pardeilhan) non basta a scuotere il torpore della sceneggiatura che fa tanto 'lezioncina', opera culturale bastevole in sè solo a instillare in chi già conosce la storia del proprio paese a cercare altrove ma di certo ennesima occasione di sviamento per chi continuerà a vedere nel risorgimento solo una pagina di storia invece che un'epoca di ideali, passioni politiche, arditezza nell'agire e nel pensare ma anche disillusioni, tradimenti, vili accordi che avrebbero preparato all'Italia del compromesso, del decisionismo ovvero quel 'paese prossimo' a noi in cui si fatica sempre più a riconoscersi.

"Tecniche di resurrezione" di Gianfranco Manfredi

1803. Valcour e Aline de Valmont sono fratello e sorella, sono gemelli, figli di nobili studiosi francesi travolti dalla rivoluzione e da misteriose ricerche mediche che li ha spinti a cercar requie nel lontano Rhode Island precipitandoli inaspettatamente tra popolazioni vittime di allucinazioni e pregiudizi, inquietanti enigmi risolti con il pragmatismo della ricerca e della ragione. Eppure a volte la scienza, il ragionamento non preserva da tutto: non dalla follia della gente disperata nel difendere la propria comunità, non dal tormento per aver visto morire un amico come il giovane e determinato reverendo Jan Vos.
Costretti a tornare in Europa per rivendicare i beni di famiglia Aline e Valcour divideranno le loro strade: Aline a Parigi controllata a vista alla corte di Napoleone, Valcour a Londra medico di ricchi e borghesi, amico dei derilitti di cui si prende generosamente cura al punto da aprire un piccolo ospedale omaggionado la memoria e gli ideali dell'amico defunto, che aveva fatto lo stesso sull'Isola di Block.
Ma è tempo a Londra come altrove in Europa dei primi esperimenti di rianimazione e di conseguenza dei furti di cadavere, delle dissezioni, del tributo decretato ai grandi medici dediti alla ricerca. Di qui però all'idea di vincere la morte, controllare la mente, curare quella abitata da mostruosi sogni e quindi sentirsi un dio il confine è breve. Valcour per primo, ammantato dall'aurea leggenda di aver fatto risorgere un morto, in realtà un uomo colto da infarto, si troverà quasi per sfida coinvolto nel mistero del Dottor Ending sospettato di uccidere impunemente in ospedale i poveri malati per servirsi dei looro corpi, studiarne il cervello, scoprire l'origine del pensiero e dominare il mondo. Napoleone pure anela alla stessa cosa, ufficialmente per curare un caro compagno di battaglie, tale Salvy San Subra, un corpo prossimo alla mummificazione, una mente malata che pare rubi l'anima di chi gli sta intorno.
Un passo dalla follia.. e i due fratelli de Valmont sembrano esserne entrambi vittime.
Del resto come sfuggire all'illusione di vincere l'ignoto, come non lasciarsi inghiottire in un mistero che affonda nel passato oscuro degli antichi egizi, come non credere alla resurrezione quando a ricomparire dal nulla vi è lui.. Jan Vos? Determinato più di prima a fare del bene, a opporsi alle ingiustizie, ad aiutare i deboli e i malati. Jan Vos deciso a sostenere in tutto l'amico Valcour e dichiarare spudoratamente tutto il suo amore all'indomita Aline:
"Io ero morto! Per tutti... tranne che per una persona. Per Aline ero ancora vivo. Lo sentiva, nel profondo del suo cuore. Sapeva che non poteva essere altrimenti. Io sono vivo grazie al suo amore. Io vivo per lei, Lady Drummond. Se il Signore mi ha rimandato su questa terra, è stato per restituire parte dell'amore che mi è stato donato. Io non amerò altra donna fuori che lei".

Misurato, preciso nei dettagli storici, nei continui rimandi tecnici, scientifici, medici Gianfranco Manfredi confeziona una seconda avventura coinvolgente per i fratelli de Valmont sebbene non della stessa potenza affabulatoria del romanzo di esordio, 'Ho freddo', ammantato di vampirismo e tratteggi gotici.

sabato 27 novembre 2010

"L'omonimo" di Jhumpa Lahiri

"L'omonimo" di Jhumpa Lahiri è uno di quei libri che si leggono con scorrevolezza, piacere e un pizzico di sgomento scivolando verso un finale che aspettiamo catartico e che tiene desta l'attenzione, rivelandosi degno dell'intero tessuto narrativo articolato dell'autrice.
Cosa nasconde un nome? Basta riandare con la memoria a Shakespeare e al suo Romeo e Giulietta per immaginarlo. Nel caso della Lahiri il nome nasconde un segreto di famiglia, un evento che avrebbe drammaticamente modificato la vita di tante persone, alcune delle quali, come lo stesso protagonista Gogol, non sarebbero mai nate.
"Essere salvato sal treno distrutto è stato il primo miracolo della sua vita. Ma qui, adesso, adagiato tra le sue braccia, con quel peso da neinte che però cambia tutto, c'è il secondo".

Per leggere interamente la recensione n.270 cliccate qui: http://www.box.net/shared/kihtgaugpr

lunedì 22 novembre 2010

"L'ultima riga delle favole" di Massimo Gramellini

Alla sua prima prova come romanziere il bravo vicedirettore de 'La Stampa', Massimo Gramellini, si cimenta con una favola moderna imbevenuta di new age e misticismo, che pure occhieggia alla psicoanalisi e alla filofofia. Insomma un mix riuscito di narrazione e frasi ad effetto per descrivere il cammino che ogni uomo/donna deve compiere per recuperare il controllo perso in una vita macchinosa, banale, fatta di compromessi, schiacciata dalle paure dei fallimenti, indagando alle origni dei conflitti interiori in un passato spesso corroso da incomprensioni e falsi problemi. Solo quando, come il protagonista Tomàs, si compie un viaggio simbolico alla scoperta di se stessi si è pronti a 'vivere' e affidarsi all'amore, l'unica forza positiva che regola il mondo.
Se il protagonista riesce a leggere l'ultima riga della favola -La Bella e la Bestia, superare la morte della madre e aprirsi con fiducia alla sua anima gemella- il lettore fatica a stare dietro alle strambe invenzioni letterarie dell'autore finendo per perdersi nel guazzabuglio onirico delle terme dell'anima. Tutt'al più mette da parte una serie interessante di parole buone per ogni occasione:
"..solo quando l'emozione si sublima in sentimento l'amore raggiunge il suo centro e l'uomo diventa invincibile"
"..per sapere se un sogno è giusto bisogna prima rinnegarlo, affinché la vita te lo restituisca per sempre con una rivelazione improvvisa"
"..se desideri una cosa e pensi veramente di meritartela, smetti di chiederti perchè gli altri non te la danno. Alzati e vai a prendertela"

sabato 20 novembre 2010

"Ho freddo" di Gianfranco Manfredi

"Aline e Valcour de Valmont erano arrivati a Cumberland da Londra nella primavera del 1795".
Due gemelli, due abili menti scientifiche, due giovani scampati agli orrori della rivoluzione francese ma non al crollo della propria famiglia, due sopravvissuti decisi a rifarsi una vita nel Nuovo Mondo salvo imbattersi nella diffidenza della gente di una piccola comunità nei pressi di Providence nel Rodhe Island, increduli nel saperli così indipendeti, per certi versi disinibiti, sfrontati, determinati a sfidare pregiudizi e sgretolare false leggende a partire da quella che vuole la loro casa infestata dai fantasmi dopo un orribile tragedia familiare.
Tutto può essere spiegato.
Ma allora cosa dire delle voci sui vampiri che attraversano le campagne del Rhode Island.. e come impedire a Valcour ed Aline di interessarsene se il padre e il nonno prima di loro avevano a lungo studiato il fenomeno per la casa reale francese, fino a restarne soggiogati, schiacciati?
E quale rapporto hanno con i casi di consunzione polmonare che fa vittime tra le giovani donne della regione e che spinge la gente sull'orlo dell'esaurimento, né placato né contenuto dalle costanti preghiere del giovane reverendo battista Jan Vos, incapace persino di lasciare che gli stessi cedano a sinistri esperimenti tollerati finanche dalle autorità cittadine: la profanazione dei cadaveri delle vittime.
Quale male oscuro attraversa i corpi e soprattutto le menti delle vittime.. spinte a vedere gli spiriti, a parlare con loro, a sentirsi già come morti viventi; la 'peste vampirica' può essere debellata davvero solo ricorrendo a macabri rituali di origine africana o la cura sta nell'inoculare nel malato un vaccino come pare un tale Jenner stia già facendo per il vaiolo? E ci sarà mai cura per combattere il male oscuro che si annida nei cuori umani?
Ragione e sentimento, cieca fede nella scienza, nella medicina, nel progresso, fautori di quello spirito illuminista deputato di lì a breve a pervadere il mondo rischiarando i ciechi antri dell'oscurantismo, Aline e Valcour riusciranno a dare un volto all'irrazionale, a dar credito alle richieste degli ammalati, spesso emarginati quando non vittime sacrificali, picconando le leggende, svelando i misteri più inaccessibili, sacrificando al contempo ideali, amicizia e amore.
"Cosa ne pensi?" mormorò Valcour inginocchiandosi accanto a sua sorella, protesa sulla bara.
"Non avverto il respiro.. e nessun battito cardiaco"
"Dunque è morta"
"Non è detto, valcour. Potrebbe essere caduta in catalessi. Dobbiamo aspettare"
"Chace e Slapes.. li hai visti?"
"Loro non c'entrano"
"Sì, invece. Ammettiamo pure che Livina possa rianimarsi. Credi che se si sollevasse a sedere nella bara, suo marito e suo padre l'accoglierebbero a braccia aperte? No, Aline. Non la vorrebbero neppure in casa"
"Ma noi siamo dei medici e abbiamo il dovere.."
"Di prolungare le sofferenze di questa disgraziata creatura? E quanto a lungo? Io credo che Livina sia morta, ma se così non fosse, non ha alcuna speranza di sopravvivere"
"Allora cosa intendi fare?"
Valcour aprì la sua borsa e ne cavò un martello e un grosso chiodo lungo trenta centimetri.
"Perchè ti sei portato dietro quegli attrezzi? mormorò Aline, sgomenta.
"Avevo previsto quanto sarebbe avvenuto" rispose lui, gelido. "Allontanati e non guardare".
"Non farlo, ti prego!"
"Siete in troppi a pregarmi oggi. E io non sono Dio"
Posò la punta del chiodo sul petto di Livina, all'altezza del cuore.
"Aspetta" esclamò Aline "Ha mosso un dito!"
"Io non ho visto nulla"
"Ti dico che s'è mossa! Non puoi, non devi... Valcour, noooo!"
Lui calò il martello e picchiò tre colpi secchi, spingendo il chiodo fino in fondo.
Un romanzo dalle ambientazioni gotiche, imbevuto di riflessioni filosofiche e teologiche, costruito su una conoscenza approfondita delle fonti, accuratissimo nell'ambientazione storica, preciso nei dettagli scientifici. Un romanzo che appassiona il lettore, trascinato nell'abisso della sofferenza, del sospetto inquietante del volto che assume il male salvo scoprire che spesso è solo dentro di noi.
Prossimamente il seguito: 'Tecniche di resurrezione'.

sabato 13 novembre 2010

"La sposa gentile" di Lia Levi

Amos Segre è un giovane banchiere ebreo. Il capodanno del '900 segna per lui uno spartiacque. E' ora di prendere impegni, di dar forma ai sogni: consolidare le sue fortune e metter su una famiglia patriarcale. Se il primo dei suoi obiettivi è già cosa fatta difficile si prefigura trovar moglie, pare che affidarsi alle buone conoscenze della sorella Anna possa ispirargli l'incontro con la bella Margherita e sistemar tutto eppure ad un passo dal fidanzamento che tutti danno già per scontato ecco che l'irrazionale prende forma nel corpo sinuoso, nel volto bellissimo, negli occhi vivaci, nella bocca sensuale di Teresa che Amos inizia a frequentare di nascosto fino a lasciarsi vincere dalla passione, giorno dopo giorno. Sarà lei la donna che Amos deciderà di amare, a dispetto della sua famiglia, della comunità ebraica che all'improvviso gli volta le spalle, perchè Teresa è una cristiana.
Lei, la sposa gentile, riuscirà però a trasformarsi nella donna che tutti avrebbero voluto vedere al fianco di Amos. Una sposa ebrea. L'unica capace di riunire la grande e numerosa famiglia Segre intorno a un tavolo per le feste relgiose, l'unica a sostenere tutti, l'unica a custodire gelosamente le tradizioni, lei che tutto si è lasciato alle spalle con l'unico proposito di amare incondizionatamente Amos, di farlo 'contento'. Per questo assorbire la fede del proprio sposo è cosa normale fino alla sua morte.
Allora "da quella sagoma che formava il suo corpo in movimento se n'era fuggita via l'anima. Non l'anima dei filosofi e degli uomini di fede ma la piccola anima, quella che dà un senso preciso alle umili cose di tutti i giorni, come lo stoppino a una candfela o la pila che permette di accendere una torcia".
Poi era arrivato il 1938, le leggi razziali e nulla era stato più come prima.

"Tu non c'eri" di Erri De Luca

Una manciata di pagine per un racconto che toglie il fiato proprio come in cima alla montagna che un figlio scala per ritrovare il padre perduto. Un ascolto forzato, imposto a se stesso, in cui figlio e padre si sfiorano, si riconoscono in quell'assenza imposta dalle scelte di una generazione rivoluzionaria che usava il noi per appartenenza a una causa politica, che credeva di cambiare il mondo salvo scavare il vuoto intorno, un vuoto di sentimenti, a volte di responsabilità, come di un padre che abbandona il figlio, lo tiene forzatamente, volutamente fuori dalla sua vita, lontano dal carcere per sopravvivere, a se stesso, al crollo delle illusioni perdute. Salvo ritrovarsi lì, su una montagna, a dispetto di una morte, pure quella solitaria, e servire, spiegare, perdonare quel "tu non c'eri" di un figlio con un annuncio di vita e un proposito deciso "gli sarò padre".
La scrittura di De Luca, splendidamente riconoscibile nel mare di parole banali della editoria italiana, riempie di significato ogni pagina scritta.

venerdì 12 novembre 2010

"Una vita tranquilla" regia di Claudio Cupellini.

Provincia tedesca. 'Da Rosario' è un piccolo albergo-ristorante gestito da un italiano perfettamente integrato nella comunità, Rosario appunto. Sposato, un figlio piccolo biondo e gentile, una professione apprezzata, la sua appare agli occhi di tutti una vita tranquilla.
Un giorno all'improvviso l'equilibrio perfetto della vita di Rosario si spezza. Mentre serve cinghiale e gamberi ad una tavolatava di commensali gaudenti Rosario guarda dalla finestra i volti di due giovani che hanno preso una camera da loro. Uno dei due ha un aspetto familiare. Un volto ricacciato indietro nel cuore, forzatamente dimenticato, il volto di un ragazzino divenuto orami grande, lo sguardo incerto di chi non sa chiedere ma è evidente che non ha mai dimenticato nè perdonato: Diego, suo figlio.
Perchè la vita tranquilla di Rosario è solo apparenza. Un tempo affiliato alla camorra l'uomo ha spacciato per vera la sua morte rifacendosi una vita all'estero, lasciandosi indietro, amici, famiglia, responsabilità e affetti.
Eppure quando Diego bussa alla sua porta Rosario spera solo di poter essere felice, ancora, magari stringendo a sè quel figlio perduto, ignaro che un meccanismo perverso di orrore, violenza e vendetta lo trascinerà indietro nel tempo, nel mondo fuggito, spingendolo a non fidarsi di nessuno, nemmeno di suo figlio, deciso a non lasciarsi strappare quella vita tranquilla che ora impone anche a Diego
"Domani mattina parti. Se tutto va bene, avrai una vita tranquilla".
Ma nei piani di Rosario qualcosa sfugge, l'imponderabile ambiguità del male trascina con sé Diego fino a tradire il padre. Finalmente nudi, scoperti nelle loro debolezze, padre e figlio si ritroveranno, per un istante, un solo momento salvo perdersi per sempre e imporre a Rosario di fuggire ancora, ripetere i gesti dell'abbondono per ricominciare altrove, aggrappato alla speranza di poter vivere 'una vita tranquilla'.
Un film durissimo, tragico, l'eterna lotta bene male che scivola in un confine labile, per certi versi il film svela l'illusione di quanti sperano di sfuggire ad un passato carico di orrore salvo apprendere che nel tentativo di imporre cambiamenti a se stessi la vita passa.
Intensa l'interpretazione di Toni Servillo.

mercoledì 10 novembre 2010

"La mamma dei carabinieri" di Alessio Puleo e Filippo Vitale

La "mamma dei carabinieri" è uno scricciolo di donna sulla novantina. La sua casa -una villetta in stile liberty- è di fronte all'abitazione di Paolo Borsellino. Da anni, giorno dopo giorno, la 'zia Mimma' come la chiamano tutti, si prende cura dei giovani carabinieri di scorta ai familiari di Borsellino. Fa appunto loro da mamma e loro ricambiano con affetto.
Uno di loro racconta la sua storia.
Quella di una bellissima ragazza costretta a rinunciare, ad un passo dalle nozze, al suo amore per un brigadiere dei carabinieri. Una ragazza coraggiosa Mimma, piegata dagli sguardi della 'gente', dal dovere familiare, dai capricci e gelosie di un vigliacco, spinta a vivere una vita di dolore e sacrificio, ancorata ai ricordi di felicità di un amore ricacciato in fondo al cuore, che a distanza di cinquant'anni rifulge per un momento ancora, il tempo di illuminare la vecchiaia e riscattare una vita intera di dolore, un attimo prima che il destino rimescoli le carte di una vita straordinaria nella sua quotidiana disperazione.
"La vita è una buffa altalena che va su e giù: giorni di dolore e miseria, giorni di gioia e amore; io posso dire con tranquillità di aver vissuto tutto".
Una lezione di vita, uno splendido messaggio di amore.
"Accanto al banco del giudice, i due carabinieri in alta uniforme erano ancora lì, fermi. Mimma teneva la testa bassa; non riusciva a guardare Giovanni perchè sapeva bene che gli occhi del ragazzo erano puntati su di lei: ne sentiva gli spilli dello sguardo! ma come poteva Giovanni capire? Non era siciliano! Lei sapeva di amarlo più di ogni cosa al mondo, ma non era abbastanza forte per mandare tutti a quel paese e scappare con il suo amore. Poi per un attimo trovò il coraggio e la determinazione dettati dall'amore, alzò gli occhi e incrociò quelli di Giovanni. Si guardarono per pochi secondi, ma proprio in quei secondi tutto l'universo passò davanti a loro: stelle luminose e soli incandescenti, tuoni e fulmini. Poi Giovanni abbassò le palpebre per un istante e, contemporaneamente, fece un impercettibile movimento della testa, un "sì" che solo Mimma comprese. Giovanni aveva infine capito che Mimma rimaneva per sempre la sua ragazza, anche se il destino aveva deciso così! Con quel piccolo gesto, la incoraggiava a vivere la sua vita, a non pensare più a lui, a stare tranquilla! Nessuno si era accorto che i due ragazzi si stavano dicendo addio. Apparentemente più rilassata, lei abbassò ancora una volta lo sguardo e rimase a fissare un nodo del legno della scrivania, un nodo molto strano a forma di cuore. Sorrise fra sé: Giovanni in fondo aveva capito e forse l'aveva già perdonata".

domenica 7 novembre 2010

"Il club degli inocrreggibili ottimisti" di Jean-Michel Guenassia

Fine anni '50. Parigi. Michel ha undici anni, non capisce la matematica, adora leggere, giocare al calcio balilla, il suo gatto Nerone. Guarda con sospetto alle riunioni di famiglia a casa del nonno materno, evita gli aspri rimproveri della madre, i controlli del suo professore, le chiacchiere infinite della sorellina, si sforza di capire il padre e anela la compagnia del fratello maggiore Frank e dei suoi simpatici e anarchici amici Pierre e Cécile.
Tutto il suo mondo complicato di adolescente pressato dalle cattiverie gratuite degli adulti vissuto in un clima sociale e politico instabile per la guerra d'Algeria cambia improvvisamente prospettiva quando varca curioso la soglia del retrobottega del bistrò 'il Balto'.
Oltre la porta dove qualcuno ha scritto 'club degli incorreggibili ottimisti' un gruppo di uomini gioca a scacchi, beve, siede ai tavolini, qualcun'altro scrive.. non uno qualunque ma Sartre. In comune hanno tutti uno strano modo di parlare francese e un crogiuolo di storie, passioni e sentimenti imprigionati in un passato e in un luogo senza tempo destinato ad essere dimenticato, per sopravvivere a se stessi.
Profughi dei paesi dell'est, vittime o strenui credenti del comunismo, Igor, Leonid, Imré, Pavel, Tibor, Sasa diventeranno per Michel figure guida nella sua vita. Ascoltando le loro chiacchiere, i loro aspri litigi, le barzellette dissacranti di un dolore, di una perdita che altrimenti non si sarebbe in grado di gestire, Michel avrà modo di confrontare le quotidiane asprezze della sua vita mitigandole: imparerà a gestire i conflitti personali, la separazione dei suoi genitori, il tradimento del fratello, la fine di un'amicizia, il primo amore. Nell'intensa eppur breve sua stagione al club degli ottimisti mentre imperversa il rock'n'roll e la guerra fredda, il boom economico e lo scontro di ideali, Michel imparerà a 'crescere', non come un sopravvissuto ma come 'un uomo'.
"Sei vivo, non lagnarti, per te tutto è possibile"
Romanzo di formazione, affresco di un'epoca, 'Il club degli incorreggibili ottimisti' è un libro intenso, struggente, dal tratto indelebile. Parafrasando le stesse parole dell'autore "prima ancora d'aver letto, si indovina subito se un libro ci piacerà o no".. ebbene con Guenassia ha funzionato proprio così, il suo libro piace sin dal titolo, riuscitissimo. Una scrittura coinvolgente, personaggi straordinari, tutti noi vorremmo aver fatto capolino almeno una volta nel club del 'Balto' e compatire (partecipare all'altrui patimento) Sasa, Igor e gli altri.
"Non sapevo come oppormi. Come lottare contro il fuoco che distrugge le poesie? Ho trovato una sola soluzione: impararle a memoria. me le imprimevo in mente. Lì, non si poteva trovarle, non toglierle, non cancellarle. Quando arrivavano i sacchi dei sequestri, sottraevo qualche quaderno alle fiamme. Fissavo i versi nella mia memoria. me li ripetevo ogni notte. Ho saputo poi che altri avevavno fatto la stessa cosa. Delle donne hanno preservato l'opera del marito scomparso imparando a memoria le sue poesie. Finchè si era vivi, c'era una speranza di salvarle".
E ancora l'opera di Guenassia spinge a riflettere non solo sul comune passato recente ma sull'oggi, sulla figura degli esuli, degli esclusi, degli ultimi..
"Proclamare 'non sapevamo' è una menzogna collettiva rassicurante. I russi quanto i tedeschi, i francesi, i giapponesi, i turchi e gli altri sapevano cosa succedeva a casa loro. Nessuno è fesso. Gli arresti, le espulsioni, le angherie, le torture, le deportazioni, le esecuzioni, la propaganda, le foto truccate. Chi protestava spariva. E allora si taceva. Igor, Leonid, Vladimir, Imré, Pavel, io stesso e gli altri, nessuno ignorava niente. Un giorno la ruota si è fermata davanti a noi. Abbiamo avuto la fortuna di salvare la pelle. Non siamo più innocenti dei boia ai quali siamo scampati".

lunedì 1 novembre 2010

"Il cimitero di Praga" di Umberto Eco

Prendere in mano un romanzo di Umberto Eco è avere la certezza di cadere affascinati da una sapiente narrazione, di più è avere precisa contezza di cosa sia la narrazione: un intreccio perfetto calato in un contesto storico e sociale accreditato da certosino riscontro documentale, perizia nell'uso delle parole e di converso di una scrittura che illumina il percorso del lettore per le cinquecento e più pagine di una storia che si immerge nella realtà ottocentesca giocando con il falso rappresentato dal suo protagonista quel capitano Simone Simonini, esemplificazione del male, nelle cui trame, a tratti frutto di una mente disturbata, si finisce per restare invischiati, agghiacciati dal sospetto che un Simonini sia ancora tra noi, funzionale in ogni epoca proprio come il bisogno di un nemico da odiare.
Simonini nello specifico odia tutti: uomini, donne, odia se stesso.
Non sopporta i tedeschi, i francesi, gli italiani.
Non sopporta i gesuiti, i massoni, i rivoluzionari.
Vedrà morire impotente il padre repubblicano, si lascerà soggiogare dalle storie del nonno che gli ispirerà l'odio, quello sì profondo, verso gli ebrei.
Sarà abile truffatore, ingegnosa spia al soldo del potere, vile maschera nascosta nei meandri della storia di cui non sarà mai semplice spettatore: dal risorgimento italiano alla comune parigina, attraversando mezza europa e mezzo secolo:
"Sono stato un buon narratore, sarei potuto diventare un artista: da poche tracce avevo costruito un luogo magico, il centro oscuro e lunare del complotto universale".. ovvero la raccolta, il plagio, l'ideazione di documenti che di lì a breve avrebbero trovato pubblicazione sotto il nome de 'I protocolli del savi anziani di Sion': il piano dettagliato della presa del potere degli ebrei nel mondo, così come raccolto da un testimone diretto nel corso di una riunione di rabbini nel cimitero di Praga.
Proponendo temi, caratterizzazioni, rimandi tipici del feuilletton ottocentesco Eco trascina il lettore nelle fogne parigine un attimo dopo aver lasciato desinare il suo losco protagonista in uno dei locali più in vista di Parigi, affonda nel satanismo, mescola odi, tremori, rancori, vili vendette con inquietanti ammonimenti, tradimenti, uccisioni, fruendo dei consigli di medici incontrati per caso lascia che il suo Simonetti faccia autoanalisi giungendo al cospetto di un furente confronto con il suo doppio: personalità sgiunte ma accomunate dalla naturale propensione al male, un male capace di travolgere chiunque si frapponga sulla sua strada e sul proponimento di una vita: dar forma a un falso storico. "..a vender in qualche modo la rivelazione di un complotto non dovevo provvedere all'acquirente nulla d'originale, bensì soltanto e specialemnte quello che o aveva già appreso o avrebbe potuto apprendere più facilemnte per altre vie. La gente crede solo a quello che sa già.."

domenica 31 ottobre 2010

"La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio" di Enrico Brizzi

L'Italia degli ultimi trent'anni rivisti alla luce dell'avvento dell'uomo che avrebbe impattato nelle vite degli italiani: Sivio Berlusconi. Dalla società dei falsi miti e dei bisogni ingenerati dalle tv commerciali alla discesa in campo dell'imprenditore milanese nel '94 per salvare la sua azienda dal fallimento e la sua persona dai tanti processi in cui è ancora invischiato. Una ricostruzione inframezzata da ricordi ed esperienze personali quella di Enrico Brizzi che non può -visto la stringente attualità- rifulgere per originalità ma inquietante e dissacrante arriva, per quelli che si ostinano a negare l'evidenza, come un pugno allo stomaco.
A onor del vero difficile che accada dacchè solitamente chi legge e si informa utilizzando strumenti alternativi alla televisione fa parte di una sparuta minoranza della società attuale, la stessa che Brizzi si affanna ad analizzare non risparmiando critiche, motteggi e biasimo a esponenti di quella sinistra che non ha saputo o voluto governare quando poteva farlo piegandosi al fascino subdolo del teleimbonitore per eccellenza.

venerdì 29 ottobre 2010

"Benvenuti al sud" regia di Luca Miniero

In testa al box-office da settimane "Benvenuti al sud" per la regia di Luca Miniero è una commedia lieve che fagocita stereotipi e gioca sul lieto fine. Remake del francese "Bienvenue chez le Ch’tis" racconta di Alberto, un direttore di un ufficio postale disposto a tutto per ottenere il trasferimento nell'amata Milano e compiacere così la moglie. Peccato che per arrivarci si finga disabile e si lasci miseramente smascherare. L'alternativa al licenziamento è il trasferimento in un paesino della Campania dove Alberto giunge pieno di pregiudizi. Troverà un piccolo paese arroccato su una collina che domina il mare e gente accogliente e affettuosa che gli insegnerà ad aprire il cuore, aver fiducia nel prossimo e in se stesso.
"Quando vieni al Sud piangi due volte, sia quando arrivi, sia quando te ne vai."
Cast azzeccatissimo -Bisio, Siani, Finocchiaro, Lodovini, solo per citare alcuni- per una storia semplice tra tanti sorrisi e qualche lacrima.

domenica 24 ottobre 2010

"Il sorriso di Angelica" di Andrea Camilleri

Bentornato Montalbano.. bentornato cinquantenne confuso e sbalordito dei propri bisogni d'amore come dalle impetuose gelosie e da una voglia sempre vigile di far rispettare la giustizia. Bentornato ad un commissario di polizia che sogna l'Ariosto e si ritrova poi davanti la sua eroina in carne ed ossa, Angelica.. lei come tanti a Vigata vittima di furti dalle modalità al limite del rituale che sembrano nascondere qualcosa, un segreto forse inconfessabile o solo cieca, cattiva.. vendetta. E forse proprio il sorriso di Angelica inquieta l'ordinaria logica di Montalbano, preso più a interrogarsi sul suo legame con Livia, sulle strampalate bugie accettate più di una confessione di tradimento che a guardare la verità drammatica che ha sotto gli occhi e che si costringe a negare fino a quando inevitabile lo porterà a un passo dalla rovina.
Spumeggiante come sempre la scrittura di Camilleri, la sicilianità vitale dirompe da ogni pagina, così pure l'inevitabile stoccata al governo:
"Dottore non abbiamo personali. Con tutti questi tagli che ha fatto il governo.."
"E hanno macari il coraggio di chiamarli liggi supra alla sicurezza dei cittadini! Semo arridotti, senza macchine, senza benzina, senza armi, senza omini.. Si vidi che sono seriamente 'ntinzionati a favoriri la sdilinquenza"

sabato 23 ottobre 2010

"Il libro dell'amore" di Kathleen McGowan

Solo un paio di anni fa intorno all'opera prima della McGowan scrivevamo:
Un mistero ruota intorno alla figura di Maria Maddalena, dopo secoli una ricercatrice americana sembra essere l’eletta atta a rivelare segreti capaci di cambiare il volto alla storia. Primo romanzo di una triade che si preannuncia dirompente, ‘Il vangelo di Maria Maddalena’ ha conquistato il pubblico di mezzo mondo. Il messaggio che propone è chiaro: “La storia non è ciò che è accaduto. La storia è ciò che è stato scritto”.

Ne 'Il libro dell'amore' l'americana Maureen Paschal ha ripreso le sue ricerche sulla Maddalena, a seguito di un misterioso dono che ha coinvolto i suoi amici di sempre, Bérenger Sinclair e padre Peter Healy: una serie di preziosi indizi per giungere a un testo che non ha eguali, l'unico vangelo scritto da Gesù, donato alla sua sposa e diffuso in Europa dalla stessa e dai suoi diretti discepoli. Un libro che tanti cercheranno e tanti ancora proteggeranno a rischio della propria vita, tra questi 'le elette' iniziate alla dottrina dell'amore, come Matilde di Canossa.
"Ti ho amato prima,
ti amo oggi,
e ti amerò amcora.
Il tempo ritorna
".

Tra verità storiche e finzioni letterarie, riletture romantiche al limite dell'eretico e plausibili intrecci narrativi scorre veloce la scrittura della McGowan il cui limite è quello di "parlare" ad un suo pubblico, teso ad abbeverarsi alle sue fantasioni interpretazioni oltre che perdersi un pò tra i piani narrativi storici paralleli e una sfilza di citazioni letterarie, storiche, artistiche finalizzate a supportare la sua tesi.
Forse è vero quello che sottende il messagio del presunto 'libro dell'amore': chi ha orecchie per intendere intenda.
Evidentemente, non abbiamo inteso!

lunedì 18 ottobre 2010

"L'amante del doge" di Carla Maria Russo

1755, Venezia, il carnevale sta per finire e per Caterina scendere in piazza, mischiarsi alle gente in maschera e raggiungere gli amici alla festa del console inglese, rappresenta forse l’ultima occasione per essere libera, assaporare un pizzico di felicità che la morte del padre e la scelta scellerata della madre di darla in sposa ad un uomo che non ama stanno per portarle via. Ignora che proprio in casa del console incontrerà l’uomo che cambierà la sua vita, l’uomo che la spingerà a farsi padrona del suo destino: Andrea Tron.
(...)
A dispetto di tutto l'amore cresce impetuoso anche là dove è inatteso.
Venezia non avrà il doge che attendeva da anni ma un un uomo politico accorto ai bisogni della gente, onesto e lungimirante. Un uomo che, conscio del disfacimento della sua epoca, abile per una vita nei compromessi tra ruolo pubblico e ruolo privato, saprà farsi avanti e rischiare tutto di sé.
Al fianco, una donna che non avrà eguali nella sua epoca: coraggiosa, audace, condannata da una società di ipocriti censori per le sue idee, l'intemperanza dell'anima che la vuole libera.

Per leggere la recensione n.271 completa cliccate di seguito:
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sabato 16 ottobre 2010

"Il paese delle spose infelici" di Mario Desiati

“In un luogo dove le spose erano infelici fece stupore quello che accadde un marzo mite del 1990”, quando una giovane donna vestita da sposa entrò nelle placide acque di un torrente catturando gli sguardi di un gruppo di operai in pausa pranzo. Il torrente è il Taras, un rigagnolo che si spegne a mare all’ombra nera dell’Ilva, l’impianto siderurgico alle porte di Taranto. La sposa, una donna che avrebbe rapito cuori, turbato anime e inquietato i sogni di generazioni di uomini tra le vie lucide e acciottolate di Martina Franca. Tra questi Zazà e Veleno, guascone e trascinatore impavido l’uno, silente osservatore l’altro. In mezzo la vita di paese, gli anni dell’adolescenza tra campetti di calcio e scorribande, macchiette e fanfaroni di piazza, pruderie e pettegolezzi. Ai margini l’indolenza di una vita che si può fallire anche nei gesti quotidiani ripetuti, in scelte che paiono definitive, proprio come quelle delle tante spose infelici. E che trova riscatto nell’amore vero, quello che insegna a dare e non chiede, quello che cura le ferite dell’anima e la pigrizia del cuore, quello impastato di pazienza e sacrificio.

Per leggere la rec. n. 272 "Il paese delle spose infelici" di Mario Desiati clicclate qui:

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sabato 9 ottobre 2010

"Marina" di Carlos Ruiz Zafón

Opera prima dall'autore spagnolo Carlos Ruiz Zafón, più volte rimaneggiato, pensato inizialmente come lettura per ragazzi 'Marina' ha in sé tutte le caratteristiche di una scrittura che conquisterà lettori in tutto il mondo (va da sé il successo internazionale de 'L'ombra del vento'): magia, mistero, un confine indistinto tra fantastico e reale, personaggi autentici, e lei Barcellona.
Barcellona. Fine anni '70.
Oscar è un adolescente, confinato in collegio per volere di due genitori sempre in viaggio.
Ogni pomeriggio intorno alle 17.00, libero dagli impegni di studio Oscar va alla scoperta della città e sogna ad occhi aperti, immaginando avventure, vivendole nella sua mente, salvo imbattersene in una vera quando attratto da un giardino di una casa cadente e da un gatto nero con un passero morente tra gli artigli Oscar si imbatte in Marina, una bellezza eterea poco più grande di lui che vive sola con il vecchio padre pittore malato, che ha smesso di dipingere dal giorno della morte della moglie cui Marina assomiglia tanto.
L'avventura più grande per Oscar non sarà solo innamorarsi di Marina, vivere le emozioni, il conforto di una vera famiglia cui finirà per rifugiarsi in ogni momento libero ma la donna velata che posa la rosa rossa su una tomba salvo poi svanire nell'ombra, la serra spettrale che ospita inquietanti burattini o corpi senza vita?, l'album di fotografie di orripilanti scherzi della natura, l'odore di putrefazione che precede l'orrida presenza che sembra voler ghermire la vita da chi gli si avvicina e ancora scoprire in un passato recente la pazzia di un uomo che sperò di sostitursi a Dio, ridando vita a corpi già morti.
Un mistero agghiacciante per due ragazzini, un'avventura irreale al punto da sembrare frutto della fantasia, in una città dal doppio volto: gotica, inquietante al tramonto; splendida, ridente al mattino.
Poi Oscar si perderà, per una settimana nessuno saprà nulla di lui.
In realtà Oscar non è si è mai allontano da Barcellona, ha solo dovuto confrontarsi con un mistero a cui nessun uomo ha mai saputo rispondere: il mistero della vita e della morte.
"Il tempo non ci rende più saggi, solo più vigliacchi"

Pur rubando tanto alle atmosfere dei romanzi gotici e fantastici la scrittura di Carlos Ruiz Zafón è semplice, a tratti ipnotica, a tratti evocativa, immaginifica. Il risultato è che pare impossibile staccarsi dal libro se non quando si è giunti all'ultima pagina. L'effetto è di quando nella tradizione contadina i vecchi raccontavano storie agghiaccianti intorno al fuoco per spaventare i piccini, e non solo!

venerdì 8 ottobre 2010

"La caduta dei giganti" di Ken Follett

I gallesi Williams, i russi Peskov, i tedeschi von Ulrich, i nobili inglesi Fitzherbert, gli americani Dewar. Cinque famiglie, destini incrociati i loro da amori, amicizie, rivalse politiche, rancori, gelosie, aspirazioni di successo, sogni infranti. In mezzo la grande guerra, il crollo degli imperi, la fine di un'epoca, l’accendersi delle passioni politiche, la trasformazione della società.
999 pagine, tempo di lettura 7 ore circa.
Ken Follett dovrebbe ridimensionarsi, la sua è una scrittuta di ottimo intrattenimento, più simile a Wilbur Smith che ai grandi del passato e di certo lontana anni luce da Eco. Per farla breve Follett è un gatto sornione che sa cosa dare ai lettori per confezionare una storia interessante: amori, tradimenti, sesso, violente passioni, rancori sconfinati, sete di vendetta in giro per il mondo. Il tutto in un'ambientazione storica bene descritta, che non eccede in personalismi nè revisionismi.
Il pacchetto (si prevede una trilogia) sembra già pronto per il piccolo schermo: e a dirla tutta pare anche piuttosto scopiazzato o per usare un eufemismo possiamo dire che non è originale. Il lettore si aspetta già 'le mosse' dei personaggi, non indugiamo negli esempi per non rovinare l'effetto sorpresa.
Follett si legge con piacere ma pensare che possa diventare un classico è un tantino troppo.

giovedì 7 ottobre 2010

Nobel per la letteratura a Mario Vargas Llosa

A disposizione qui http://www.box.net/shared/xhv49coioh
la breve recensione di 'La zia Julia e lo scribacchino' del nobel Vargas Llosa pubblicata sulla prima pagina del numero 20 di 'LiberLibriNews' del 21 settembre 2007.

"Senza tette non c'è paradiso" di Gustavo Bolivar Moreno

Recensione estratta dal n. 24 di "LiberLibriNews" del 19/12/2008

Catalina ha quattordici e un sogno: trovare i soldi per ‘rifarsi le tette’ ed essere così ammirata dai narcotrafficanti che pagano i ‘sogni’ delle ragazze, portandole via dalla periferia della vita in cui si credono parcheggiate. Per Catalina e le ragazze del quartiere null’altro conta se non apparire, conquistare uomini con soldi, farsi belle davanti alle altre. Catalina però non è come le altre, non è prosperosa, non ha quello che i narcos vogliono e lei strepita per ottenerlo. Ci riuscirà e vivrà pure una stagione di eccessi e successi, ignorando che per arrivarci ha investito e perso tutto: se stessa, la sua dignità. Ma poco importa: Catalina ha venduto il suo corpo, ha perso l’unico affetto sincero in cui credeva, si è vendicata di quanti l’avevano umiliata e usata, finanche di chi credeva amico, scoprendo che il tradimento è ovunque e non si può vivere fingendosi diversi da quel che si è: una ragazzina con un sogno malato.
Il libro di Moreno che ha ispirato una telenovela di successo in sud America svela con tratti di autentica crudeltà il microcosmo sociale in cui si radica il narcotraffico facendo un’operazione che un paio di anni dopo tenterà con altro piglio il nostro Saviano. Come la camorra impera nel nostro sud, così il narcotraffico detta legge in centro e sud America impattando su intere generazioni spinte a vedere in loro modelli. Così l’autore descrive i diversi passaggi nelle organizzazioni criminose: “No, i nuovi trafficanti erano fatti di un’altra pasta. Non si spostavano in aereo privato su e giù per il paese. Non installavano rubinetti d’oro nei bagni né si facevano costruire piscine olimpioniche e discoteche in casa. Non possedevano squadre di calcio per accrescere il proprio prestigio e rifornirsi di campioni da invitare alle feste o da rivendere all’estero per la metà del prezzo dichiarato. Non mantenevano interi quartieri, né debuttavano in politica regalando motoscafi, motociclette e denaro in contanti agli elettori. Spietati quanto i loro predecessori, i nuovi trafficanti seminavano la morte, ma non ambivano al possesso del territorio come i vecchi capi di Cali e Medellin. Erano attratti dal gioco in Borsa, dalla capitalizzazione al alto rischio, dall’acquisto di grandi società. Amavano la vita mondana, gli orologi costosi, le modelle e le attrici, le proprietà all’estero e i conti riservati in Svizzera, alle Isole Cayman o a Panama. Non comperavano automobili da centomila dollari pagandole in contanti trasportati in sacchi di plastica. Preferivano auto lussuose ma accessibili, e le pagavano a rate per non destare sospetti tra le autorità. Appartavano a una generazione più preparata, in grado di organizzarsi per il riciclaggio dei capitali e di conferire una parvenza di legalità ai loro astronomici guadagni. A questo scopo disponevano di esperti di finanza formatisi presso le migliori università del mondo, e di strateghi militari importati dall’ex Unione Sovietica”.

"Una moglie affidabile" di Robert Goolrick

"Era solo una storia su come il freddo pungente ti entra nelle ossa e non ti lascia mai solo, su come i ricordi ti entrano nel cuore e non ti lasciano mai solo, sul dolore e l'amarezza di ciò che ti accade quando sei piccolo e indifeso, eppure sai che quello che ti sta succedendo è male, sui segreti sul male che non sai a chi confidare, sulla vita che vivi in segreto, conoscendo il tuo dolore e quello degli altri ma incapace di fare qualcosa di diverso da ciò che stai già facendo, e una storia sulla fine a cui tutto giunge".

Un pomeriggio d'autunno del 1907 nella stazione ferroviaria di un piccolo paese di provincia del Wisconsin.
Il treno che il ricco Ralph Truitt aspetta è in ritardo e come se non bastasse la gente intorno a lui lo osserva, rispettosa e al tempo stesso curiosa.
Tutti sanno perchè è lì.
Tutti sanno che sarà una donna a scendere dal treno proveniente da Chicago.
Non una qualsiasi, ma la sua futura moglie.
A distanza di più di vent'anni dalla tragedia in cui ha perso la sua famiglia Ralph Truitt ha deciso con ostinazione che è legittimo desiderare ancora una donna, la felicità a lui preclusa da tempo.
Ralph Truitt nel suo annuncio matrimoniale ha scritto di volere per sé 'una moglie affidabile'.
Catherine Land, la donna che gli ha risposto e che accolta da una tormenta di neve gli va incontro in stazione ha descritto se stessa come una donna 'semplice e onesta'.
Si rivelerà tutt'altro.. e per prima cosa si rivelerà diversa dalla donna ritratta nella foto che Ralph Truitt stringe tra le mani.
Tra i due sarà palpabile da subito una tensione sensuale, una passione sottesa vibrante, un'affinità accesa, inquietante, esaltata dalla costrizione forzata in una casa avvolta nel nulla, in una realtà segreta e ovattata dalla neve e da un clima freddo quanto appare il cuore di Ralph incapace di perdonarsi del triste destino occorso alla moglie e alla figlia e dell'allontamento del figlio che ora cerca con disperazione e che complice la stessa Catherine spera di riportare a casa.
Ma la bella Catherine nasconde un segreto.. tutta la sua vita è finzione, quanto di più lontano dall'angelo di pura quiete che ora Ralph stringe tra le braccia.
Chi è davvero Catherine? Cosa.. chi.. della sua vita passata reclama che lei tenga fede ad un patto di morte?
"..lei aveva aspettato con paziente umiliazione che la felicità la trovasse.."
Poteva rinunciarvi ancora? No.
Perché l'amore vince tutto, sana le ferite, costringe a perdonare, perdonarsi, offre sempre una seconda possibilità.

Una piacevole scoperta il romanzo di Robert Goolrick. Una scrittura potente, capace di rendere appieno le problematicità caratteriali, le sofferenze dei protagonisti, di cui si percepisce il dolore acuto, sordo, costretto in fondo al cuore e che l'uno legge nello sguardo dell'altro, due solitudini che si incontrano e che senza saperlo cercano salvezza, speranza, riscatto.
La tensione nella narrazione di Goolrick la si respira parola dopo parola, acuita dall'ambiente esterno -questa campagna ghiacciata- che sembra legittimare i gesti terribili, le improvvise pazzie. Un romanzo a tratti inquietanti, che svela l'abbruttimento dell'anima umana schiacciata dalla rabbia, dal rancore, da una vendetta che chiede un prezzo terribile, emblematica a tal proposito la figura di Antonio.
"Era solo una storia, la storia di alcune persone, di Ralph, di Emilia, di Antonio, di Catherine, di padri e di madri che erano morti troppo presto o troppo tardi: di persone che si erano fatte a vicenda tutto il male possiible, che erano state egoiste e incoscienti ed erano rimaste intrappolate fra le mura amare di ricordi che avrebbero preferito non avere".